I soldi muoiono a settembre, mese delle crisi. Lo dice il Fmi ma non sa perché

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Giugno 2012 - 15:21 OLTRE 6 MESI FA

LaPresse

ROMA – Settembre mese di vendemmia e di ritorno sui banchi di scuola, ma anche mese foriero di crisi finanziarie e bancarie. Se poi il settembre in questione cade in un “anno elettorale” allora il rischio crack aumenta ancor più. Sembra un oroscopo, appare come la previsione di una cartomante ma non è niente di tutto ciò. A dire che settembre è il mese con il più alto tasso di probabilità che si verifichino crisi economiche, e che questo rischio aumenta quando all’orizzonte ci sono delle elezioni, è un serissimo studio dell’Fmi.

La crisi per eccellenza, quella del ’29, cominciò in realtà non a settembre ma il mese successivo: ottobre. Poca distanza, ma distanza che conferma almeno in parte la spiegazione che i ricercatori del Fondo Monetario Internazionale hanno ipotizzato per giustificare la “pericolosità” di settembre. Pericolosità che troverebbe la sua origine nel calendario dell’anno fiscale statunitense che termina il 30 ottobre. Questa scadenza farebbe sì, secondo diversi analisti, che a settembre sarebbe più probabile la venuta al pettine di nodi e problemi vari che nei mesi precedenti potevano essere potenzialmente taciuti. Stessa ratio per l’aumento di rischio in presenza di elezioni che rappresentano, come la chiusura dell’anno fiscale, una sorta di resa dei conti o di cartina di tornasole.

La spiegazione è valida però solo parzialmente perché le crisi prese in esame dall’Fmi spaziano in un arco di tempo che va dal 1970 al 2011, e riguardano tutti i paesi del pianeta. E se anche l’economia a stelle e strisce è l’ago della bilancia dell’economia planetaria, la chiusura del suo anno fiscale a fine ottobre non è sufficiente per spiegare il numero sproporzionato di crisi che si verificano in settembre rispetto agli altri mesi dell’anno.

Gli autori dello studio, Luc Laeven e Fabian Valencia, hanno analizzato 147 crisi bancarie avvenute dal 1970 al 2011 in parallelo, o sovrapposizione, con 218 crisi valutarie e 66 crisi del debito sovrano. L’analisi prende in considerazione l’impatto di ogni fattore: dalla carenza di liquidità alle conseguenze per il Pil , ma la prima tabella è quella che spiega in che mese la crisi ha avuto inizio. E su questo aspetto il risultato è più che netto: settembre guida la classifica con 25 crisi in 41 anni, seguito a lunghissima distanza da dicembre con 6; agosto e novembre a quota 5; gennaio 4 e poi tutti gli altri.

Venticinque a sei è un risultato netto. Il calendario americano non è sufficiente a spiegare questo dato e non esistono teorie economiche in grado di farlo. Gli autori dello studio parlano di “un’interessante tendenza”. Tendenza che però più che interessante diventa preoccupante ogni volta che un settembre s’avvicina. Specie in tempi di crisi come questi.

Cosa uscirà dal vertice cominciato oggi (28 giugno) a Bruxelles ancora non è dato saperlo. Servirebbe un’unione bancaria e magari fiscale europea, Mario Monti punta su delle misure anti spread legate all’introduzione della Tobin Tax. Tutte misure che sino a poco tempo fa apparivano come fantascienza e che ora, paradossalmente, sono diventate quasi irrimandabili se si vuole salvare l’euro e l’Europa. Se queste misure, o almeno parte di esse non vedranno la luce durante questo vertice tanto atteso, forse non ci sarà nemmeno bisogno di aspettare settembre per toccare il mese nero. Noi italiani però, da parte nostra, se il vertice dovesse fallire potremmo mettere sul piatto anche delle belle elezioni anticipate, idea vagheggiata da diverse forze politiche e contrastabile da Monti solo con le eventuali misure ottenute in sede europea, così da avere proprio tutti gli ingredienti per una bella crisi. Esattamente come nell’ipotesi peggiore presa in esame dall’Fmi.