Sondaggio: 81% contro guerra in Libia. Ma se cambi domanda..

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 4 Marzo 2016 - 14:17 OLTRE 6 MESI FA
Sondaggio: 81% contro guerra in Libia. Ma se cambi domanda..

Sondaggio: 81% contro guerra in Libia. Ma se cambi domanda..

ROMA – Sondaggio fast news firmato Agorà e copertina di Huffington Italia: 81% per cento degli italiani contro la guerra in Libia. Anzi, per l’esattezza, 81 per cento degli intervistati rispondono di non essere favorevoli a “intervento militare italiano in Libia”. Nessun dubbio sulla esattezza dei conteggi e sulla attendibilità del sondaggio. Però…

Però dicono e sanno quelli che se ne occupano e si sondaggi li fanno, dipende da che domanda fai e da come fai la domanda. Nella formulazione della domanda c’è già, prima che la gente risponda, buona parte della percentuale della risposta. Facciamo insieme esempio pratico e del tutto a proposito: alla domanda “favorevole o no a intervento militare italiano in Libia” probabilmente anche tu che stai leggendo stai per rispondere no, non favorevole. Infatti la scelta è tra rischiare e sacrificare uomini e soldi da una parte e dall’altra parte…nulla. Troppo ovvio dove pende il piatto della bilancia: uno è pieno di guai, l’altro è vuoto.

Però è un ti piace vincere facile…se la domanda la rifacciamo così: “favorevole o no a difendersi con ogni mezzo, anche militare, da attacchi armati alla sicurezza italiana” la risposta che arriva dal singolo e dalla pubblica opinione cambia e non di poco. Forse non arriva a rovesciare quel mastodontico 81 per cento, ma certo la proporzione cambia.

Infatti nello stesso sondaggio ovviamente il 74 per cento dichiara di temere attentati terroristici in Italia. Se gli fai la domanda-esca “favorevole all’uso della forza per bloccare terroristi” il 90% ti risponde sì. Ma è appunto una domanda esca, politicamente non onestissima.

Perché di politica stiamo parlando e non di demoscopia, i sondaggi come ogni cosa al mondo non sono neutri né neutrali come si ama far credere. Fotografano un sentimento, un umore. E non c’è dubbio che il sentimento e l’umore del paese sia per ottimi e anche ignobili motivi ostile e diffidente a impegni militari e responsabilità internazionali. Ma piazzare così quell’ 81% di contrari qui e oggi significa accodarsi e partecipare alla campagna politica già in atto. Campagna non filo ma finto pacifista.

Non è questione, come il sondaggio suggerisce, di scegliere tra guerra e pace. Siamo tutti per la pace. Ma qui e oggi la guerra c’è e nessun sondaggio o dibattito parlamentare o campagna d’opinione la cancella. La questione vera è: preferite una nuova Somalia subito oltre il mare o preferite provare anche con le armi ad evitarla?

Una nuova Somalia comporta scegliere esista una base, anzi uno Stato che fa da base a chi ci fa la guerra. E’ un costo. Intervenire militarmente, a certe condizioni, con un governo libico che ti chiama, significa impedire si formi quella base nemica e poi presidiare parte del territorio. E’ un costo. Si può scegliere, preferire l’uno o l’altro costo, ma non è onesto dire che una scelta è gratis e l’altra si paga.

Passi per un sondaggio, ma questa bugia disonesta è corpo e anima della propaganda politica e parlamentare di chi, ad esempio, in ogni comizio vuole spezzare le reni all’Islam e poi è felice di sgambettare il governo se si muove in Libia contro Isis. E di chi, agli antipodi del Parlamento, basta che la colpa sia degli americani ed è tutta la sua filosofia della storia.