Sud: si campa 4 anni meno del Nord. Anche questo è referendum

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 18 Novembre 2016 - 14:18 OLTRE 6 MESI FA
Referendum

Referendum

ROMA – Sud, in particolare Campania e Sicilia, si campa quattro anni in meno del Nord. E non è questione di soldi e risorse alla Sanità pubblica. Anche dove si spende di più capita che si campi di meno. Dipende dalla efficienza della amministrazione Regionale e dalla troppa libertà di spendere male delle Regioni. Anche questo è referendum, anche se praticamente nessuno lo sa.

Aspettativa di vita e referendum. Due temi apparentemente lontani e slegati che invece, per quanto a molti non sembri immediato, sono intimamente legati. Al Sud si vive meno. Campani e siciliani hanno, alla nascita, un’aspettativa di vita più breve di quattro anni rispetto a quanto tocca in sorte a chi nasce a Trento o nelle Marche. Colpa della mala gestione della sanità, certo. Ma per quanto possa sembrare lontano, anche questo è referendum. La colpa di questa disparità e della regressione dell’aspettativa di vita ai livelli del dopoguerra è infatti sì imputabile a gestioni discutibili della materia sanità.

Si muore prima anche là dove più si spende e, come spiega Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità, questi sono i “frutti amari del federalismo sanitario”. Ecco perché la riforma del titolo V della Costituzione su cui si voterà il prossimo 4 dicembre, con la riforma che riporterebbe almeno in parte il potere al centro dello Stato, ha un rapporto diretto e immediato con gli anni che gli italiani possono sperare di avere a disposizione quando vengono al mondo.

A presentare in anteprima i dati dell’ “Osservatorio salute” è stato proprio Ricciardi intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Numeri shock secondo cui Campania e Sicilia sono, in quanto ad aspettativa di vita, “su valori uguali rispettivamente a quelli di Bulgaria e Romania, mentre i cittadini di Marche e Trento hanno davanti a sé gli stessi anni di vita degli svedesi”. “Oramai in Campania e Sicilia – ha detto Ricciardi – si ha una speranza di vita alla nascita di 4 anni in meno che a Trento e nelle Marche, ma mentre i fattori di rischio per la nostra salute restano distribuiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, la disponibilità e l’accesso ai servizi sanitari penalizzano i cittadini del Sud e delle regioni centrali in piano di rientro”.

“Non si dica però che tutto dipende dalla carenza di risorse – ha aggiunto Ricciardi mettendo in chiaro quali sono le cause a monte di questi dati – perché a fare la differenza è invece la capacità di organizzare la sanità sul territorio, visto che in Regioni come Lazio e Puglia l’aspettativa di vita scende mentre la spesa resta stabile, al contrario delle Regioni settentrionali, dove a un contenimento delle spese ha fatto riscontro un aumento degli anni di vita attesi”. “Se non passerà la modifica del Titolo V della Costituzione – ha continuato -, che oltre a sgombrare il campo dagli equivoci della legislazione concorrente consente allo Stato di intervenire quando le cose non vanno bene per i cittadini, grazie alla ‘clausola di salvaguardia’, che consentirebbe di ripristinare una omogeneità di offerta e accessibilità ai servizi sanitari, colmando il gap tra domanda e offerta, la pur maggior disponibilità di risorse prevista dalla legge di stabilità non è in grado di tenere il passo della crescita dei bisogni di salute nel nostro Paese”.

Probabilmente il referendum del 4 dicembre prossimo non è l’unico modo per correggere questa disparità che ancora una volta divide la Penisola in almeno due realtà molto differenti tra loro. Come difficile potrà essere sostenere che Ricciardi sia arruolato nelle fila di chi fa campagna per il sì. Ma è fuori di dubbio, e lo dicono i numeri che per loro natura oltre ad essere freddi sarebbero anche imparziali, che il federalismo sanitario, e cioè l’attuale assetto costituzionale che regola la redistribuzione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di sanità, così com’è non va.

Parafrasando Emma Bonino che non crede che le sue battaglie troveranno maggior ascolto in Brunetta, Grillo e Salvini e per questo vota sì; non sarà automatico che con il ‘sì’ la sanità italiani diventi di colpo come quella dei paesi scandinavi, ma di certo non migliorerà restando così com’è oggi. Ecco perché l’aspettativa di vita degli italiani, specie di quelli del Sud e delle Regioni dove le cosa non vanno bene, passa anche per il voto referendario.