Casa. Le tasse degli incapaci. Molestia fiscale: meritano il “non ti pago”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 7 Gennaio 2014 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA

tasse casaROMA –Molestia, stalking fiscale: è questo che governo e Comuni stanno praticando sulla casa. E l’unica spiegazione che rende ragione di tanta molestia fiscale non è l’ingordigia da gettito. Peggio, è l’incapacità. Incapacità di formulare i contorni di una tassa, incapacità di assumersene la responsabilità politica. Incapacità amministrativa e tecnica.

Accade così che il Parlamento su richiesta del governo vota appena una settimana fa una legge dove c’è scritto che la prima rata della nuova tasse sulla casa si paga il 16 gennaio. Ma domani il Parlamento probabilmente cancella la data del 16 gennaio. Accade che la legge di stabilità votata una settimana fa stabiliva al 2,5 per mille l’aliquota massima sulla prima casa. L’hanno votato appena ieri, domani voteranno che l’aliquota massima sulla prima casa sarà del 3 o del 3,5 per mille.

Accade poi che ogni Comune farà…come gli pare. E sarà scritto per legge che fa come gli pare. Aliquota massima per finanziare le detrazioni per la famiglie numerose, se gli pare. Oppure per le detrazione agli anziani che vivono soli, se gli pare. Oppure detrazione a chi dichiara basso reddito, se gli pare. Oppure niente detrazioni se il Comune è in super deficit. Lotteria aperta: a seconda di dove vivi puoi spuntare il numero vincente di una Tasi bassa oppure quello perdente di una Tasi più cara dell’Imu 2012.

Imu 2012 che era al 4 per mille, anche se i Comuni se la sono aggiustata fino al sei per mille. Sei per mille però con le detrazioni, 200 euro fissi e 50 a figlio minore convivente. Senza detrazioni Tasi vale, eguaglia Imu. Tasi più Tari (rifiuti) e anche Imu che resta per le seconde case, magari aumentata dal 10,6 all’11,6 per mille. Forse, pare, dicono. Che si paga a giugno, il 16, o quando decide il Comune. Che ha o no la detrazione per te, vai a sapere, dipende dal Comune. Che chissà quanto è lo sa solo il commercialista e neanche lui.

Se decidessero di non pagare, difficile sarebbe dargli torto. Non per la più volte sbandierata rivolta fiscale contro lo Stato o chi per lui, ma per semplice buonsenso. Una tassa sulla prima casa, una tassa sulla proprietà immobiliare esiste quasi ovunque e non è certo scandalo fiscale. Ma una tassa così… sono due anni che la cambiano o fanno finta di cambiarla, sono due anni che ne hanno perso il filo. Sono due anni che ci molestano con il loro caos e il tutto per farci credere che l’hanno cancellata. Se gli italiani si rifiutassero di pagare la tassa sulla casa, ultimo nome noto Tasi, avrebbero dalla loro un pacco non di buone, ma di ottime ragioni. Raramente si è vista una tale mole di complicazioni e di follie giuridiche come nella storia della tassa sugli immobili del nostro Paese. Una tassa che, visti i risultati, sembra essere stata pensata e gestita da incompetenti. Non esiste, ma se esistesse il reato di molestia fiscale, il nostro Stato sarebbe certamente colpevole.

Ha visto la luce appena una settimana fa e già non piace più. Bisogna emendarla. E’ la legge di stabilità, quella legge che dopo un anno di incertezze avrebbe dovuto finalmente far chiarezza sul tema tassa sulla casa ma che, almeno questo scopo, ha clamorosamente bucato. Stabilisce, la suddetta legge, che a metà di gennaio andrebbe pagata la prima rata, l’acconto, qualcosa. Stabilisce insomma il primo appuntamento concreto con la nuova tassa. Ma stabilisce una cosa che tutti sanno non avverrà perché, la stessa legge, delega ai comuni la possibilità di decidere aliquote, scadenze ed esenzioni varie.

Aliquote, scadenze ed esenzioni che nessun comune ha però ancora indicato. E se questo non bastasse, e senza nemmeno tener conto delle sperequazioni che questa ipertrofia di autonomia fiscale genererà, portando a pagare per una casa identica cifre differentissime tra comune e comune, la suddetta legge sarà, probabilmente domani, emendata. Emendata per portare l’aliquota massima un po’ più su, al 3 o al 3.5 per mille sulla prima casa rispetto al 2.5 per mille indicato appena qualche giorno fa. Un emendamento che mira ad accontentare i comuni alle prese con bilanci in rosso ma che segnala il caos che regna sulla vicenda casa.

E poi c’è l’incredibile, surreale appuntamento del 24 gennaio, la data per pagare la mini Imu, cioè quel che avanza dell’Imu prima casa 2013 abolita ma non del tutto perché nel frattempo i Comuni se l’erano aumentata. Ecco quel che un contribuente dovrebbe fare, letterale:

“Per calcolare il conguaglio Imu bisogna partire – scrive Gino Pagliuca sul Corriere della Sera tanto per dare un’idea del suddetto caos – dall’imponibile rivalutando la rendita catastale del 5% e moltiplicando il risultato per 160; sulla cifra si applica l’aliquota municipale e si sottraggono 200 euro per immobile e ulteriori 50 euro per ogni figlio convivente di età inferiore a 26 anni. Si effettua poi lo stesso calcolo utilizzando l’aliquota 0.4% e infine si sottrae il risultato ottenuto da quello del computo precedente e si calcola il 40%”. 

Se non è molestia fiscale questa!

Ricorda quei problemi dei tempi delle medie: la mamma di Marco prepara il bagno, dal rubinetto escono 3 litri al minuto, se la vasca contiene 50 litri ma ha un buco da dove se ne disperdono 0.5 al minuto, quanto tempo impiegherà la mamma di Marco a riempire la vasca? Calcolare il tempo in cui il bagno sarà pronto è semplice, calcolare l’importo della tassa no. E per questo milioni di contribuenti saranno costretti a rivolgersi ai commercialisti, pagandoli, o ai Caf, intasandoli.

Eppure pagare le tasse è sì un dovere, ma non dovrebbe diventare un’odissea. Ai tempi dell’odiata Ici sembrava l’Italia un Paese quasi normale. Un Paese dove ogni contribuente riceveva a casa un bollettino postale con l’importo da pagare. Semplice. E pensare che in alcuni singolari posti,come la Francia, il prelievo avviene direttamente tramite rid bancario. Ma a noi piace evidentemente complicarci la vita. Complicarla a tal punto che persino l’Agenzia delle entrate sembra aver gettato la spugna. Bollettino postale, sì ma bianco. Tale e tanta la confusione che la stessa Agenzia si è dichiarata inabile a calcolare gli importi e ha comunicato che se gli italiano vogliono un bollettino a casa, il massimo che possono fare loro è inviarlo in bianco. E ci credo, vista la follia cervellotica che anima questa impossibile tassa.

C’era una volta l’Ici, era antipatica forse, ma semplice. Eppure si decise di abolirla. Ricordate la campagna elettorale giocata su questo? La si cancellò, ma non si poteva fare a meno dei soldi che da questa arrivavano. Così, pochissimo tempo dopo, arrivò al posto dell’Ici l’Imu. Nome diverso ma sostanza identica. Ma dopo la nuova-vecchia tassa fu di nuovo tempo di campagna elettorale e anche l’Imu fu promesso di cancellare. Restava però, come con l’Ici, il problema dei fondi. Così anche l’Imu fu cancellata. Per finta e comunque solo per il 2013 perché la tassa sulla casa esiste eccome, ha solo cambiato nome. E anzi rispetto all’Imu pesa anche molto di più.

Risultato della breve parabola italiana della tassa sulla casa è un conto per gli italiani ogni anno più salato e, cosa peggiore, ogni anno più complicato da fare. Va così dal 2011, quando l’Ici fu cancellata, e il governo Letta sembra sul tema non capirci nulla o quasi. Un anno o quasi di dibattito e polemiche, una legge, quella di stabilità, appena votata e già da cambiare, delle scadenze teoriche da rispettare a poche ore dall’emendamento da varare e differenze d’imposizione, esenzioni e scadenze da municipio a municipio, per ora ovviamente nemmeno comunicate… Poi dice che uno non paga.