Tasse, 40 mld in meno. E 30 di aiuti. Balle elettorali. Ma le votiamo

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 29 Novembre 2017 - 10:29 OLTRE 6 MESI FA
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Nella foto Ansa, Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, due di quelli che vogliono più tasse per i ricchi

ROMA – Tasse, 40 miliardi in meno. E’ questa la cifra, più o meno, delle promesse elettorali. Ci chiedono il voto assicurando (Salvini-Lega) che le tasse scenderanno al 15 per cento del reddito, non un euro di più. Berlusconi dice il 20 per cento, massimo il 20 per cento.

Di Maio ha giurato di fresco taglio “choc” sulle tasse a famiglie, individui, imprese. Renzi, causa vicinanza governo (e quindi realtà) deve stare un po’ più basso ma promette anche lui tasse giù. Gli unici che promettono aumento delle tasse sono Bersani-D’Alema-Camusso. Ma questo fa parte di altra patologia politica, diversa da quella di raccontare balle impossibili.

Balle impossibili e che siano impossibili lo dovrebbe capire non solo il classico bambino ma anche un cittadino elettore mediamente distratto e disinformato. Avrà pur vagamente sentito, orecchiato questo cittadino elettore che una legge di bilancio anno per anno oscilla intorno ai 20 miliardi. E che i paesi d’Europa con moneta comune si controllano reciprocamente e si avvertono e si contestano eventuali infrazioni ai patti ed eccessi di spesa per quantità intorno a 5/10 miliardi.

Di certo lo ha dimenticato il medio cittadino elettore, ma l’intera Imu sulla prima casa valeva 4 miliardi. Quattro, non quaranta. E ora ci dicono che ci tolgono dieci Imu di tasse. Balle impossibili, quaranta miliardi di tasse in meno non è cosa di questo mondo.

Non basta: tra redditi di cittadinanza, revisioni-correzioni alla legge Fornero e sussidi vari ai redditi familiari e pensioni minime e non aiutate a crescere fanno…altri 30 miliardi. Altri 30 miliardi di promesse elettorali. Quaranta più trenta: 70 miliardi! Settanta miliardi in un paese che contemporaneamente vuole aumentare ovunque la spesa pubblica. Settanta miliardi in meno nel bilancio e conti pubblici che potrebbero diventare realtà solo se stampati non in euro ma in moneta da Monopoli gioco da tavolo.

Eppure alla fine le balle elettorali fanno voti. Alla fine le balle impossibili le voteremo. Il cittadino-elettore mediamente infuriato con la politica tutta, mediamente disinformato o informato a cavolo su tutto, mediamente scettico verso ogni annuncio e autorità, mediamente portato a non credere a nulla…alla fine alla balla su meno tasse a tonnellate, più redditi a quintali e più pensioni a chili ci crede. E le vota.

E’ così e non altrimenti. Non fosse così, non fosse che il cittadino elettore alla fine abbocca al miraggio, non farebbero tutti, proprio tutti M5S compreso, campagna elettorale soprattutto se non solo su meno tasse e più soldi pubblici in tasca alla gente.

Perché sia così e non altrimenti, perché il cittadino elettore medio che non crede più tanto alla democrazia, non crede quasi più niente nella scienza e competenza, non crede allo Stato, figuriamo all’Europa, non crede, non crede e non crede…poi alla fine creda e voti le balle elettorali su tasse e pensioni e sussidi e redditi è domanda…vasta.

Qui ci si limiti a dire, con un classico aforisma del teatro, dell’attore sul palco che, interrotto più volte da uno spettatore da un palco, alla fine gli si rivolse pacato: “Non c’è l’ho con te, ma con chi non ti butta di sotto”. Tradotto, le fake news hanno certo bisogno di una rete e di una piattaforma e di autori più o meno ingenui (il teatro, il palco, il disturbatore). Ma soprattutto hanno bisogno, per crescere, viaggiare e vincere, di un pubblico che acconsente. Di un cittadino elettore che ci sta, eccome se ci sta alla fake news. Tanto che la vota. In massa.