Terremoto, Appennini scivolano a mare. Perché crolli no morti

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 27 Ottobre 2016 - 10:20 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto, Appennini scivolano a mare. Perché crolli no morti

Terremoto, Appennini scivolano a mare. Perché crolli no morti

ROMA – Terremoto, sono gli Appennini che scivolano a mare, che si abbassano verso il Mar Tirreno, mentre tutta la dorsale montuosa viene piegata e spinta verso l’Adriatico (mare che tra qualche milioni di anni si chiuderà sotto la pressione della placca africana che appunto sospinge verso nord est quella europea). Due mesi fa, ad agosto, l’abbassamento registrato nelle zone del sisma di Amatrice, Accumoli, Pescara del Tronto era stato di circa 20 centimetri. Stavolta si attendono ancora misurazioni ma lo scalino deve essere più o meno delle stesse dimensioni.

Terremoto due mesi praticamente esatti dopo il terremoto. E’ lo stesso che non finisce più? Non è lo stesso, è un’altra faglia che si è messa in moto. Ma l’effetto combinato è quello di un terremoto infinito, che non finisce in quella cerniera montuosa tra Umbria, Marche e Lazio. Cerniera instabile che scivola giù e porta con sé nello scivolare frane, costoni, paesi, strade, case. Continuerà, non solo con le scosse di assestamento che saranno migliaia come sempre (per fortuna solo decine su migliaia quelle avvertibili). Continuerà perché il terremoto della notte tra il 26 e il 27 ottobre è stata solo una pagina nel libro dell’attività tellurica degli Appennini.

Tre scosse nella notte, scandite nel tempo come colpi di martello: alle 19, alle 21, alle 23. Tre scosse, la seconda più forte ma tutte e tre oltre ilo quarto e quinto grado della scala di misurazione. Tre scosse tali da buttar giù letteralmente quel che c’era da far crollare. Camerino, Ussita, Visso…Crolli ovunque.

Ma stavolta niente morti nei crolli e sotto le macerie. In parte perché le costruzioni edificate dopo il terremoto del 1987/88 erano in buona misura anti sismiche e quindi hanno tenuto. Crollate invece le costruzioni antiche e vecchie. Alcune delle quali già danneggiate e rese pericolose dal terremoto di agosto scorso e quindi vuote e transennate. I crolli insomma sono avvenuti soprattutto nei centri storici dei paesi dove già edifici e strutture erano inagibili o sotto osservazione. I paesi risultano quindi distrutti da cui la disperazione di molti sindaci. Ma vittime dirette del terremoto stavolta non ce ne sono.

Anche per un po’ di quel che con qualche esagerazione si può chiamare buona sorte: la seconda e più forte scossa due ore dopo la prima è arrivata quando stavano tutti in strada per lo spavento della prima.

In strada e sotto la pioggia torrenziale e nella nebbia che impediva di vedere e spesso senza la corrente elettrica. E’ stata una notte in cui molte circostanze si sono accanite contro queste migliaia di italiani all’improvviso senza una casa sicura dove dormire, senza luci in strada prima che arrivasse (rapida) la Protezione Civile, bagnati fradici, costretti a non muoversi perché letteralmente non si vedeva dove si andasse.

All’alba la luce, la pioggia che smette, lo sguardo sui danni. E soprattutto la conta dei senza casa, degli sfollati che sono alcune migliaia a una prima stima. Sgomberati tre ospedali, un carcere, venute giù un paio di chiese già danneggiate e un numero rilevante di edifici e case private. Questi i primi danni evidenti, probabilmente in giornata se ne vedranno altri. Ma il danno più grande e purtroppo sicuro è che il terremoto continua e continuerà a sfogliare il suo libro: gli Appennini scivolano a mare e non è certo finita.