Stai morendo, ti filmano e postano su Facebook, ti piacerebbe?

Sono 48 ore che ci penso. Che penso se pubblicare o no questo video, che vuole essere ovviamente una provocazione. Tu stai morendo, ti filmano e postano su Facebook, ti piacerebbe?

Sono due giorni che rifletto sul fatto di cronaca accaduto a Vittoria, giovedì scorso, in pieno giorno. Un disabile 60enne, sta percorrendo in carrozzina una strada del centro in pieno giorno. Cade e per motivi ancora oscuri, muore.

Qualcuno riprende la scena e la posta sui social network.

Da fonte Ansa,  si legge. “L’incidente è avvenuto esattamente  in via Cavour, nel centro di Vittoria. In breve si è formato un piccolo assembramento di curiosi. Che ha richiamato l’attenzione di una squadra di polizia municipale.  Sono stati i vigili urbani a chiedere l’intervento del 118. Ma quando i soccorsi sono arrivati l’uomo era già morto. Subito dopo i video e le immagini del disabile per terra sono state postate “sui social prima che i familiari della vittima, fossero avvertiti.

Caccia al video

Immediatamente, si è scatenata on line la reazione degli “navigatori”. E contestualmente anche la caccia al video

Mi sono contorta, pensando cosa avesse potuto spingere un essere umano a fare quelle riprese, invece di soccorrere l’uomo. Mi chiedo se ha visto il peso dell’anima salire. Mi chiedo se solo per un attimo ha pensato che forse voleva essere accompagnata, con una carezza, prima di lasciare questa vita terrena. E altrettanto mi contorco, pensando cosa può spingere altri uomini a cercare quel video.  

Allora ho deciso di pubblicare io, questo video.

Se ci pensate è un pugno nello stomaco.

Tutte le anime hanno un peso. Anche la tua.

La rivoluzione dei social netzork

Che il web e i social network siano stati una “rivoluzione copernicana” è un dato di fatto. Che l’utilizzo che se ne fa sia responsabilità individuale, è un altro dato di fatto. Certamente il web ha reso l’accesso all’informazione una cosa per tutti, almeno nei paesi senza censura. Al pari di quanto i social network hanno “annullato”  le distanze fisiche, permettendo ad amici e parenti di rimane in contatto. Così come hanno permesso a persone “sole”, perché timide o abitanti in piccolissimi periferie, di aprirsi al mondo.

A me piace vedere crescere i miei nipoti “colombiani”, anche solo “virtualmente” . Leggere i post che mio padre scrive dalla Puglia.  Viaggiare con la fantasia. Vedendo le foto dei miei amici d’infanzia e dell’università, oggi sparsi per il mondo.

Mi direte che i social hanno anche diviso. Vero!  Spesso ci muoviamo come  piccoli “automi”, per le strade, a testa bassa. E forse non siamo più neanche  in grado di essere noi stessi, senza il filtro dello schermo. Forse siamo davvero pilotati, mossi come marionette dai fili che i grandi big muovono per noi.

Tutto vero. Ma su questo ormai sono stati scritti trattati, ad ognuno il suo credo.  È sulla responsabilità individuale dell’utilizzo “distorto” di questi mezzi, a danno di terzi, che secondo me c’è  ancora da scrivere molto. Sicuramente bisogna decidere in che modo tutelare i diritti d’autore, così come il diritto alla privacy. E punire chi viola gli altrui diritti o ne calpesta la dignità. E intanto che le leggi le facciamo, capire come disinnescare la deriva che questo uso distorto sta prendendo.

 

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