Draghi realista su Erdogan dittatore necessario, solidale con la povera Ursula, redivivo sul fronte della Libia

Draghi non parla a vanvera. Ho qualche difficoltà a credere che l’affermazione di Draghi sulla natura dittatoriale del Governo di Erdogan sia stata un’uscita estemporanea,  un’incauta voce dal sen fuggita.

È improbabile che una personalità europea del calibro del nostro Presidente del Consiglio si sia avventurata in asserzioni così avventate su un Capo di Stato di un Paese Nato. E quindi un alleato. Senza aver prima informato, e anche ottenuto, il placet delle altre cancellerie europee.

Lo stesso riferimento alla necessità comunque di dover continuare a collaborare con il Presidente turco svela la natura della dichiarazione di Draghi.

Un atto in fondo diplomatico, concertato con l’intera UE. Un atto che contiene anche un avvertimento a Erdogan.

Il quale, del resto, ha fatto lo stesso quando ha lasciato in piedi la signora Van der Leyen. Un gesto che non ti aspetteresti da un gentiluomo levantino, ma che va inquadrato nel disappunto maturato dal sultano ottomano nei confronti della UE.

La guerra tra lui e l’Europa è oramai evidente. E si gioca su vari fronti.

In Libia anzitutto, dove Draghi era pochi giorni fa

I turchi hanno la memoria lunga e ricordano bene che l’Italia conquistò la Libia nel 1911,  sottraendola all’Impero ottomano.

A Erdogan non pare vero di essere adesso in Tripolitania a fare la sentinella all’Ambasciata Italiana e a far scorrazzare i suoi marò sulle motovedette donate dall’Italia ai libici, facendo finta di bloccare l’esodo dei migranti.

In attesa ovviamente di sedersi al tavolo con il successore di Serraj, Abdul Dbeibah, per rinegoziare gli accordi per l’estrazione del petrolio, magari a scapito dell’italiana ENI.

Un attrito, quello di Erdogan con l’UE, che si trascina fino al confine euro-greco. Con i Turchi che alzano sempre più il prezzo. Con cui a Bruxelles vogliono lavarsi la coscienza per rifiutare una piccola parte dei quattro milioni di profughi che vivono in Turchia. Chiudendo tutti e due gli occhi sulle centinaia di migliaia di Curdi siriani a cui Erdogan ha fatto fare la stessa fine dei Curdi turchi. Che poi è la stessa fine di quella che Saddam Hussein ha cercato di far fare ai Curdi iracheni, inutile pure dire quale.

C’è poi il latente conflitto diretto e gestito dagli Stati Uniti tra l’atlantismo-gentile di Draghi e di Merkel e l’atlantismo-feroce di Erdogan.

In chiave anti Putin naturalmente

Gli Usa non vogliono accordi tra Erdogan e Putin nel Mediterraneo, soprattutto non vogliono che sulle sponde mediterranee della Cirenaica sorgano altre basi militari russe dopo quelle della Siria.

Un altro motivo di scontro tra Europa e Turchia sono poi le sempre più frequenti violazioni di Erdogan delle «zone economiche esclusive» del gas offshore di Grecia e Cipro, dove ci sono gli interessi delle compagnie italiane, francesi, americane e Israeliane.

Insomma una situazione estremamente conflittuale.

E per tutto questo bisognava pure che qualcuno lo dicesse che i dittatori sono sempre utili.

Ma sempre dittatori restano.

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