Elezioni 2018 e impasse, maggioritario senza trucchi unica via di uscita

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 6 Marzo 2018 - 09:38 OLTRE 6 MESI FA
Elezioni 2018 e impasse nel Paese, sistema maggioritario senza trucchi unica via di uscita

Elezioni 2018 e impasse, maggioritario senza trucchi unica via di uscita (foto d’archivio Ansa)

ROMA – A bocce quasi ferme si impone qualche riflessione sugli esiti elettorali.

Anzitutto che il sondaggio commissionato dai partiti, impropriamente definito consultazione elettorale, come era facile prevedere, non ha indicato una maggioranza in grado di governare.

Né i partiti, né le coalizioni hanno raggiunto i numeri che permetterebbero loro di farlo.

Il premio di maggioranza, come ridefinito dalla Corte Costituzionale nella misura del 40% dei voti, è abbastanza lontano dai numeri del centro destra, che è la coalizione che ha avuto più consensi rispetto agli altri.

Il movimento 5stelle, che pure ha trionfato, è lo stesso molto lontano.

Ne consegue che sia Matteo Salvini (che è leader della coalizione di centro destra) sia Luigi Di Maio non hanno i numeri per trovare una maggioranza in Parlamento.

E difficilmente li troveranno.

Resta dunque l’ipotesi di un governo istituzionale presieduto da una personalità indicata dal Presidente della Repubblica su cui potrebbe convergere una maggioranza ampia.

Ovviamente con il fine di traghettare il Paese verso nuove elezioni.

Che dovrebbero comunque svolgersi con altre regole. Necessariamente, se non vogliono risolversi in un ozioso giochetto destinato a produrre lo stesso impasse in cui ci troviamo.

Il nodo è dunque, ancora una volta, la legge elettorale. Quella attuale, aveva mostrato i suoi limiti ancor prima che entrasse in vigore, dato che era evidente che in un sistema tri-partito, non poteva immaginarsi, con questa legge, un esito elettorale capace di fornire un governo al Paese.

Perciò è appunto servita solo come un sondaggio (gratuito per i partiti, oneroso per i contribuenti), il cui campione era peraltro molto ampio, coincidendo con l’intero corpo elettorale.

I partiti dovevano “contarsi” e lo hanno fatto. Niente altro era lecito aspettarsi.

Inoltre, in un sistema elettorale tendenzialmente di natura proporzionale, è stato inserito un “correttivo” uninominale che ha sortito il risultato di non far coincidere i numeri ottenuti con i seggi assegnati.

La trovata serviva anzitutto a garantire le élite dei partiti di essere eletti grazie ai listini bloccati previsti nella parte, più ampia, del proporzionale. Lasciando che a scannarsi nei tete a tete fossero i peones.

Inoltre, il calcolo era che penalizzasse, in virtù di questo gioco al massacro, i 5 stelle, sperando che nel calcolo complessivo dei voti, l’assegnazione dei seggi fosse ripartito a favore di chi, per il gioco dei resti e grazie ad un cervellotico calcolo previsto dal Rosatellum, avesse preso meno voti.

Cosa che in parte è accaduto a scapito dei grillini.

Un’altra porcata insomma.

A questo punto non esiste alternativa, per garantire un governo immediatamente riconoscibile, che optare per un sistema maggioritario con piccole circoscrizioni elettorali, escludendo premi di maggioranza incostituzionali quando si traducono in graziosi cadeaux, come ha ammonito la Consulta, ed introducendo il doppio turno con ballottaggio, come avviene in Francia.

Ciò imporrà ai partiti di presentare sul territorio candidati “forti” capaci di imporsi grazie alle loro capacità e non eletti/nominati perché catapultati dall’alto.

Questo implica una svolta culturale totale tra i dirigenti dei partiti, oggi del tutto autoreferenziali nella gestione del potere loro affidato non sempre democraticamente.

E questo è certamente molto difficile, benché indispensabile.