Meloni o Giorgetti? Salvini fra i due modelli uno per prendere i voti, uno per governare…e Draghi sulla graticola

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 21 Febbraio 2021 - 08:13 OLTRE 6 MESI FA
Meloni o Giorgetti? Salvini fra i due modelli uno per prendere i voti, uno per governare...e Draghi sulla graticola

Meloni o Giorgetti? Salvini fra i due modelli uno per prendere i voti, uno per governare…e Draghi sulla graticola

Meloni sola all’ooposizione, cosa farà domani Salvini? Chi sarà il bersaglio dei suoi quotidiani strali?

Ogni mattina, per chissà quanto tempo, l’agenda politica sarà dettata dal leader leghista che continuerà – come fa da un anno e mezzo, ma come faceva anche da Ministro dell’Interno – la propria campagna elettorale perenne.

Draghi non ha ancora ottenuto la fiducia e già sono partite le bordate di Salvini contro quell’Esecutivo di cui ora fa parte.

Un primo spunto glielo ha già offerto Speranza, con la malaccorta decisione di non autorizzare la riapertura degli impianti sciistici.

Da qui, attacchi contro il Ministro, Arcuri, Ricciardi, il CTS; insomma attacchi a tutto campo contro l’intera  governance della  sanità nazionale, la catena di comando del comparto oggi più delicato per il Paese.

Poi è arrivato il piatto forte.  La dichiarazione sull’Euro e la sua “reversibilità”, dichiarazione che ha sgombrato il campo da ogni possibile dubbio circa una, invero poco credibile, conversione europeista.

“Di irreversibile c’è solo la morte, siamo nelle mani del buon Dio”, ha chiarito con la solita allegria.

Una presa di posizione che ha costretto Draghi, in occasione della presentazione del programma di Governo, a chiarire che l’adozione della moneta unica è una scelta irreversibile.

Ed è niente rispetto a quello che accadrà

Tra poco si porranno sulla scena politica anche i due temi più cari a Salvini.

Quello degli sbarchi e quello dei processi a cui è sottoposto, temi peraltro in qualche modo connessi tra loro.

Due questioni rispetto alle quali sarà difficile che non emergano dissidi con i partner di Governo.

Insomma si annuncia una guerriglia continua, quella che del resto Salvini cerca da sempre, perché è l’unico modo che conosce per fare politica.

Il fatto che ora sia al Governo anziché all’opposizione, come qualche giorno addietro, non deve trarre in inganno.

Qualcuno pensa che esistano due anime all’interno della Lega, una moderata, rappresentata da Giorgetti, l’altra ultra sovranista e populista, che vede Borghi, Bagnai e lo stesso Salvini ad incarnarla.

Ovviamente è così, tanto è vero che, se non fosse stato per il primo,  Salvini non avrebbe partecipato al Governo. Non foss’altro perché è più facile criticare che governare, come ha capito bene Giorgia Meloni.

Il problema è che la parte moderata e ragionevole della Lega non solo è  largamente minoritaria all’interno del partito, ma lo è soprattutto tra gli elettori.

La Lega sovranista raccoglie consenso se crea divisioni, se cavalca temi populisti, se opera una banalizzazione estrema dei problemi.

Rottamazione fiscale, pensioni, sbarchi, temi che creano un facile consenso. Più difficile da ottenere parlando di sviluppo economico, di buona amministrazione, di razionalizzazione dei processi di produzione. Questioni care ai ceti produttivi del nord est, in buona parte rappresentati dalla Lega moderata di Giorgetti e Zaia.

Chiaro che siano loro ad avere ragione, non la Meloni

Ma il consenso necessario all’esercizio del potere arriva da un elettore insicuro, spaventato, disilluso, spesso arrabbiato. Quello convinto che la causa dei problemi che lo affliggono sia lo Stato o magari il poveraccio che sbarca a Lampedusa.

Salvini sa che è solo l’ampio consenso che garantisce  questa fascia dell’elettorato. Da cui poi ottenere i voti che gli servono a “governare con pieni poteri”.

Perché quelli “non pieni” con cui ha governato con Conte e Di Maio o quelli condivisi oggi con Draghi, a Salvini non interessano affatto.

È evidente, e non fa nulla per negarlo, che ritiene questo un Governo a termine, destinato a durare lo stretto necessario a spedire Draghi sul colle più alto della Capitale.

Dopo di che, ritiene, toccherà a lui, affiancato da Giorgia Meloni

Si trattava solo di capire se era meglio, nell’attesa, ingannare il tempo stando al Governo o all’opposizione.

E visto che ci sono in ballo tanti soldi meglio stare al Governo, così acquieta anche gli appetiti degli imprenditori del nord est, invero un poco seccati dalle scarse attenzioni che Salvini, negli ultimi anni, ha dedicato ai temi a loro cari.

Inoltre, Salvini ha la pressante esigenza di consolidare la propria leadership nel partito che pericolosamente potrebbe vacillare in favore di Zaia o Giorgetti in caso di un suo disimpegno sul piano del Recovery fund.

Nessuno si illuda

Continuerà nella sua sfiancante opposizione, a qualsiasi Governo, fino a quando non andrà lui a governare.

Non è d’ostacolo neppure che faccia parte dell’Esecutivo a cui si oppone.

Anche Renzi governava con la coalizione giallo/rosa/rossa ed abbiamo visto come è andata a finire.

Con una feroce opposizione dall’interno del Governo ha mandato a casa Conte, cosa che al Leghista (e Meloni) non è riuscita.

Una lezione per Salvini, da cui sta evidentemente traendo ispirazione.