I Grillini sostengono che a Bruxelles non digeriscono la riforma della Fornero.
I leghisti pensano che siano i costi del reddito di cittadinanza a rendere improponibile la manovra di bilancio.
Intanto, Conte e Tria, aldilà degli slogan sbandierati in TV, calano le braghe davanti ai detestati Junker e Moscovici, accettando un taglio al 2,04 rispetto alla soglia, fino a ieri non negoziabile del 2,4, quella che ha fatto sbracciare Di Maio dal balconcino dell’ufficio di palazzo Chigi dato in comodato d’uso a Giuseppe Conte.
Alla Francia consentono di sforare un punto di più, ma non è favoritismo, è la differenza fra i debiti italiani e quelli francesi.
Mancheranno quindi 6,5 miliardi per continuare ad alimentare le favolette da imbonitori di paese con cui hanno vinto le elezioni.
Il rischio per i partner di Governo è che il “contratto” su cui si fonda l’accordo tra Salvini e Di Maio possa naufragare tra i malumori delle rispettive basi.
Come ha sottolineato Giancarlo Giorgetti, interpretando gli umori degli elettori del nord, il reddito di cittadinanza, in qualunque forma esso venga varato, rischia di diventare un volano di lavoro nero.
D’altro canto, la riforma Fornero sarà anche una priorità della Lega ma non lo è certo per il Movimento 5stelle.
Si aggiunga che con le risorse in campo, muta la platea dei beneficiari sia del reddito di cittadinanza che dei fruitori della pensione a quota 100.
La riforma “epocale” tanto sbandierata da Salvini si ridurrebbe a favorire appena 350.000 persone.
Resta da capire invece quale sarà la reazione degli elettori grillini quando scopriranno che in luogo di fruscianti banconote distribuite dagli uffici postali, agli “indigenti” verrà data una tesserina con cui potranno acquistare solo formaggini e salumi al supermercato.
Ovviamente tenendosi alla larga dalla Lidl o da Carrefour degli odiati Merkel e Macron.
Col rischio che se mettono piede all’Unieuro o dal tabaccaio rischiano pure la galera.
Appare tutta in salita la tenuta del Governo giallo-verde.