Salvini, basta una parola: e il processo passa da Agrigento a Catania

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 16 Giugno 2019 - 20:50 OLTRE 6 MESI FA
Salvini, basta una parola: e il processo passa da Agrigento a Catania

Salvini, basta una parola: e il processo passa da Agrigento a Catania

ROMA – Puoi fare tutte le leggi che vuoi per fronteggiare l’immigrazione clandestina ma se non hai una sponda nelle Procure interessate, la macchina dei blocchi degli sbarchi si inceppa. E con essa, quella della propaganda leghista, una narrazione che rende bene in termini di consenso non solo elettorale, ma anche politico più in generale.

Lo scontro di Salvini con l’Autorità Giudiziaria è sempre più frequente, soprattutto perché il Ministero dell’Interno maneggia con una certa disinvoltura gli strumenti giuridici a disposizione per impedire “l’invasione africana”. Ne è conseguita finanche una messa in stato di accusa da parte della Procura di Agrigento, che ha sospettato il Ministro di aver commesso reati piuttosto gravi, quali sequestro di persona e abuso d’ufficio, per aver trattenuto sulla nave Diciotti della Marina Militare, 49 persone con procedure che il pm di Agrigento dott. Patronaggio ha ritenuto siano state illegittime e soprattutto abbiano avuto rilevanza penale.

Dal processo, che un po’ di chiarezza avrebbe fatto sull’accaduto, lo ha salvato il Parlamento in seduta comune e soprattutto la componente governativa dei 5 Stelle, l’ala movimentista grillina infatti lo avrebbe visto volentieri alla sbarra. Tuttavia “l’agguato giudiziario” come lo definiscono i leghisti, è sempre possibile.

La trovata per disinnescarlo è contenuta nell’articolo 3 del Decreto sicurezza-bis, un capolavoro di cinismo politico. È bastato un rigo, anzi una parola appena, ed ecco allargata la competenza della Direzione Distrettuale Antimafia a conoscere anche del reato di cui all’art 12 comma 1 T.U. Sulla Immigrazione (il favoreggiamento semplice, prima la competenza della DDA era limitata alle ipotesi aggravate di cui ai commi 2 e 3), che comporta lo spostamento delle indagini, soprattutto sulle navi delle Ong, da Agrigento a Catania.

Meglio che queste siano affidate ad una sede con un’altra linea giudiziaria sul fenomeno “criminale” delle Ong. Una linea diversa che la Procura della Repubblica Etnea ha più volte mostrato di avere e, soprattutto, che Il Ministro degli Interni ha mostrato di apprezzare.