Coronavirus, vita da recluso: solo per gli spot tv tutto come prima

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 18 Marzo 2020 - 00:04 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, vita da recluso: solo per gli spot tv tutto come prima

Coronavirus, vita da recluso: solo per gli spot tv tutto come prima (Foto archivio Ansa)

Coronavirus. Passo la giornata fra letto, divano e bagno: accetto il diktat postato sui social da un medico mantovano piuttosto incazzato con i suoi pazienti.

Di mio ci aggiungo qualche non superflua sosta in cucina, in modo da arrivare pronto alla riapertura delle palestre con qualche chilo in più.

A parte mia moglie e il cane, la mia vita non è mai stata così solitaria.

Mi affaccio ogni tanto dal terrazzo per capire se c’è ancora qualcuno al mondo.

Ho paura del coronavirus e mi sottopongo a tutti i precetti che esperti o presunti tali mi dettano ad ogni ora del giorno, fino a notte inoltrata.

Dunque letto-divano-bagno-cucina-terrazzo in ordine sparso.

Telefonate più lunghe del solito, videochiamate per cercate conforto nelle facce dei miei amici.

Facciamo tutti buon viso, ci facciamo coraggio, esageriamo pure.

E poi c’è la televisione.

Non amo passare le serate davanti al piccolo schermo. I dibattiti mi annoiano. Guardo qualche film, in genere.

Ma la vita da recluso ha bisogno di sapere, di capire, di immaginare che fine ci aspetta.

Ascolto religiosamente le prescrizioni che seguono la conta dei morti quotidiani.

Tutto suggerisce solitudine, il più rigorosa possibile.

Tutto suggerisce una vita monacale che manco alla Porziuncola…

Nei giorni presenti, la tv è diventata lo specchio della nostra tragedia e della nostra speranza.

Va in onda la desolazione.

Strade deserte, piazze vuote, al massimo qualche ambulanza e qualche volante che cerca i soliti furbi da spiaggia.

Poi c’è la pubblicità. Un altro mondo. Il mondo di ieri.

Il ragù più buono del mondo cotto in tre secondi, mentre la tavola si affolla di amici e parenti.

I tortellini della nonna accolti con mugugni di gioia e di appetito.

Il vinello all’ultima moda, rigorosamente in bottiglie di cartone, accolto da una ventina di finti bevitori che si contorcono in finti brindisi.

Insomma la tv che predica solitudine, a rischio di morte in caso di folle, ci regala lo spettacolo di una normalità che dobbiamo dimenticare, almeno per adesso.

Gli affari sono affari, va bene.

Gli spot vengono allestiti con mesi di anticipo, va bene.

Ma c’è qualcuno dei sommi cervelli della comunicazione che colga la discrepanza, la contraddizione, lo strazio?

Non sarebbe meglio l’esempio di un recluso per virus che mangi la sua pastasciutta da solo, poi si distragga fra letto, divano, bagno e terrazzo?

Chiedere all’incazzoso medico di Mantova aiuterebbe a capire.