Mario Monti, il professore che avrebbe voluto salvare la Patria…

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 21 Ottobre 2013 - 10:54 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti, il professore che avrebbe voluto salvare la Patria...ROMA – Mario Monti avrebbe potuto essere un riverito e meritevole senatore a vita. Aveva l’età e i titoli. Oltre le settanta primavere, principe bocconiano, economista apprezzato nel mondo grande. Roba da lauree a pioggia e dunque figura perfetta per il laticlavio ad honorem. Esattamente come Claudio Abbado, Carlo Rubbia e, a suo tempo, Rita Levi Montalcini, Gianni Agnelli o Eduardo De Filippo. Tutti uomini e donne, per una ragione o per l’altra, di riconosciuto valore universale, ma tutti consapevoli che il seggio onorifico di Palazzo Madama non è il noviziato della politica.

A Monti si poteva chiedere di più, si poteva domandargli il sacrificio di guidare il governo in una fase di crisi senza precedenti. E, avendo lui specifiche competenze, Giorgio Napolitano glielo chiese, per evitare elezioni anticipate, dopo la rovinosa caduta di Silvio Berlusconi, e per consentirci di non essere cacciati dal club dei fondatori dall’Europa unita. Il professore accettò, si fece carico, governò, ci salassò di tasse, evitò il tracollo, insomma ci evitò l’estrema unzione e ci mise in coma farmacologico in attesa di giorni migliori. Il resto della storia è noto.

Il professor Monti, invece di tornarsene alla cattedra, mantenendo il sudato seggio senatoriale, decise di credersi davvero salvatore della Patria. E, a elezioni indette, prima tergiversò. poi si negò, infine accettò le lusinghe e, come fanno i salvatori della Patria autonominati, decise di salire in campo; non di scendere, per non confondersi col Silvio Berlusconi da lui messo all’angolo, su mandato del Quirinale e con l’ausilio del Pd e di Pierferdinando Casini. Anche il resto di questa seconda storia è noto.

Adesso il professor Monti ce l’ha col mondo, soprattutto col suo mondo. Dopo di lui il diluvio, ancora come i migliori Salvatori di patrie. Tutta una banda di malviventi: Letta, Berlusconi, Alfano, Casini… Quest’ultimo, a dire il vero, capintesta del manipolo. Di colpo, l’economista di fama ha scoperto la politica e di colpo ha capito che in politica non si sale, semmai si scende. Che la politica non è quella cosa fatta di inchini e riverenze, di ammiccamenti e di esibizione di medaglie; ha scoperto che la politica “è sangue e merda”, come spiegò una volta per tutte Rino Formica, capitano socialista di lungo corso. Adesso sa che non ci sono outsider nei Palazzi romani, soprattutto se non portano neanche voti. Oddio, se per quello neanche Casini porta voti, ma lui ha studiato come si fa a usare i voti degli altri.