Casini? Chiuso nella giara come l’omino di Pirandello

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 7 Febbraio 2013 - 09:08| Aggiornato il 6 Giugno 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pierferdinando Casini, l’uomo che voleva rifare la Dc, entrerà in Parlamento perchè apparentato alla lista Monti. Se corresse da solo con la sua Udc rischierebbe di restare fuori. I sondaggi, per quel che possono valere, lo tengono sotto la soglia del 4 per cento, che è il minimo per varcare l’ingresso della Camera. Nessun rischio, invece al Senato, dove la lista dei cosiddetti moderati è unica. Nel 2008, Casini aveva sfiorato il 6 per cento, fallendo il traguardo per il Senato.

E, in questi anni di opposizione solitaria dal Centro a Berlusconi, il peso dell’Udc era cresciuto al punto che Casini aveva lavorato a raggruppare Fini e Montezemolo, in attesa che Mario Monti si decidesse a “salire in campo”. Un piano perfetto che Pierferdy esibiva con l’orgoglio di chi è sicuro di vincere la partita. Lui, Casini, si sarebbe intestato il 20 per cento da sbattere sul tavolo di Bersani; o, alle brutte, da portare in dote a un centrodestra che si fosse liberato di Berlusconi.

Era un disegno messo giù da un geometra della politica, che invece è roba per architetti. E, infatti, quando l’architetto Monti ha detto sì al progetto, lo ha ridisegnato come piaceva a lui. E, perchè si capisse bene chi era il geometra e chi l’architetto, Monti ha deciso che ognunocontasse i suoi propri voti alla Camera, con liste separate. Casini ha capito, Fini non si sa ancora se ha capito, ma la mossa del premier ha il suo riverbero nei sondaggi adesso e, ancor più, lo avrà nelle urne. Il 13-15 per cento che è accreditato alla sua lista, si ottiene sommando il suo 8-9, il 3-4 di Casini e l’1 stentato di Fini. A occhio e croce. Non ci vuole Piepoli per capire che Casini è in trappola, una trappola che lui stesso si è costruito con pazienza e determinazione.

Adesso, si nota il disappunto che si spalma sul volto del leader Udc tutte le volte che predica in tv e sui giornali. Questo stato d’animo annuncia una voglia di strappo che non è possibile prima delle urne, ma che potrebbe essere inevitabile dopo. Casini si vedeva già presidente del Senato, ma la cosa si sta complicando. Allora a che cosa servirebbe lo strappo, se non a relegarlo nel suo piccolo ghetto?

Dove va da solo un leader senza voti? Berlusconi, politicamente parlando, lo odia. Bersani lo aspetta al varco per fargli pagare la politica dei due forni. Monti se lo terrebbe pure, meglio se indebolito. La verità è che il povero Casini è finito come l’omino di Pirandello chiamato a riparare la giara.  Come ognuno sa, l’omino la riparò dal lato sbagliato, chiudendosi dentro. Ecco, Casini ha “ricucito” il Centro con la stessa tecnica, restando prigioniero di Monti che, della giara, è il proprietario. Per uscire ha bisogno che qualcuno la mandi di nuovo in pezzi. Il piano che era perfetto è diventato diabolico.