Salvini-Le Pen, Buonanno-Lerner. Senza Berlusconi, la Lega torna nella foresta

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 18 Gennaio 2014 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA
Salvini-Le Pen, Buonanno-Lerner. Senza Berlusconi, la Lega torna nella foresta

Berlusconi e Bossi (foto Lapresse)

ROMA – Come volevasi dimostrare, la caduta di Silvio Belusconi ha ricacciato la Lega nella foresta. Senza il magma berlusconiano che consentiva al vecchio Umberto Bossi di essere ago della bilancia delle maggioranze nel Paese, il movimento indipendentista del Nord torna alle origini e si aggrappa al peggior razzismo per fare sentire la sua voce. Il nuovo Bossi, che sarebbe poi Matteo Salvini, non trova di meglio che fare gruppo in Europa con Marine Le Pen, erede di suo padre Jean-Marie, fondatore del Fronte nazionale, partito xenofobo di estrema destra.

E’ del tutto ovvio che una Lega ridotta all’angolo attinga al suo patrimonio politico-culturale la speranza di non finire sfarinato. Come è ovvio che quel patrimonio produca la campagna contro Cécile Kyenge, ministra nera e di sinistra; e che il senatore Gianluca Buonanno dia dell'”ebreo” a Gad Lerner. Negri e ebrei, l’ossessione mai domata dai razzisti di puro sangue ariano e anche più puro.

Il tentativo di riportare la Lega fuori dalla foresta, Roberto Maroni lo aveva fatto, dopo lo scandalo che aveva travolto il Senatùr, la sua famiglia e i suoi fedelissimi. Ma era stato un tentativo troppo “civile”, troppo omologante, inadatto per tirar fuori dai guai un partito che ormai reggeva il sacco a Roma ladrona. Serviva un salto di generazione e un ritorno alle vecchie parole d’ordine vincenti degli anni Novanta. Il più adatto alla bisogna era sembrato Salvini, l’uomo che non si era fatto mancare nulla in fatto di razzismo, persino l’idea che nella metropolitana milanese ci fossero posti riservati ai padroni di casa, di pura razza milanese. Era sembrata una barzelletta, ma si sa che le barzellette hanno un fondo di sapienza con l’imprinting di chi le racconta.

Ecco fatto. La Lega è tornata alle origini, e non è ancora campagna elettorale. Senza i pranzi settimanali di Arcore fra Berlusconi e Bossi, senza l’ebrezza di sedere nelle stanze romane e di avere libero accesso a Palazzo Chigi e a Palazzo Grazioli, la Lega riprende a suonare i suoi spartiti anti-neri, anti-comunisti, anti-meridionali, e naturalmente anti-ebrei. Non c’è molto da sorprendersi.