Umberto Bossi e quei processi sul viale del tramonto

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 13 Aprile 2013 - 07:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E’ singolare che ci sia ancora una Procura, quella di Bergamo, che vuol mandare sotto processo Umberto Bossi, il Senatùr, per le sue mattane. Lo scrive “Repubblica” nell’edizione milanese, e la notizia passa un po’ inosservata. Un Paese con i tribunali soffocati dai fascicoli arretrati, si continua a giocare ancora col lego delle baggianate pronunciate durante i comizi. Il declinante (ex) capo e già fondatore della Lega ha regalato qualche espressione colorita delle sue (“cujunazz”) a Mario Monti e ha dato del “terun” a Giorgio Napolitano, il capo dello Stato.

Credo che né Monti né Napolitano si aspettino complimenti da Bossi, e non credo che siano interessati a vedere condannato il nuovo Vercingetorige. Certo, l’onore delle istituzioni va difeso, a prescindere dai sentimenti personali di chi le rappresenta, ma vogliamo o no tener conto di chi è Bossi? Di qual è il suo livello di approccio alla politica? Del suo rapporto con la lingua di Dante?
Bossi è certamente stato un innovatore che neanche Beppe Grillo può sognarsi di essere. E’ partito da solo, seguito da quattro simpatici sfaccendati da bar di periferia, e ha messo a soqquadro la politica italiana. Ha predicato la rivoluzione dei costumi nazionali, ha pregato il suo dio politico alla foce del Po, ha fatto molto folklore e ha conquistato le regioni più ricche d’Italia, col consenso di imprenditori e partite Iva. Poi è finito di colpo, perché predicava benino e razzolava maluccio. Razzolava all’italiana: familismo, clientelismo, assalto alla diligenza del danaro pubblico. Uno statista piccolo piccolo.
Adesso è un uomo finito. Forse lascerà addirittura la Lega, il suo delfino Roberto Maroni l’ha cancellato, mantenendogli uno scranno e uno stipendio in Parlamento. I suoi sogni di gloria sono roba per disegnatori di fumetti. Ma c’è ancora qualcuno che lo prende sul serio e vuole processarlo per le sue colorite imprecazioni. Ma davvero, in un Paese così malridotto, non abbiamo di meglio da fare?