Pd, bicchiere mezzo “voto”: da Roma, Siena e Bologna tre campanelli d’allarme

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 28 Maggio 2013 - 17:33 OLTRE 6 MESI FA
Pd, bicchiere mezzo "voto": da Roma, Siena e Bologna tre campanelli d'allarme

Guglielmo Epifani, segretario del Pd (LaPresse)

ROMA – Il Pd esce dalle comunali “illeso“. Anzi, è il primo partito e gli schiaffi veri li hanno presi Pdl e soprattutto M5S. Ma per il partito attualmente guidato da Guglielmo Epifani il bicchiere è mezzo pieno. Occhio a cantare vittoria. Tre campanelli d’allarme vengono da Roma, Siena e Bologna. Sono il bicchiere mezzo vuoto della tornata elettorale di domenica e lunedì.

Partiamo da Roma. Ignazio Marino sorride per il successo al primo turno: 512.720 voti, pari al 42,60%. Nel 2008 Francesco Rutelli sorrideva molto meno dopo il primo turno, ma aveva preso 759.252 voti, ovvero il 45,80%. Il 3,2% in più e ben 247 mila voti in più. Certo, cinque anni fa andarono alle urne 1.729.287 elettori pari al 73,66%. Mentre domenica e lunedì hanno votato 1.245.927, il 52,81%: mezzo milione in meno, il 21% degli aventi diritto.

Il dato che deve far riflettere è quello del Pd dimezzato: nel 2013 lo hanno votato in 267.605, il 26,26%. Nel 2008 avevano fatto la croce sul simbolo in 520.723, il 34,03%. (Guarda i risultati del 2013 e del 2008)

Ci si può consolare con il crollo del Pdl, che ha preso poco più di un terzo dei voti di cinque anni prima: 559.559 voti (36,57%) nel 2008, 195.749 voti (19,21%) nel 2013.

Ma resta il fatto che il Pd, al netto dell’astensionismo e al netto dello squagliamento del “principale esponente dello schieramento avverso”, a Roma si è dimezzato dopo cinque anni passati non al governo ma all’opposizione, ruolo che di solito fa prendere e non perdere voti.

A Siena molti democratici hanno esultato per la tenuta della roccaforte rossa dopo lo scandalo Monte dei Paschi. Anche perché il candidato sindaco del Pd era proprio un dirigente di Mps, Bruno Valentini. Ma è vero anche che dopo 20 anni è la prima volta che a Siena si va al ballottaggio, che Valentini ha preso 6 mila voti in meno di Franco Ceccuzzi nel 2011 e 8 mila in meno rispetto a Maurizio Cenni nel 2006: tutti del Pd, tutti vincitori al primo turno.

A Bologna non si votava per il sindaco ma per un referendum consultivo sul sistema integrato degli asili nido. Un sistema brevettato proprio sotto le Due Torri che prevede un finanziamento del Comune agli asili nido privati. Il Pd, insieme a tutto il centrodestra, le cooperative, i commercianti, la Chiesa, CL e l’Udc, era a favore del sistema vigente, a differenza del comitato promotore del referendum (appoggiato da M5S, Sel, movimenti e sinistra), che proponeva l’abolizione del contributo comunale agli asili privati.

Non essendo obbligatorio il quorum il Pd, che a Bologna governa, ha fatto una campagna per votare “B” (finanziare le “scuole d’infanzia” private). Una campagna in cui, oltre al sindaco Virginio Merola, sono scesi in campo molti pezzi grossi del partito, in ultimo il “padre fondatore” Romano Prodi.

Il risultato è che ha vinto l’opzione A, votata da 50 mila bolognesi, il 59%. Mentre l’opzione B è stata votata da 35 mila, il 41%. Sono andati alle urne in 85.934 elettori, il 28,71% degli aventi diritto. Alla vigilia se ne attendevano fra i 70 mila e gli 80 mila, visto la natura consultiva del referendum, il voto concentrato in una giornata sola e in un minore numero di seggi. Il sindaco Merola dice che è andato a votare solo un terzo e che non ha nessuna intenzione di abolire il sistema integrato. Ma è vero anche che il Pd, fortissimo e radicatissimo a Bologna, è riuscito a convincere a votare B solo un elettore su otto.