Pd, la trinità “lib-lab”: Chiamparino (segretario), Renzi (premier) e Veltroni (spirito… del Lingotto)

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 17 Maggio 2013 - 10:53 OLTRE 6 MESI FA
Pd, la trinità "lib-lab": Chiamparino (segretario), Renzi (premier) e Veltroni (spirito... del Lingotto)

Sergio Chiamparino (LaPresse)

ROMA – L’ala “destra” del Pd si organizza per prendersi il partito al congresso di ottobre. La trinità “liberal-laburista” formata da Sergio Chiamparino (padre), Matteo Renzi (figlio) e Walter Veltroni (spirito… del Lingotto) non fa più mistero delle proprie intenzioni: combattere l’egemonia dell’ala “sinistra”, socialdemocratica del partito, di cui Pier Luigi Bersani è stato espressione e Guglielmo Epifani rappresenta la continuità.

Se, come probabile, il prossimo segretario del Pd non coinciderà col prossimo candidato premier – che sarà espresso da una coalizione tutta da ridisegnare – i compiti del terzetto appaiono più chiari. Al tenace (e per i detrattori cinico) Chiamparino toccherà il ruolo di segretario. Renzi così eviterà di farsi cuocere a fuoco lento sulla graticola della segreteria e potrà candidarsi a premier. A Veltroni si prospetta un futuro nella doppia veste di maître à penser del nuovo corso pd e di organizzatore di truppe: lui che, infaticabile tessitore secondo solo a Massimo D’Alema, di partite a scacchi dentro il Pci-Pds-Ds-Pd ne ha giocate tante.

Quindi avanti, Sergio. L’ex sindaco di Torino, ora presidente della Compagnia di San Paolo, concede un’intervista a Giovanna Casadio di Repubblica, nella quale si dice pronto “a correre per la segreteria” per un Pd che lui vorrebbe “socialista e liberale”. Concetto che chiarisce ulteriormente quando dice che si potrebbe proporre alla guida del Pd “a condizione che la mia eventuale candidatura serva a coagulare una parte importante del partito su un programma che una volta si sarebbe definito lib-lab, liberali e laburisti, un programma riformista”. Chiamparino, insomma, guarda decisamente a Tony Blair, al suo New Labour, la terza via fra liberismo e socialdemocrazia. Una ricetta che lo portò a vincere tre volte le elezioni e a governare dal 1997 al 2007, anche se secondo i detrattori Blair si comportò da premier di destra che di sinistra aveva solo il glamour.

Tornando in Italia, l’ex sindaco di Torino propone un Pd “che sia capace di riforme e che sia in grado di parlare a una gran parte della società. Quella che ci ha seguito fino ad oggi non è sufficiente a governare”. Perché Bersani avrà commesso i suoi errori “ma l’errore strategico è nella lettura che abbiamo fatto della società italiana”. Per Chiamparino, insomma, bisogna divorziare da Sel e guardare altrove, o ripescando la “vocazione maggioritaria” che portò Veltroni a non allearsi con nessuno a sinistra alle elezioni politiche del 2008, oppure trovando una sponda al centro (vecchio pallino di D’Alema). Alla domanda “Il profilo lib-lab finirebbe per mettere definitivamente in crisi l’asse elettorale tra Pd e Sel?”, Chiamparino risponde che “potrebbe riorientare il partito e probabilmente scomporrebbe quell’asse”.

Un “riorientamento” che faccia rotta più verso Pietro Ichino che verso la Cgil:

“Prendiamo la proposta del salario di cittadinanza da dare, a certe condizioni e per un periodo limitato, a chi è senza lavoro e lo cerca attivamente. È una proposta che personalmente ho avanzato tre anni fa. Si può fare: vedo che oggi la propongono anche i 5Stelle. Ma se non vogliamo prenderci in giro dobbiamo sapere che, contemporaneamente, è necessario rendere più flessibile il mercato del lavoro con proposte di liberalizzazione come quelle suggerite in questi anni da Pietro Ichino. È una proposta moderata? È una proposta radicale? È una riforma di cui discutere. Sepoi crea un cuneo tra Pd e Sel o dentro il Pd, almeno è una discussione sul merito e non sui nomi”.

Dal canto suo il “figlio” Renzi ci tiene a non smuovere troppo le acque e a muoversi sottotraccia, in attesa del congresso, di quella che si annuncia come una battaglia campale. Così si accontenta di formare un altro “tridente”, quello con Enrico Letta e Guglielmo Epifani. Renzi-Letta-Epifani per puntellare il governo e il partito, tenendosi buona l’anima sinistra del Pd ed evitare una “fine alla Romano Prodi”, da pugnalato in casa, come invece temono i renziani.

Il sindaco di Firenze, per prevenire strappi, traumi e sgambetti, incontra tutti. Ha visto il suo probabile futuro avversario Fabrizio Barca, poi nello stesso giorno (16 maggio) ha preso un caffè con Letta e ha pranzato con Epifani. Poi, per tastare il polso agli ex popolari, ha incontrato anche Dario Franceschini. Si muove felpato, con accortezza democristiana. In fondo, i suoi primi passi Renzi li ha mossi all’ombra dello scudocrociato: a 24 anni era segretario provinciale del Ppi e il suo primo libro si chiama “Fra De Gasperi e gli U2”.