Presidente della Repubblica. Prodi, Rodotà, Marini, D’Alema, Amato: i ritratti dei “Quirinabili”

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 18 Aprile 2013 - 10:02| Aggiornato il 19 Aprile 2013 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Romano Prodi, Stefano Rodotà, Franco Marini, Massimo D’Alema e Giuliano Amato: questi i nomi più probabili all’inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica. Scopriamo chi sono i “quirinabili”, i probabili successori di Giorgio Napolitano.

Romano Prodi (Scandiano, 9 agosto 1939) detto il Professore, per via della sua carriera accademica (37 lauree honoris causa), o Mortadella, data la faccia da buongustaio e la provenienza da terre dove l’insaccato è uno stile di vita. Lui in ogni caso rimedia con lunghe pedalate in bicicletta. “Testa quadra”, come si conviene a un reggiano doc, parla sibilando suoni impercettibili che hanno messo in difficoltà più di un giornalista al suo seguito. Ottavo dei nove figli dell’ingegnere Mario Prodi, sa essere freddo e spietato nonostante l’aria paciosa. Nel 1978, in pieno sequestro Moro, da una seduta spiritica venne fuori il nome “Gradoli”, che poi si scoprì essere una via dove c’era un covo delle Brigate Rosse. A quella seduta in una casa di campagna erano presenti gli economisti Mario Baldassarri, Alberto Clò e Romano Prodi. I quali hanno poi dichiarato di non avere mai più ripetuto esperimenti del genere in vita loro.

Prodi all’epoca era già un astro nascente, delfino di Beniamino Andreatta del quale era stato assistente universitario. Di lì a pochi mesi sarà nominato da Andreotti ministro dell’Industria. Dal 1982 al 1989 è presidente dell’Iri, appoggiato da Ciriaco De Mita. Ciampi lo rivorrà all’Iri dove gestirà una difficile fase di privatizzazioni dal 1993 al 1994. Nel 1995 è fra i fondatori dell’Ulivo, un anno dopo batte Berlusconi alle politiche e diventa premier. Due anni dopo il suo governo, quello che nel 1998 ci aveva fatto entrare nell’Euro con “l’eurotassa”, poi restituita al 60% nel ’99, cade.

Lui fonda I Democratici, poi si consola con la presidenza della Commissione Europea. Ritorna sulla scena politica italiana nel 2005, quando con l’Unione, il nuovo nome dell’Ulivo, viene ricandidato a premier. Batte di nuovo Berlusconi, ma per 26 mila voti. La nuova legge elettorale, il porcellum, rende più facile – col premio di maggioranza – la vita alla Camera, ma più difficile – coi 20 premi di maggioranza su base regionale – la vita al Senato, dove il centrosinistra ha solo un pugno di seggi in più. Il Prodi II cadrà infatti al Senato, dopo meno di due anni di navigazione a vista.

Il Professore da allora si è vendicato col silenzio, interrotto solo da qualche articolo e qualche intervento, in attesa di rifarsi all’occasione giusta, che forse è giunta adesso (rivedersi l’imitazione di Corrado Guzzanti per capire). Freddina la sua accoglienza alla vittoria del corregionale Bersani – ministro in entrambi i suoi governi – alle primarie di dicembre. Tanto che più di qualcuno ha sospettato che Prodi (e i prodiani) abbiano votato per Renzi. Il sindaco di Firenze dal canto suo si è sbilanciato più di una volta a favore della candidatura Prodi. Che potrebbe prendere quota dalla quarta votazione in poi, se sul suo nome si incontreranno la maggioranza del centrosinistra, del M5S e dei montiani.

nella pagina successiva: Stefano Rodotà e Franco Marini