Se Twitter non cinguetta sempre la verità: limiti del giornalismo divora-tweet

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 24 Aprile 2013 - 19:00| Aggiornato il 14 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – Anche Twitter non cinguetta sempre la verità: “Breaking: two explosions in the White House and Barack Obama is injured”, “Breaking: due esplosioni alla Casa Bianca e Barack Obama è ferito”. La notizia viene dal profilo Twitter dell’Associated Press, la più grande agenzia di stampa al mondo, sinonimo di ufficialità.

Il “tweet” è delle 19.07 del 23 aprile 2013. Vanno nel panico giornalisti e utenti dei social network, la voce rimbalza e i mercati, sensibilissimi alle breaking news, reagiscono istericamente: l’indice Dow Jones perde 100 punti in pochi minuti e – secondo il Wall Street Journal – vengono bruciati 200 miliardi di dollari.

Conseguenze molto concrete di una cosa che non è mai successa. Perché la notizia era falsa: il profilo twitter dell’Associated Press era stato “hackerato“. Peccato però, che questo è accaduto in un mondo – quello dell’informazione – che ormai tratta twitter come un’agenzia di stampa. Ed è emblematico che il falso tweet venga dal profilo della più grande agenzia di stampa del pianeta.

Twitter si è rivelato un mezzo utilissimo per dare notizie e immagini in tempo reale nelle situazioni più disparate, dai teatri di guerra alle serate di gala. È una fonte inesauribile di gossip perché fornisce un accesso diretto alle opinioni dei Vip, che spesso – politici o starlette che siano – abusano di Twitter, rendendo pubblico quello che non dovrebbero.

Ma se un tweet può “fotografare” fedelmente quello che il tale tronista pensa della tale ballerina, non può e non deve diventare fonte ufficiale e primaria di notizie che possono far crollare la Borsa.

Lì deve intervenire la verifica: l’informazione non può inghiottire i tweet senza prima “masticarli”, senza sottoporli al confronto con almeno un’altra fonte. Nel caso specifico, quello del falso attentato, deve suonare subito strano che il testimone di un paio di esplosioni alla Casa Bianca sia una sola fonte, anche se si tratta dell’autorevole agenzia Ap.

La questione è così centrale che al festival – super twittato – del giornalismo di Perugia, dal 24 al 28 aprile prossimi, ben sette incontri sono dedicati al social network del cinguettìo. Ne citiamo alcuni: “Twitter e giornalismo personale: lo scenario italiano”, “Giornali su Facebook e su Twitter: la situazione italiana”, “Come Twitter, Facebook e Muck Rack hanno cambiato il giornalismo”. Chissà se le conclusioni saranno qualcosa di più articolato di 14o caratteri.

“Masticare” e metabolizzare per poi utilizzare e non abusare: l’operazione che è stata fatta con tutti gli altri nuovi media deve essere ancora realizzata con Twitter.

Sono passati 75 anni da quando gli americani scoprirono che anche la radio non diceva sempre la verità. Era il 30 ottobre del 1938 quando Orson Welles ai microfoni della Cbs scatenò la “guerra dei mondi”:

“Signore e signori, vogliate scusarci per l’interruzione del nostro programma di musica da ballo, ma ci è appena pervenuto uno speciale bollettino della Intercontinental Radio News. Alle 7:40, ora centrale, il professor Farrell dell’Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, Illinois, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente che si sono succedute ad intervalli regolari sul pianeta Marte. Le indagini spettroscopiche hanno stabilito che il gas in questione è idrogeno e si sta muovendo verso la Terra ad enorme velocità. […]

Signore e signori, devo riferirvi qualcosa di molto grave. Sembra incredibile, ma le osservazioni scientifiche e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani esseri atterrati stanotte nella fattoria del New Jersey non siano che l’avanguardia di un’armata di invasione proveniente da Marte. La battaglia che ha avuto luogo stanotte a Grovers Mill si è conclusa con una delle più strabilianti disfatte subite da un esercito nei tempi moderni”

Era solo il testo di uno spettacolo teatrale recitato con rara maestria. Ma scatenò il panico in tutti gli Stati Uniti, dal Texas al Minnesota, dalla California al New Jersey. Leggenda vuole che un uomo chiamò alla redazione del New York Times chiedendo: “A che ora è la fine del mondo?”. Il mondo non è finito, e accendendo la radio quasi tutti riescono a distinguere gli scherzi dalle notizie. Un giorno, “One day…”, succederà anche con Twitter.