Banche, Italia festeggia il chi sbaglia non paga (e paghi sempre lo Stato)

di Lucio Fero
Pubblicato il 21 Marzo 2019 - 09:02 OLTRE 6 MESI FA
Banche, l'Italia festeggia il chi sbaglia non paga (e paghi sempre lo Stato)

Banche, Italia festeggia il chi sbaglia non paga (e paghi sempre lo Stato) (foto d’archivio Ansa)

ROMA- Banche, Italia festeggia. Festeggia l’Italia di governo e di opposizione, festeggia l’Italia sovranista che segnala con orgoglio la rivincita sullo straniero, straniero prepotente sotto forma di Ue. Festeggia l’Italia pop a Cinque Stelle, quella dove il cittadino ha sempre e comunque ragione e il solo fatto di essere cittadino lo esenta da ogni dovere e ne santifica ogni diritto.

Festeggia l’Italia dei banchieri insieme a quella dei clienti delle banche. Banche e clienti è non raro abbiano rapporti e narrazioni non proprio amichevoli e coincidenti. Ma stavolta fanno festa insieme, battuto un nemico comune. Soddisfazione in Bankitalia, nelle grandi banche e in quelle di periferia. Soddisfazione nelle banche di territorio e di sistema. E reciproco congratularsi per l’avvenuto nelle associazioni dei più o meno truffati dalle banche fallite. Una buona notizia da festeggiare per tutti coloro che attendono risarcimenti più o meno giustificati.

Festeggia l’Italia dei sindacati dei bancari, insieme a quella dei sottosegretari. Buona novella per i presidenti di Regioni, i sindaci e gli imprenditori. I primi non dovranno nutrire preoccupazioni a far finanziare aziende pubbliche da banche che ci rimettono. E chi fa impresa sarà confortato: i criteri di territorio, insomma prestar soldi a chi conta più che a chi imprende si può fare. Si è sempre fatto ma da qualche tempo a farlo c’era anche io rischio di fallire. Ora dopo la lieta novella che si festeggia il rischio è ridotto, quasi annullato.

Festeggiano le istituzioni, la società politica, la società civile, i corpi intermedi e il popolo: per via di sentenza europea è arrivata (anzi è tornata) la bella notizia che quando si tratta di banche e di credito chi sbaglia non paga. Non di tasca sua almeno. Se una banca è mal gestita, se impegna i suoi depositi e fondi in speculazioni azzardate e fallimentari, se finanzia le clientele, se spreca denaro…in questo e altri casi se la banca salta chi ha sbagliato non paga. Sempre e comunque in Italia può e deve pagare lo Stato.

Il chi sbaglia non paga è festa universale e collettiva, società e istituzioni, gente ed élite in Italia si riconoscono tutti in questo valore. Chi sbaglia paga è la giaculatoria, la predica, lo scongiuro, la minaccia di ogni leader, partito, individuo corpo sociale. Nella realtà il chi sbaglia paga ha la sola funzione dello spaventapasseri. Pronunciamo, sillabiamo ogni giorno collettivo omaggio ed invocazione al chi sbaglia paga. Viviamo nel rigoroso rispetto e nell’attenta protezione del chi sbaglia non paga. Soprattutto quando si tratta di soldi.

Quindi la sentenza (in prima istanza) secondo cui la Commissione Ue sbagliò a considerare aiuto di Stato e quindi a vietare al Fondo interbancario di versare 300 milioni a Banca di Bari per salvare Tercass (Teramo Cassa) viene festeggiata in Italia come rivincita e soprattutto come un via libera tutti. Ecco i passaggi della festa: con i soldi pubblici o almeno con la garanzia dello Stato si poteva salvare Banca Etruria (anche il patrimonio elettorale di Renzi?). Con i soldi pubblici appena appena vestiti da soldi delle banche si potevano salvare le banche venete e tutte le banche saltate negli ultimi anni.

Ma più che il passato…il presente e il futuro! E’ una festa di libertà e di liberazione, ci avevano imposto un vincolo. Vincolo molto esterno alla nostra cultura, cultura anche del credito e dell’impresa. Il vincolo per cui a conduzione bancaria irresponsabile, incauta e/o corriva e complice verso la bancarotta corrispondeva appunto un chi sbaglia paga (anche chi ha sbagliato l’investimento). Questo vincolo che da noi è sentito come cappio e catena pare proprio che per una volta abbiano sbagliato ad applicarlo. E qui di da noi è scattata la festa dell’abolizione del vincolo. Non a caso veniamo da una tradizione nazionale che risale all’Ottocento: da noi le banche fanno credito in base alla geografia politica, di clientela, di lobby e garantiscono in fondo stabilità sociale e di sistema. Per far questo spesso e volentieri si impicciano, capovolgono e saltano a testa in giù. Ma rendono un servizio: fanno arrivare il denaro, il credito anche dove non dovrebbe. Quindi coerentemente in caso di bancarotta che paghi sempre lo Stato. Si festeggia dunque e ovunque in Italia la ricorrenza del santo principio.