Bce, Grecia e derivati: dopo la nebbia di Trichet, la trasparenza di Draghi?

di Gustavo Piga
Pubblicato il 20 Settembre 2012 - 07:19| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

La presidenza di Jean Claude Trichet sembra segnata, al suo inizio e alla sua fine, da iniziative per rendere più opaco il modo di agire della Banca centrale europea. C’è infatti una mossa della Bce dell’epoca Trichet mirante a conservare la poca trasparenza, che ho scoperto solo ora anche se risale al 2011, una settimana prima della nomina di Mario Draghi a presidente e che si incastra con la causa intentata dalla agenzia di informazioni americana Bloomberg proprio per avere dalla Bce maggiore trasparenza. Che poi è quello che ha promesso Draghi ancora l’ultima volta che ha parlato in pubblico.

Tutto parte dalla richiesta di Bloomberg, nel novembre 2010, di avere accesso ai documenti interni della Bce su come la Grecia ha usato i derivati per nascondere il proprio debito.

Jean Claude Trichet, il predecessore di Draghi alla Bce, disse no, motivandolo col fatto che

”l’informazione contenuta nei 2 documenti disturberebbe (undermine) la fiducia pubblica sulla conduzione della politica economica”? Trichet scrisse in una lettera del 21 ottobre, in cui formalizza il rifiuto, che la trasparenza (disclosure) “ha, nell’attuale ambiente di mercato il rischio sostanziale ed acuto di aggiungere volatilità ed instabilità”. Instabilità, disse proprio così.

Cosa successe dopo non mi era noto finora è quanto la stessa Bce ha deliberato il 9 maggio 2011, pochi mesi dopo la denuncia di Bloomberg, e una settimana prima della nomina di Draghi. In quella data la Bce ha emanato la sua decisione numero 6, con la quale, alla decisione n.3 del 2004 viene aggiunta, fra le cause che possono giustificare la segretezza delle operazioni della Bce stessa, previste dall’art 4.1.a, la minaccia alla

 “stabilità del sistema finanziario dell’Unione o di uno stato membro”.

La decisione del 2004 fu presa anch’essa sotto la presidenza Trichet, ai suoi esordi e riguarda l’accesso pubblico ai documenti, della Bce, restringendo tale accesso per le materie più delicate:

“La BCE rifiuterà l’accesso per documenti la cui diffusione (disclosure) minerebbe la protezione dell’interesse pubblico a riguardo de:

– La confidenzialità delle operazioni delle decisioni degli organi della BCE;

– Le politiche finanziarie, monetarie o economiche dell’Unione o di uno stato membro;

-Le finanze interne della BCE o delle banche centrali nazionali;

– La protezione dell’integrità delle banconote euro;

– La sicurezza pubblica;

– Le relazioni Internazionali finanziarie, monetarie o economiche.”

Ora, a queste sei condizioni, si è aggiunta, appunto, la settima, la stabilità, proprio quella stabilità che Trichet invocava per giustificare il rifiuto della concessione della trasparenza sui derivati greci.

Anche se la causa Bloomberg alla Bce  credo fosse già stata avviata, e quindi l’emendamento del 20110 non dovrebbe incidere su quel processo, è certo però che ora richieste come quelle di Bloomberg sui derivati diventano praticamente impossibili e impossibile anche la via giudiziaria, perché la BCE potrà sempre opporre il nuovo art. 4.1.a ed in nome della stabilità, negare informazioni al pubblico ed alla stampa.

Ancora una volta non resta che guardare a Draghi, che

nella sua ultima conferenza stampa il 6 settembre scorso ha annunciato che il piano anti-spread sarebbe stato caratterizzato da “much greater transparency”, molta più trasparenza.

Possiamo certamente dunque ben sperare che la decisione 6/2011 sarà nuovamente emendata, anzi abrogata. In nome della disclosure, della trasparenza, che, in fondo, è la migliore politica per evitare il ripetersi di crisi come quella che attraversiamo che sta devastando la vita di così tante persone.