Boschi e Formigoni furibondi. Prima regola: nella satira non ci sono regole

di Stefano Corradino
Pubblicato il 10 Marzo 2014 - 07:34| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

“Mi permetto di chiedere se si ritenga opportuna l’imitazione della Boschi e che un ministro giovane che finora ha dimostrato preparazione e capacità, sia ritratta come una scaltra ammaliatrice che conta solo sul suo essere affascinante”.

“Quando Crozza trascende nell’insulto e nella diffamazione, allora vuol dire che cerca la querela. Penso proprio che da me l’avrà, insieme ad una bella richiesta di risarcimento danni. Ho già telefonato ai miei legali perché procedano in questa direzione”.

Sono le due recenti dichiarazioni, di esponenti politici di segno opposto che contestano gli sketch, peraltro di assolutà qualità, di Virginia Raffaele e Maurizio Crozza.

Prima di loro una lunga lista di ministri, deputati e senatori è stata oggetto di satira. Uomini e donne. D’Alema, Rutelli, Gasparri, Carfagna, Gelmini, Meloni… Oggi Maria Elena Boschi e Roberto Formigoni. Abbiamo sempre contrastato gli editti e le liste di proscrizione che in passato volevano chiudere la bocca a comici e giornalisti.

Non ci piacevano e non ci piacciono oggi, indipendentemente dal colore politico dei soggetti imitati e di chi si scaglia contro la satira.

Perché la satira è da sempre la più formidabile ed esilarante arma contro il potere. Da Aristofane a Orazio, da Petrolini a Trilussa.

“Prima regola: nella satira non ci sono regole” scrive Dario Fo. Nessuna censura, nessun codice di regolamentazione. La satira è libera e illiberali rischiano di essere coloro che vogliono ingabbiarla.