Brunetta, un ministro al tempo degli uomini brevi

Mario Lenzi
Pubblicato il 5 Ottobre 2009 - 11:02| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Come la storia di Roma sarebbe stata diversa se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, così il governo Berlusconi si sarebbe coperto meno di ridicolo se un suo ministro fosse stato venti centimetri più lungo. Lo so che non è per niente elegante prendersela con le deficienze fisiche altrui, ma valga a parziale attenuante il fatto che anche chi scrive lascia a desiderare in altezza. D’altra parte, non c’ è dubbio che se il ministro in questione non fosse stato torturato da quel suo logorante complesso, avrebbe guardato alle cose del mondo con maggiore spirito conciliativo. Narrano le cronache che quel ministro, fin da quando era piccolo (alludo all’età, non all’altezza), abbia cercato di far pagare agli altri il torto che era convinto d’aver subito venendo al mondo. Quando frequentava la terza elementare, c’era un suo compagno di banco che lo superava in tutte le materie e anche in altezza . Era facile, in ambedue i campi. Egli lo odiò smoderatamente, e la maestra gli sequestrò più volte la seghetta che nascondeva sotto la camicia e con la quale voleva ristabilire l’equità.

Cresciuto (si fa sempre per dire), guardò con rancore alle ragazze che abbondavano in centimetri verticali, oltre che cubici. Nessuna di loro ebbe mai un caldo bacio per lui: avrebbero dovuto chinarsi troppo, oppure issarlo su un apposito panchetto. Anche il suo curriculum di studio fu limitato e corto. Studiò economia e raggiunse a stento il livello del solito tizio che asserisce con sussiego di essere un economista e poi si scopre che non ha insegnato a Harvard ma è diventato ragioniere a Pesaro. Eppure lui annunciò (eravamo alla fine degli anni Ottanta): «Entro dieci anni avrò il Nobel. Male che vada, sarò ministro».

E il male è andato davvero, quel piccolo grande uomo (si fa sempre per dire) è diventato ministro. Fu nominato da un suo pari in altezza, e da allora cominciò ad aggirarsi per le strade delle città circondato da guardie del corpo delle quali non superava l’ombelico, suscitando ogni volta gli ingenerosi sarcasmi dei passanti. Nemmeno al bar, se ordinava un caffè, il barista lo prendeva sul serio, perché non arrivava al bancone (È accaduto davvero, in una piccola città toscana).

E allora lui tentò ancora, e più volte, di vendicarsi. Se la prese con tutti, coi dipendenti pubblici perché invece di lavorare vanno a bersi il cappuccino, coi magistrati che pretendono di essere pagati senza tassametro, coi giornalisti (lo leggo oggi sui quotidiani) che per ogni prestazione tengono accuratamente nascosto il compenso percepito (quando invece si sa il compenso pagato alle escort). E lui intanto sfuggiva a ogni misura per l’evidente impossibilità di misurarlo.

Forse il ministro non sa che anche Napoleone era piccolo quasi come lui, eppure lo chiamano grande. Del resto, anche Berlusconi si ritiene un grande, eppure non tiene conto dei tacchi che porta. Ma forse questo è il tempo degli uomini brevi. In tutti i sensi, in altezza e in durata.