Il cerino passa di mano: fuori l’ex fascista Fini, avanti un altro, tocca al democristiano Casini fronteggiare Berlusconi

di Carlo Luna
Pubblicato il 14 Dicembre 2010 - 23:25 OLTRE 6 MESI FA

Fini si è bruciato di brutto: il cerino, dunque, nelle prossime settimane se lo palleggeranno Berlusconi e Casini. La situazione è a rischio per entrambi visto che a chi rimane in mano saranno addebitate la fine anticipata della legislatura e le elezioni anticipate. Fini conclude nel modo peggiore la corsa scriteriata che aveva iniziato diversi mesi fa, per ricollocarsi in una posizione di forza nei confronti di Berlusconi. Ha subìto, è vero, una dura campagna di stampa, un vero bombardamento a tappeto, ma ha anche subìto la propria debolezza strategica.

Se avesse mollato al proprio destino l’imbarazzante cognato monegasco e, soprattutto, se non avesse snaturato la carica istituzionale ricoperta agendo da trafelato capopopolo, forse avrebbe conseguito un risultato diverso. Invece si è lasciato sedurre dal consenso interessato dei partiti e dei giornali dell’opposizione, ha avuto una esposizione mediatica favorevole e senza precedenti, ma adesso è isolato e con un drappello abbastanza disorientato. Perché non ha solo perduto, sia pure di poco, alla Camera: ha avuto al Senato una sconfitta pesante.

La conseguenza immediata è che Berlusconi non ha alcun obbligo o interesse a dimettersi. Potrebbe farlo non “prima” ma solo “dopo” un negoziato dall’esito positivo con Casini (sempre che abbia il consenso della Lega). Infatti il voto della Camera e quello del Senato rendono improponibili governi tecnici, di responsabilità o di armistizio. Non è nemmeno pensabile alcun intervento diretto da parte del Capo dello Stato, che potrà avere con i diversi leader di partito tutti i colloqui possibili ma senza il “crisma”, la solennità e l’esito delle consultazioni. Non c’è alcuna crisi di Governo aperta dal punto di vista costituzionale, visto che entrambi i rami del Parlamento hanno concesso la fiducia.

C’è ovviamente una crisi politica e non da poco. Perché, come tutti ripetono a destra ed a sinistra, non si governa con un pochissimi voti di maggiorana. Lo dice perfino Bossi.

Fuori gioco Fini, le prossime mosse spettano a Berlusconi e a Casini. E’ una partita delicata con le elezioni sullo sfondo. Berlusconi ha detto più volte che sarebbero la soluzione sbagliata: adesso è chiamato a dimostrare che il suo non era un bluff. E’ politicamente impegnato a rendere concreto il suo invito ad un nuovo patto di legislatura per ridiscutere il programma economico, le riforme e la legge elettorale. Non solo ma si è impegnato anche a rivedere la composizione del Governo. E’ da ritenere che il tentativo non possa evitarlo: bisognerà valutare se sarà un tentativo per farsi dire no, addossando alla controparte la responsabilità del fallimento e le elezioni, o per farsi dire, sì rivedendo il rapporto con Bossi.

L’interlocutore, come detto, non sarà più Fini ma Casini. Si è presentato alle elezioni da solo, è sempre stato con coerenza all’opposizione, il suo problema è capire le vere intenzioni del Cavaliere, valutandone la consistenza. L’alternativa anche per lui sono le elezioni e la speranza che il neonato Terzo Polo possa essere decisivo.

Nelle dichiarazioni a caldo degli esponenti della maggioranza si coglie una soddisfazione non troppo baldanzosa ma reale. Hanno portato a casa la sconfitta di Fini. Possono legittimamente affermare “Fuori uno, avanti un altro”! Ma devono stare molto attenti perché l’altro non viene dalle fila sgangherate del Msi come Fini, ma da quelle di una scuola alta della politica: quella democristiana.