Ciao Ennio Valeri: amico, interlocutore, uomo raro

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 6 Settembre 2017 - 11:36 OLTRE 6 MESI FA
Ciao Ennio Valeri: amico, interlocutore, uomo raro

Ciao Ennio Valeri: amico, interlocutore, uomo raro

Ennio non c’è più. Ennio Valeri pedalava con la sua bicicletta quando è stato investito da un camion dell’Amsa e stritolato. E’ morto sul colpo. Non c’è stata nemmeno la corsa in ospedale. A molti il suo nome non dirà molto. Ai frequentatori di Facebook dice invece molto. Era uno degli scrittori più attenti, puntuali, inevitabili. Sue passioni: la politica, il calcio, la cultura. Professore di liceo, molto aveva letto, molto osservato e molto capito. Aveva uno stile tutto suo, brutale a volte, sempre diretto e chiarissimo. E una perenne indignazione, di cui sembrava possedere scorte infinite.

Non era mai stato nei grandi giornali e non vi aveva mai scritto, ma sul web era d’obbligo leggerlo e confrontarsi con lui. Sempre chiaro nei giudizi, impietoso, spesso controvento. Dopo una militanza di sinistra, si era ritirato dalla politica, disgustato. Solo di recente si era re-iscritto al Pd, in omaggio più che altro a Matteo Renzi, che lui stimava molto, ma verso il quale nutriva (e esponeva) anche molte riserve.

Ma Ennio non era solo un polemista politico, questo vestito gli andrebbe stretto. A suo modo era anche un poeta e uno scrittore completo. Ho pensato a quale testo potrebbe ricordarlo meglio. Scartati tutti i pezzi politici o quelli sportivi. Ho trovato quello che segue. E’ la banale cronaca di una colazione che abbiamo fatto insieme. Nella sua penna è diventato un ritrattino dell’Italia di oggi.

“Oggi su invito di un gran signore che ha concorso a scrivere le pagine migliori della storia di questo scombiccherato paese, ho pranzato in un ristorante del centro, di quelli esclusivi. Un ristorante di atmosfera  :)con più persone pronte a intervenire al minimo gesto. Cose del tutto inconsuete per i miei stili di vita. Mentre si chiacchierava mi giungeva la voce metallica di un celebre bandito, seduto alle mie spalle, che dirige un giornale d’assalto, un killer che se la vittima è inerme infierisce fino a farne strame. Con lui una fanciulla segnata da una fissità inquietante che non avrebbe potuto essergli figlia, tutt’al più nipote, ma probabilmente era altro. Agli altri tavoli erano assise signore addobbate in abiti improbabili che gridavano costi proibitivi. Anche fanciulle eteree con l’aria di quelle che trovi sulle pagine di Vogue, I presume.

Il mio “comprandiale” mi ha fatto dono del suo ultimo libro, con dedica autografa, che ho già brevemente recensito, avendone letto man mano parecchi capitoli. Ma soprattutto mi ha confidato parecchie chicche della Storia del capitalismo italiano nonché di quei tremendi anni a cavallo tra i settanta e gli ottanta coi cui protagonisti ha interagito in modalità diverse. Insomma in poche ore m’è passata davanti agli occhi parecchia storia dell’ultimo mezzo secolo di questo nostro martoriato Paese. Dal brain storming sono scaturite parecchie consonanti perplessità sulle scelte ultime del nostro conducator, ma abbiamo convenuto di non sfiduciarlo e di dargli un’ultima opportunità. Abbiamo mangiato cose sfiziose con un dolce finale da scrofanarsi. Quindi uscimmo a rivedere un cielo primaverile e a farci accarezzare da un’auretta frizzantina che avevo goduto all’andata e che ho goduto al ritorno, in bicicletta.”