Quirinale: Renzi apre a candidato “fuori dal Nazareno”. Sale il nome di Mattarella

di Claudia Fusani
Pubblicato il 28 Gennaio 2015 - 12:31| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Quirinale: Renzi apre a candidato "fuori dal Nazareno". Sale il nome di Mattarella

Sergio Mattarella

ROMA – Ora dopo ora il borsino quirinalizio cambia, oscilla e si modifica. Ma è possibile fissare qualche paletto almeno fino al tardo pomeriggio di mercoledì. Almeno fin dopo i colloqui, delicatissimi e decisivi, che il premier Matteo Renzi avrà a pranzo con Berlusconi e subito dopo con Bersani e dopo ancora con il sindaco di Torino Piero Fassino. Al momento le quotazioni danno in netta crescita il giudice costituzionale Sergio Mattarella. Assai indigesto, come sappiamo, a Berlusconi. Un nome che invece ricama insieme tutti i pezzi lacerati del Pd perchè non corre alcun rischio di essere additato come figlio del patto del Nazareno. “Due anni fa quella di Mattarella era stata la prima scelta di Bersani. Ma Berlusconi la bocciò, senza se e senza ma” dice Davide Zoggia, minoranza dem, appena uscito dall’incontro che il premier segretario ha avuto di buon mattino prima con i deputati e poi con i senatori.

E’ il Cavaliere, infatti, l’ostacolo principale al nome dell’ex ministro Dc che si dimise ai tempi della legge Mammì che spalancò le porte del mercato al tycoon delle tv ma anche costruttore e non ancora, ma per poco, politico. Ma due anni fa sono un tempo geologico per quello che riguarda il ruolo del leader di Forza Italia che oltre alla ridotta agibilità politica ha anche ridotto di circa un terzo il suo bacino di voti, dal 30 per cento al 12-13 per cento.
Al netto degli incontri, oggi Renzi passerà buona parte della giornata a Montecitorio. Lo ha detto lui stesso ai parlamentari Pd negli incontri della mattina. Quando ha fatto il punto della situazione. Che è, appunto, ancora in alto mare. L’annuncio che “passerà la giornata in Parlamento” significa che il premier sa perfettamente che stavolta i voti vanno cercati uno per uno qua dentro, a Montecitorio, dove stanno affluendo piano piano i 1008 grandi elettori. Alla fine non ci possono essere né altre partite né altri tavoli. Almeno non adesso.

Mercoledì mattina dunque Renzi ha fatto il punto della situazione. Non ha fatto “il nome” ma, racconta un membro del governo, “ha spiegato che la rosa dei nomi è quella che già sappiamo e via via ha escluso coloro nei confronti dei quali non ci sarebbe il gradimento degli altri partiti così come sono stati espressi ieri nelle consultazioni”. Un giro di parole per dire che “i tecnici hanno perso quota”. Che “Amato è un nome che divide anche il Pd”. Sembra perdere quotazioni anche l’unica donna delle rosa quirinalizia, Anna Finocchiaro. “C’è stato un momento in cui Renzi ha ringraziato tutti coloro che pur essendo in pista, sapranno fare un passo indietro. Ed ha parlato anche al femminile…”. Il motivo del no sarebbe da ricercare in quel processo relativo ad un abuso nella sanità in cui è imputato il marito medico della presidente della Commissione Affari Costituzionali. Togli da una parte, aggiungi dall’altra, ecco che nella rosa cresce il petalo di Mattarella che unisce anche i centristi. E tutto sommato potrebbe prendere voti anche nel territorio delle opposizioni, ad esempio Sel, in forza del fatto che certamente il giudice non è figlio del patto del Nazareno.

Se poi il colloquio con Berlusconi, dovesse andare male, restano altre riserve d’oro: Walter Veltroni, molto popolare ma ancora divisivo nel popolo Pd; e Piero Fassino, immortalato stamani in un geniale vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera in cui il sindaco di Torino spicca in tutta la sua magrezza dal palazzo dei re mentre due corazzieri dicono “tempi magri” il primo e “l’uomo giusto al posto giusto” il secondo.

Intanto Renzi ha confermato ai parlamentari del Pd che le prime tre votazioni saranno bianche. “Ci sarà chi controllerà quanto tempo viene trascorso sotto l’urna” rivela un membro del governo. Renzi sa bene che in questo modo c’è il rischio di dare spazio a Cinque stelle e minoranze di tentare la carta-provocazione di Prodi: vedere quanti voti prende il Professore e se poi arriva a 150-200 costringere Renzi a dare un ordine di voto. Favorevole o contrario. Un gioco al massacro che nessuno merita. Meno che mai il fondatore del Pd. “Per evitare questo rischio – si fa notare in Transatlantico – Renzi darà il nome domattina. Spiegando di aspettare la quarta votazione per non rischiare con i quorum”. E’ un gioco sottile. Difficile. Una mano di poker rischiosa. Su cui a fine mattinata i Cinque stelle buttano un’altra carta che sa di provocazione: “Noi candidiamo Bersani”. Guastatori in azione.