Dopo le dimissioni di Cosentino, Scajola, Brancher, pace o scontro tra Fini e Berlusconi sulla legge bavaglio?

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 17 Luglio 2010 - 13:38| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Fini e Berlusconi

Il presidente Fini e i suoi collaboratori sono giustamente soddisfatti per aver costretto “Cesare” Berlusconi a far dimettere gli amici del cuore Cosentino, Scaiola, Brancher. Sembrerà paradossale,ma adesso per loro, i finiani, verrà il momento più difficile.

Belusconi non è certo uno che molla l’osso e ora pretenderà il pagamento della cambiale, chiederà la prova del fuoco.

Questa prova sarà rappresentata dalla legge bavaglio, la vera legge berlusconissima , quella attesa dalle tante cricche e dalle tante p3 disperse lungo la penisola.

Le modifiche apportate al testo non hanno minimamente risposto alle gravi preoccupazioni sollevate dai costituzionalisti, dai magistrati impegnati contro le mafie e le camorre, per non parlare della parte relativa al diritto di cronaca che non hanno neppure fatto finta di voler cambiare, salvo qualche sconto comitiva concesso agli editori.

Sino ad oggi GianfrancoFini e la presidente della Commissione giustizia della Camera Giulia Buongiorno si sono mossi come Bertoldo quando cercava l’albero migliore ove farsi impiccare. Di volta in volta, giustamente, la loro attenzione sì è spostata sui diversi punti di un provvedimento che andrebbe semplicemente affossato perché non è certo emendabile.

Ogni volta, puntualmente, Berlusconi e i suoi avvocati hanno minacciato fuoco e fiamme, dimissioni, elezioni anticipate, ma poi sono tornati al tavolo della trattativa, troppo importante per loro è l’approvazione della legge bavaglio per potersi consentire che tutto salti e che si debba tornate a mani vuote dagli amici che stanno aspettando questa legge.

Dopo le dimissioni di Cosentino è assai probabile che chiederanno a Fini e ai suoi di dare un segnale e di consentire l’approvazione del bavaglio prima delle vacanze estive, senza ulteriori rinvii, altrimenti tenteranno la prova di forza,anche a costo di provocare una crisi immediata.

Questo sarà il passaggio cruciale per Fini.

Se dovesse cedere, si brucerebbe in pochi istanti il patrimonio personale e politico accumulato in questi mesi e che costituisce e costituirà la riserva sulla quale costruire quelle liste della nazione che sembrano ormai l’inevitabile sbocco di una frattura non più sanabile con Berlusconi e il berlusconismo. Se dovesse dire di no potrebbe correre grandi rischi nell’immediato, ma potrebbe vincere l’intera posta nel giro di alcuni mesi.

Dal no, infatti, deriverebbe una spinta a nuovi e inediti scenari che potrebbero mutare in modi e forme impensabili l’attuale scenario politico.

Nonostante tutto continuiamo a pensare che Fini, tra mille tormenti e qualche passo falso, non tornerà indietro, anche perché, per fare un solo esempio, lunedì prossimo, 19 luglio, lui e i suoi saranno vicini alla famiglia Borsellino nella tradizionale fiaccolata per ricordare il giudice ammazzato dalla mafia.

Altri hanno già fatto sapere che loro, invece, considerano un eroe quel Mangano, mafioso pluricondannato, perché quando stava in carcere si era rifiutato di rispondere alle domande sugli amici Marcello e Silvio.

No, non c’è proprio possibilità di ricomposizione. La rottura è già scritta, manca solo la data finale.

Per quanto ci riguarda, prima sarà e meglio sarà!