Cospito, battaglia politica non umanitaria, vuole la rivoluzione ma col permesso dei Carabinieri

Alfredo Cospito trasferito a Milano annuncia che non riprenderà per questo a nutrirsi, spiega così che la sua battaglia è politica e non umanitaria. Ma intorno a lui il coro che rivendica il diritto alla rivoluzione col permesso e assistenza dello Stato. Perché, non si può?

di Lucio Fero
Pubblicato il 31 Gennaio 2023 - 09:48 OLTRE 6 MESI FA
cospito

Foto Ansa

Alfredo Cospito l’ha detto con dura e sincera chiarezza che la sua è una battaglia politica contro la legge dello Stato e non una campagna umanitaria per le condizioni di vita in carcere. Il detenuto Alfredo Cospito è stato appena trasferito per ragioni sanitarie da Sassari a Milano dove un reparto dell’istituto di pena è attrezzato per la cura di patologie gravi. Ma non per questo Cospito ha detto che metterà fine allo sciopero della fame (si nutre da tempo solo di integratori) e che accetterà cibo dopo che gli sono state garantite le cure. Perché Cospito non ha come obiettivo una cura, una terapia opportune e migliori per se stesso o per chi è recluso in carcere.

Cospito ha obiettivo politico: l’abolizione del 41 bis impropriamente confuso e chiamato carcere duro. Cospito vuole che lo Stato che il 41 bis ha legiferato e voluto (il 41 bis impedisce e inibisce contatti con l’esterno a detenuti a capo o ai vertici di organizzazioni criminali organizzate) ora cancelli il 41 bis dalla legislazione. Altrimenti Cospito scaglia contro lo Stato l’impatto del suo suicidio per volontaria inedia. La vita di Cospito militante anarchico contro il diritto dello Stato a legiferare. Così l’ha detta con onestà militante Cospito. Cosi è. Ma non così la racconta e la canta il coro che si è accodato, accompagna e va in processione. Il coro di una tradizionale esigenza dello spirito pubblico, il coro che invoca e reclama il diritto alla rivoluzione, rivoluzione sì, rivoluzione anche contro lo Stato, se no che rivoluzione sarebbe, ma col permesso, autorizzazione e magari anche scorta dei Carabinieri.

Per politica, non per salute

Alfredo Cospito, per cui non è impropria la definizione (da sentenza giudiziaria non da pubblicistica avversa) di terrorista (attentato a caserma dei Carabinieri e gambizzazione di dirigente di azienda), conduce una battaglia politica. Per politica ha iniziato e porta avanti il suo digiuno. Per scelta e strategia politica rischia di morirne, della sua battaglia e strategia politica. Non c’è nessuna questione di salute o sanitaria che prescinda da questa volontà e strategia politiche di Cospito. Il coro canta forte ma stonato assai quando invoca trattamenti umanitari e compassione di Stato.

Questi, se vuole,  Cospito li ha. Ma Cospito vuole altro, vuole vittoria politica e per questa e non altro è disposto a rischiare la pelle. La mia pelle, il mio morire in carcere contro la vostra legge. Questo il ricatto o, per chi pensa lo Stato sia solo oppressione e malvagità, questo il martirio. In ogni caso salute, cure, ragioni umanitarie nulla c’entrano. Servono solo ad alimentare con ramoscelli di pietismo fuori luogo e da nessuno richiesto un’aspirazione che, agli atti, non è quella di Cospito. Ma di certo  è negli animi e nelle menti di chi per Cospito sottoscrive, perora, manifesta, reclama, rivendica e qualcuno perfino minaccia. L’aspirazione al diritto di fare la rivoluzione con il permesso e l’assistenza dei Carabinieri. Perché, non si può? Allora è dittatura.