Covid fa strage ai seggi. Quanti italiani andranno a votare?
Pubblicato il 20 Settembre 2020 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA

Covid fa strage ai seggi. Quanti italiani andranno a votare? Nella foto: Stefano Bonaccini, ha aperto gli stadi in Emilia
Hai voglia a dire che il virus è sotto controllo, che bisogna stare tranquilli perché questo aumento dei casi era prevedibile.
La verità è che la gente non si fida, ha paura di ammalarsi di covid, si difende in tutte le maniere. Così nel giorno delle elezioni succede che il 50 per cento (ripetiamo il 50 per cento) dei presidenti e degli scrutatori rinuncia e dà forfait. Per quale ragione se non per il timore di infettarsi di covid, di stare molte ore in un seggio dove arrivano migliaia di elettori tutti probabili portatori sani?
Si ricorre ai volontari, agli impiegati comunali, alla Protezione Civile. In qualche maniera l’election day va avanti, ma questa volta si può dire che la paura ha messo in fuga la democrazia.
Il “voto in maschera” lo definisce stamane un grande giornale. Sono 51 milioni gli italiani che dovrebbero andare oggi e domani alle urne. Se la percentuale dei votanti sarà assai bassa ciò significherà che, nonostante il parere degli scienziati e delle forze politiche, si teme ancora il dilagare del covid e il conseguente lockdown.
In tanti ricordano le sofferenze patite l’inverno scorso. Ed allora, senza indugiare un momento, preferiscono rimanere a casa, rinunciando al compenso dovuto agli “operatori delle elezioni”.
Anche e soprattutto per questo è inspiegabile la decisione del ministro dello sport Vincenzo Spadafora di cedere alle richieste dei dirigenti del calcio. Si, infatti, alla fine ha allargato le braccia. Ed ha dato il via libera all’apertura degli stadi.
Il precursore è stato il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Poi, a cascata, tutte le altre gradinate riapriranno da questa domenica anche se il numero dei “privilegiati” non sarà superiore a mille.
Un primo interrogativo: con quale criterio si sceglieranno i fortunati spettatori? La speranza è che non ci siano conseguenze. Altrimenti stavolta le responsabilità saranno ben precise.
I politici sono comunque in tutt’altre faccende affaccendati perché la posta in palio è altissima. Qui non si gioca solo per vincere o perdere. In ballo c’è il futuro della maggioranza, del governo, dello stesso presidente del consiglio e dei suoi ministri.
Infatti nel caso di un clamoroso flop specialmente in Toscana e in Puglia (oltre ad una insperata vittoria del no al referendum) che fine farà l’esecutivo? Riuscirà a mantenersi a galla oppure dovrà dire addio a Palazzo Chigi e dintorni?
Destra e sinistra polemizzano e si combattono con parole al di là di ogni limite anche ora che siamo alla resa dei conti. Leggiamo qualche esempio.
“E’ la fine del capitano” (cioè di Matteo Salvini).
“Il governo è sul viale del tramonto?”.
“Che cosa altro deve patire l’Italia affidata ad una squadra di dilettanti?”.
“Siamo solo noi di sinistra a evitare una vittoria dei sovranisti che vorrebbero abbandonare l’Europa”.
“I giallorossi litigano su tutto, anche sui soldi che ci vorrebbe regalare Bruxelles”.
“Se le casse dello Stato sono vuote, chi ne dovrebbe pagare il fio se non gli italiani con una patrimoniale sempre in agguato?”.
Non ci si ferma nemmeno dinanzi ad una data storica come quella del 20 settembre: la presa di Porta Pia e la liberazione di Roma. Nella Capitale, l’umorismo non muore mai e quando qualcuno ricorda quel giorno, c’è chi risponde: “E’ vero fummo liberati dallo strapotere del Vaticano. Se oggi siamo tornati ad essere prigionieri ci ha pensato Virginia Raggi. Mai degrado fu tanto grande!”.
Da martedì si volterà pagina? Lo speriamo tutti per il futuro di un Paese in cui vivono 60 milioni di persone.