Delocalizzazione, frutto del dumping fiscale e sociale fra Stati che l’Europa deve correggere

di Sergio Cofferati
Pubblicato il 14 Giugno 2018 - 06:59| Aggiornato il 21 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
Delocalizzazione frutto del dumping fiscale e sociale che l'Europa deve correggere

Delocalizzazione, frutto del dumping fiscale e sociale fra Stati che l’Europa deve correggere

Delocalizzazione: ecco il frutto del dumping fiscale e sociale che l’Europa deve correggere. Il caso Embraco, ne è un esempio. Con la minaccia della chiusura di uno stabilimento produttivo e il conseguente licenziamento[App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] di quasi cinquecento lavoratori, è stato oggetto di un acceso dibattito nelle scorse settimane.

Grazie all’iniziativa dei dipendenti e dei loro rappresentanti, la vicenda si è risolta per il momento positivamente con un accordo che prevede il mantenimento dell’attività produttiva nel sito di Riva presso Chieri e la salvaguardia di tutti i posti di lavoro. Bisognerà vigilare attentamente per assicurarci che l’accordo sia rispettato e che sia garantita l’occupazione per tutti i lavoratori coinvolti e la continuazione dell’attività produttiva nel lungo periodo. Purtroppo tale caso non costituisce una vicenda isolata, ma rappresenta l’ennesimo esempio di delocalizzazione di importanti attività produttive verso altre aree, all’interno e all’esterno dell’Unione europea, con il fine di abbattere le spese fiscali ed il costo del lavoro in modo da ottimizzare i profitti ottenendo impropri vantaggi.

Il caso Embraco, che è stato ricordato non casualmente più volte nella discussione che stiamo facendo, è uno di questi casi. Non si è trattato dello spostamento di un’attività nell’interesse collettivo, ma semplicemente nell’interesse dell’azienda a danno dei lavoratori. Per il momento si è risolto e si è stabilizzato, per una serie di coincidenze positive che si sono verificate.

Ma la mobilità delle imprese in Europa nasce dal dumping sociale e dal dumping fiscale. Bisogna correggere queste storture, bisogna far sì che le condizioni fiscali per le imprese siano le stesse ovunque e non che un paese possa dire ad un’impresa: “vieni da me perché non ti farò pagare le tasse dovute”. E lo stesso vale per il lavoro, vale per la garanzia sociale e la protezione che deve essere data alle condizioni del lavoro e vale per i salari.

Questo è il lavoro che dobbiamo fare, dobbiamo imporre regole che consentano a tutti di affrontare il domani senza le angosce di chi si trova in un’azienda che improvvisamente decide di andare da un’altra parte.

Durante il mio intervento nella discussione che abbiamo avuto la scorsa settimana a Strasburgo sul tema, ho sottolineato la necessità per l’UE di contrastare in maniera più efficace questi inaccettabili fenomeni di delocalizzazione e di dumping sociale e fiscale. Si devono anzitutto introdurre al più presto alcune forme di armonizzazione minima in materia fiscale all’interno dell’Unione Europea, a partire dalla base imponibile consolidata comune per le imposte sulle imprese (CCCTB), in modo da mettere fine alla concorrenza tra Stati Membri per attrarre le grandi multinazionali abbassando in maniera crescente la pressione fiscale, a danno della collettività. È necessario inoltre che l’UE si faccia promotrice di una convergenza sociale progressiva verso l’alto tra i diversi paesi, garantendo e rafforzando diritti e condizioni materiali dei lavoratori, e che introduca elementi vincolanti a livello europeo per garantire comportamenti socialmente responsabili da parte delle imprese. In questo senso ho ribadito ancora una volta, durante la discussione, la richiesta che la Commissione presenti al più presto una strategia europea aggiornata sul tema della Responsabilità Sociale d’Impresa, che contenga strumenti legislativi vincolanti.