Elezioni 2018: 5 anni di stabilità: parola d’ordine di Gentiloni, per rimettere l’Italia in corsa

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 17 Febbraio 2018 - 13:22 OLTRE 6 MESI FA
Parola d'ordine di Gentiloni: stanilità

Paolo Gentiloni (Foto Ansa)

Gentiloni e Minniti contro Renzi? si chiede Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business. A molti piacerebbe, ma le cose non stanno così. Entrambi sono ben consapevoli che oggi il Pd è Matteo Renzi e che da questa realtà è difficile prescindere.

Di recente, però, Gentiloni ha fatto un ragionamento che in un certo senso va oltre Renzi. Quest’ultimo è impegnato a difendere l’orgoglio Pd delle cose fatte. E, come sempre, esagera anche un po’: non è vero che il Pd ha tirato fuori il Paese dalla crisi perché dotato di saggezza quasi divina.

Dalla crisi siamo usciti prima di tutto perché la crisi è finita, in tutto il mondo. Basta guardare quattro dati e questo è del tutto evidente. Il Pd di Renzi, nei famosi mille giorni, e anche dopo, ha fatto cose buone (le riforme, compreso il lavoro) e meno buone (troppi debiti, troppi bonus per sostenere una domanda che non aveva alcun bisogno di essere sostenuta). Renzi, insomma, tira a costruire la leggenda dei suoi mille giorni, in cui il paese sarebbe come rinato dalle proprie ceneri. Ma non è così. E infatti finora, stando a tutti i sondaggi, il Pd non ha guadagnato voti, ma ne ha solo persi: segno evidente che alla leggenda dei mille giorni kennediani non crede nessuno.

Gentiloni, si diceva, è andato oltre, dicendosi convinto che dopo le elezioni ci sarà un governo stabile, a guida Pd. Su cosa si basano queste convinzioni?

1- L’idea di andare a votare dopo qualche mese se il risultato del 4 marzo non consentirà alcuna maggioranza è ovvia, ma non percorribile. E per una ragione molto semplice. Il prossimo parlamento sarà ricco di gente arrivata lì quasi per sbaglio, qualcuno si dice abbia pagato per la candidatura, e che sa benissimo che, in caso di una nuova competizione, non sarà nemmeno ricandidata. Voteranno quindi qualsiasi cosa purché la legislatura vada avanti. Difenderanno le loro poltrone con le unghie e con i denti, come si usa dire.

2- Il Paese non ha affatto svoltato e non è sul punto di spiegare all’Europa come deve essere (narrazione renziana). Il Paese è in condizioni difficili, il suo immenso debito lo espone al pericolo permanente di collasso in caso di crisi della congiuntura. Quindi sta seguendo un percorso di risanamento molto difficile e necessariamente lento, molto lento. Nonostante i mille giorni, le aree di disagio sociale sono ancora vastissime (da dove vengono i voti dei 5 stelle?). Inoltre, anche in Europa si sta giocando un partita delicatissima, che vede per ora protagonisti Macron e la Merkel. Fatte le somme di tutto ciò, conclude Gentiloni, all’Italia servono stabilità, continuità e competenza. Insomma, meglio un governo con Padoan all’economia o Borghi Aquilini, Minniti all’Interno o Salvini, Gentiloni stesso o Di Battista agli esteri?

Gentiloni, cioè, sta dicendo che nei prossimi anni l’Italia si gioca una partita molto delicata e che l’unico partito che dispone di una squadra adeguata da mettere in campo è il Pd. E si spinge fino a dire: il lavoro che abbiamo cominciato necessita almeno di altri cinque anni per dare risultati apprezzabili.

In sostanza: se avete un po’ di sale in zucca, lasciateci finire il nostro lavoro. Tutte le altre opzioni sono salti nel buio, avventure, di cui il paese non ha alcun bisogno.

Alle varie tifoserie stabilire se sia meglio lui o Matteo Renzi, ma una cosa è sicura: questo di Gentiloni è il discorso che il Pd avrebbe dovuto fare al paese.