Energia, quando i cinesi ci diranno…sfida europea, Italia allo sbando

di Fedora Quattrocchi e di Emanuele Loreti
Pubblicato il 25 Maggio 2019 - 14:14| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Energia, quando i cinesi ci diranno...sfida europea, Italia allo sbando

Energia, quando i cinesi ci diranno…sfida europea, Italia allo sbando (Ansa)

ROMA – Energia: è uno degli argomenti più importanti e strategici che il Parlamento Europeo si ritroverà in agenda. O meglio: una montagna di energia necessaria a brevissimo per i paesi emergenti e con un tasso di mortalità infantile decrescente di anno in anno. 

Energia a basso tenore di carbonio si tratta, possibilmente prodotta in poco tempo e poco spazio, a parità di emissioni di gas-serra, tra le varie filiere in competizione (finora del tutto impari, senza un’unica Carbon Tax fissa almeno per 20 anni, che permetterebbe agli investitori di investire senza i paraocchi o i vincoli politici). 

Variabili “spazio” [m 2 ] e “tempo” [sec] che costituiscono parte della variabile “densità energetica” territoriale producibile low carbon [MWh/ettaro/anno] low CO2, ovvero variabili scientifiche che quasi mai vengono considerate nei documenti dei “politici” nostrani. L’energia ha delle unità di misura, non ““Green-economy” tout court, e non accada più, come accade da 20 anni, che il primo che alza la voce ha ragione! Le variabili “spazio” e “tempo” nella produzione energetica “low carbon” sono variabili sostanziali in un continente come l’Europa densamente popolato!

Negli anni a venire si avrà, secondo fonti autorevoli come l’ONU (da riformare anch’esso, per abbattere i conti dei ristoranti ed aumentare il numero di ricercatori ivi assunti), un aumento della popolazione umana, che ci porterà ad essere oltre 10 miliardi entro il 2050: questo significa che, già per il solo fatto di esistere, un umano necessiterà di energia=lavoro – in termodinamica – per soddisfare i propri bisogni, che certamente diventeranno sempre più grandi, non tanto in Europa quanto più in Africa e in Asia.

L’Europa giocherà un ruolo importante di “tutor-insegnante” nel campo energetico, in primis per la posizione geografica, che permetterà di “dialogare” abbastanza agevolmente sia con l’Africa che con l’Asia, e poi anche per il know how acquisito negli anni in questo settore, stante che le guerre per il suo benessere si combattevano altrove. 

E l’Italia? Sta perdendo tutti i primati: i premiati tecno-politici messi alla gogna. Magari compaiono sui giornali e i “politici” trentenni senza arte né parte neanche se ne accorgono. Noi italiani siamo fra i primi al mondo, oltre che sul nucleare, con il vecchio CNEN- ora ENEA anche per le tecnologie sul risparmio energetico: ciò è dovuto al fatto che, non avendo a disposizione grandi quantitativi di fonti fossili da utilizzare e avendo optato per l’abbandono del Nucleare dopo il referendum del novembre 1987, nel tempo abbiamo acquisito una grande maestria in quelle filiere energetiche nascenti, così come l’abbiamo acquisita nella progettazione di impianti idroelettrici, nei bei tempi dell’industria energetica di Stato, fin dai tempi di Giolitti.

Siamo stati i primi anche nella gestione delle linee elettriche o nel campo più nuovo del Capture Carbon Storage (CCS), estremamente potente per abbattere grandi quantitativi di gas serra in poco tempo ed in poco spazio. Si veda anche recente discorso della Merkel della scorsa settimana i cui esperimenti CCS son falliti semplicemente perché il sito scelto – Ketzin – per lo stoccaggio di CO 2 era a 300 metri di profondità, mentre anche gli studenti sanno che minimo si deve svolgere stoccaggio CO 2 almeno a 800 metri di profondità e con buon caprock.

Si ricorda che l’insegnamento universitario sulla tecnologia CCS in Italia – che non è foriera di voti ai politici perché connessa ai grandi impianti e non alla miriade di installatori di pale eoliche e pannelli solari della filiera delle rinnovabili, ognuno dei quali son 4 voti della famiglia ed annessi, è di fatto stato inaugurato solo all’Università Tor Vergata – Dip. Ingegneria.

Tra le tante innovazioni, quest’ultima – CCS ora più nota come CCUS (CO2 Capture Storage) potrebbe dare all’Italia un vero e proprio slancio sia in termini di ricerca sia sotto l’aspetto lavorativo, visto che, da oltre un decennio, Paesi come USA e Canada ci chiamano per dar loro supporto ingegneristico e geologico. 

Domani sarà la volta dei Paesi ormai economicamente emersi e sempre più stabili come Cina, India, Thailandia, Brasile, Nigeria e Sudafrica, tanto per citarne alcuni, i quali peraltro hanno già implementato le tecnologie CCUS, visto che hanno molte centrali elettriche a carbone a cui applicare il CCUS, che è una “tecnologia ponte” (“Bridge Technology”) strategica per tamponare il grosso delle emissioni dei gas serra, altrimenti solo con rinnovabili ed aumento della efficienza energetica il Pianeta non ce la può fare a seguire i dettami della Greta di turno. 

A breve, soprattutto in questa Legislatura europea a ridosso di conflitti enormi tra Cina e USA in campo tecnologico, con veti trasversali molto complessi e potenzialmente devastanti, avremo necessità di politici europei che “tendano la mano” agli esperti energetici veri, e non si arrocchino su poltrone magari guadagnate solo perché erano primi delle liste messe in ordine alfabetico (chi vuole capire e vuole redimersi lo faccia!). Servono tecno-politici che sappiano gestire situazioni complesse di approvvigionamenti energetici e materie prime, nonché gestire e quantificare economicamente i futuri, necessari, sussidi che si dovranno elargire ai gestori delle centrali termoelettriche VERE, ovvero quelle da migliaia di MWh per i molteplici paesi emergenti anche in seno all’Europa stessa.

Tali gestori avranno il difficile compito di garantire la stabilità del sistema elettrico, nel momento in cui l’imponente installazione di potenza di sistemi energetici alternativi a quelli fossili venga meno, per motivi legati alla naturale intermittenza delle fonti rinnovabili (solo 1500 ore/anno rispetto alle circa 8000 ore/anno delle grandi centrali elettriche) e la mancanza delle relative materie prime per lo storage di energia, ovvero i metalli e le terre rare per le nuove tecnologie, ora in produzione in miniere africane comprate dai cinesi, che potranno dire: “No containel ai vostli polti? No metalli pel voi”.

E’ del tutto inutile che politici emergenti trentenni attuali lo dicano nei convegni a ridosso del Senato, ora i cinesi le miniere se le sono “pappate” tutte. Fine dei giochi. Speriamo vivamente che chiunque tra gli odierni candidati sceglierà la Commissione ITRE (Industria, Ricerca e Energia) saprà avvalersi quantomeno di ottimi collaboratori così da avere i maggiori benefici possibili e si vada al dialogo con la Cina preparati e non con politici improvvisati. È opportuno che sugli scranni europei vadano a sedersi delle persone preparate tecnicamente, senza conflitti di interessi personali di tipo “fondazioni” pilotate su una sola delle filiere energetiche. Servono tecno-politici che riescano a riportare l’Italia in un ruolo centrale viste le grandi risorse che ha investito nella ricerca scientifica energetica dai primi del novecento ad oggi o meglio da Giolitti a Enrico Mattei ad oggi. Altrimenti siamo di fronte ad una imminente tragedia Europea.