Debito, tasse ed economia a pezzi: per Monti niente festa

di Salvatore Gatti
Pubblicato il 16 Gennaio 2013 - 09:58| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti (LaPresse)

ROMA – Ha proclamato Fitch, il 15 gennaio:

“Grazie al grande aggiustamento dei conti pubblici attuato nel 2012 [dal governo di Mario Monti], l’Italia è molto vicina alla stabilizzazione del debito pubblico”.

Un debito che, secondo la Oxford Economics è destinato non superare, nel 2013 e nel 2014, il 126,7 per cento del prodotto interno lordo. E’ quindi ora, per Monti e per il paese, di far festa.

Macchè! Come un rullo di tamburo, poche ore dopo, ecco la ferale notizia: la Fiat chiede due anni di cassa integrazione straordinaria per la ristrutturazione a Melfi (la Cassa riguarderà una linea produttiva alla volta e i lavoratori in servizio produrranno un solo modello, la Punto). “E’ per fare investimenti per un miliardo di euro”, comunica la Fiat. Ma la Fiom-Cgil non ci sta:

“Esprimiamo una forte preoccupazione perché ancora a oggi non si conoscono i dettagli degli investimenti”.

L’illusione di essere un paese normale dura pochissimo. Ma che accade in Italia, uno dei cinque, sfortunatissimi Piigs (gli altri sono Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna)? Vediamo, punto per punto.

Produzione industriale K.O. Nel novembre dello scorso anno l’attività segna un calo tendenziale ( il quindicesimo consecutivo!) del 7,6 per cento (record negativo in Europa, peggio persino della Grecia che segna un meno 3,1 per cento). E, nonostante un rimbalzino dello 0,4 a dicembre la media del 2012 si assesta su un meno 6,2 per cento. Perdono tutti i settori, a novembre, dalla disastrata gomma e plastica (meno 16,9 per cento) fino addirittura all’alimentare (meno 3,6 per cento).

Non solo, ma secondo la Banca d’Italia, una impresa su tre chiude i conti in rosso e nel 2012 ha tagliato il proprio personale. A causa della crisi, certo, ma anche del costo del lavoro e delle elevatissime tasse sulle imprese. Quanto agli investimenti da fare nel 2013 la linea è: massima prudenza, si naviga a vista.

Le banche, che sofferenza. Secondo Moody’s, in Italia c’è un difficile accesso al mercato per i finanziamenti e un forte deterioramento della qualità degli asset. E la situazione, evidente nel 2012, è destinata a peggiorare quest’anno. Anche se le situazioni patrimoniali sono state rafforzate, la prospettiva di un Pil negativo (il -1 per cento nel 2013) comporta la prospettiva di un aggravamento del sistema bancario italiano.

Disoccupazione in crescita. E’ soprattutto il dramma dei giovani, delle donne e del Sud. Ma, in prospettiva, secondo la Oxford Economics, c’è molto da preoccuparsi anche per la media nazionale. Se nel 2013 il livello dell’ “unemployment” balzerà al 12,1 per cento,dal 10,8 del 2012, aumenterà ancora nel 2014, senza contare i 520mila disoccupati mascherati dalla cassa integrazione. E quando quest’ultima finirà, le statistiche (dietro le quali si nascondono persone in carne ed ossa) registreranno un nuovo balzo.

Consumi in calo. Quest’anno i consumi privati caleranno dell’1,1 per cento; quelli pubblici del 2,2.

Il crollo degli investimenti. In Italia, gli investimenti fissi accuseranno un brutto colpo: caleranno del 2,9 per cento,

Esportazioni minime. Noi eravamo, fino al 2011, un grande paese esportatore; nel 2013 le nostre esportazioni aumenteranno solo di un risibile 1 per cento.

Il povero Pil. Date queste premesse, quest’anno il prodotto interno lordo non potrà andare molto bene. Per l’esattezza andrà male: calerà di più dell’1 per cento.

Inflazione e carrello della spesa. Se l’inflazione sembra destinata ad aggirarsi intorno a un modesto 2,0/2,5 per cento (nonostante abbia chiuso il 2012 al 3 per cento) l’aumento dei prezzi dei consumi abituali delle famiglie, appunto il cosiddetto carrello della spesa, potrà arrivare a circa il doppio. Se a queste cifre si aggiunge un nuovo fenomeno, la richiesta di poter pagare a rate le bollette della luce e del gas, aumentate, secondo Eni, del 48 per cento nel primo semestre del 2012, si sente il cattivo odore di una situazione “alla greca”, cioè di una grande sofferenza quotidiana delle famiglie. Siamo agli inizi, certo, ma non sembra proprio che siamo alla fine. Se non cambia la politica economica.

Ecco dunque gli effetti di un rigore senza crescita, di una politica economica limitata alla salvaguardia dei conti pubblici. Ecco l’eredità che il nuovo governo (Bersani o, più difficilmente, Monti II) riceverà. Con, per di più, i vincoli derivanti dagli oneri (solo fiscali? Si spera di no) assunti con l’obiettivo europeo di raggiungere, a partire dal 2015, un debito pubblico pari al 60 per cento del prodotto interno lordo in vent’anni.

Sono giorni, come diceva tempo fa Mario Monti, nei quali “può emergere un’Italia forte di cuore”. Non si può far altro che concordare. Solo che lo diceva proprio alla Fiat di Melfi, nel dicembre del 2012. Solo una sinistra coincidenza?