Crack demografico a Genova, spera di riprendersi ma sarà dura. Qualche anno fa “Il Foglio” dedicò una delle sue grandi pagine alla situazione demografica della Liguria. Il titolo era geograficamente beffardo: “Finale Ligure”, perché alludeva alla ridente cittadina del Ponente regionale. Ma si riferiva al rischio di estinzione della popolazione locale, da anni, da decenni, sempre più in calo.
Sono passati un po’ di anni da quella sentenza, che era molto precisa e dettagliata nello scavo delle cifre. E restringendo l’osservazione a Genova-Capitale, il finale genovese è sempre più drammatico. E stenta a trovare un svolta, malgrado i proclami iniziali del sindaco Marco Bucci, che aveva nei suoi programmi il ripopolamento.
In 50 anni Genova ha perso 250 mila abitanti. Nel 1971 rasentava i 900 mila cittadini. Oggi galleggiamo tra 550 mila e 560.
Il numero più da Finale ligure è quello legato all’indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra il numero di ultra sessantacinquenni ogni cento bimbi o ragazzi sotto i 15 anni.
Quel numero, che lampeggia come un record non solo italiano, oggi è di 240.
Ma ci sono altri parametri che misurano il finale. A Genova ci sono 57 mila cittadini in età avanzata e spesso avanzatissima, che vivono da soli, vedovi, vedove o altri rimasti senza nessuno in famiglia. Di questi oltre 32 mila sono ultra settantacinquenni. D’altra parte gli ultra ottantacinquenni sono diecimila. Una marea di anziani con i relativi problemi di assistenza a fronte di meno di 24 mila bambini tra zero e quattro anni.
Sono cifre impressionanti, che traguardano quel finale ligure e genovese statisticamente segnalato da anni, senza che la curva si sia mai girata in un’ altra direzione.
Flussi migratori in calo nel crack genovese
Da anni inoltre i flussi migratori, che in qualche modo attutivano la caduta demografica, si stanno riducendo e continuano a ridursi pesantemente, non fosse altro perché la crisi economica già prima della catastrofe pandemia aveva incominciato a rallentarli.
Con questi numeri lo scenario sociale diventa da allarme rosso. La prospettiva è quella di una società che avrà necessità sopratutto di assistere gli anziani.
Già ora l’esercito delle badanti e dei badanti, prevalentemente immigrati stranieri, in maggioranza dal Sud America, ma anche dall’Est Europa e dall’Oriente, è stato misurato con cifre impressionanti. Che rasentavano, tra regolari e irregolari, in 45-50 mila.
Un numero che si sta rosicchiando, perché la crisi ha appunto rallentato gli arrivi. E perché gli addetti di questo esercito silenzioso, operoso, necessario, invecchiano. Al punto che qualche anno fa una grande università Usa aveva inviato a Genova i suoi esperti. Per osservare come veniva affrontato in una delle città più vecchie del mondo il problema “dell’usura delle badanti”.
Chi assisterà le badanti che assistevano gli anziani, quando ne avranno bisogno?
Problema enorme con soluzioni sperimentali alla luce delle previsioni che fino a qualche tempo fa indicavano Genova avanti di quasi venti anni nel processo di invecchiamento rispetto al resto dell’Italia.
I tragici dati dell’epidemia Coronavirus hanno confermato tutto con la statistica sull’età dei decessi, più alta qua e in generale nel Nord Ovest italiano, che altrove.
Cosa ci si poteva aspettare di diverso rispetto a una realtà dove i centenari sono oramai centinaia e centinaia e dove sono parecchie decine oramai i cittadini che superano i 110 anni d’età?
Un grande esperto di gerontologia, il professor Ernesto Palummeri. È il geriatra che ha inventato praticamente la disciplina. Arrivando all’Ospedale Galliera negli anni Settanta, qualche anno fa aveva previsto l’anno critico dell’invecchiamento nel 2025. Quando avrebbero passato la soglia dei 75 anni le generazioni del boom post bellico.
A quel punto l’onda della vecchiaia sarebbe stata la più alta, destinata a scendere dopo, quando il numero degli over 75 scenderà necessariamente, perché le nascite, dopo quel boom, erano diminuite progressivamente.
Cosa fare per salvarci dal Finale Ligure? Gli esperti predicano la prevenzione, le cure anticipate, le ginnastiche fisiche e mentali per chi invecchia, già partendo dai cinquantacinquenni.
Ma l’orizzonte non può essere, comunque, quello di una popolazione anziana, per quanto allenata e ben assistita.
La potente de natalizzazione, indotta anche dalla pandemia, ha sicuramente aggravato la situazione, sbilanciando ancora di più gli indici, anche se il tasso di mortalità Covid avrebbe potuto ridurre un po’ la forbice, che sta tagliando i tempi del Finale Ligure.
Immigrazione e nuovi arrivi sono le prospettive che possono cercare di capovolgere un destino segnato al punto che il notissimo prete-politico Gianni Baget Bozzo, fedele del cardinale Giuseppe Siri e poi di Craxi e Berlusconi, prima di morire, aveva vaticinato per Genova una restringimento a 350 mila abitanti, cullati da una ottima qualità della vita.
A patto che – ma questo Baget non lo aveva detto – l’assistenza fosse adeguata e modernizzata.
In realtà la Liguria, isolata infrastrutturalmente e falciata dalla pandemia, spera ancora in iniezioni di ripopolamento. In nuove mobilitazioni, legate a ipotesi di sviluppo e di collegamento. Che permettano a questa società record per anzianità di ringiovanire. Sfruttando i tempi moderni, i rilanci del Recovery Plan, la migliore offerta di qualità di vita. Perfino lo smart working, che potrebbe agevolare la scelta di vivere qua per godersi il clima e il mare.
Un ruolo chiave lo giocheranno i nuovi collegamenti come quelli ferroviari del Terzo Valico, attesi per la fine del 2024, dopo un secolo di inutili speranze.
In Francia Bordeaux, in grande calo demografico e non solo, è stata salvata non solo demograficamente dall’alta velocità con Parigi.
Il 2024 diventa un anno chiave, prima di quel 2025 nel quale arriverà l’onda alta degli ultra settantacinquenni. Se Genova realizzerà quello che era programmato. Non solo infrastrutturalmente. Come un nuovo nodo ferroviario, i metrò lungo la costa. I riassetti di quartieri chiave come Cornigliano e Sestri. Dai quali si tende a scappare. E se saranno partite altre opere di sviluppo, come la Gronda, la grande diga portuale, la rinascita dei Caruggi. Forse quell’inesorabile Finale ligure si potrà fermare. Se no avrà avuto ragione, a posteriori, Baget Bozzo.