Genoa, la pista cinese. I tre emissari in occhiali scuri e scarpe fosforescenti

di Franco Manzitti
Pubblicato il 20 Maggio 2014 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA

enrico preziosiGENOVA –  Sono comparsi come ombre nella seconda fila della tribuna d’onore dello storico stadio genovese di Marassi, sulla riva del Bisagno. Erano tre, scortati da un interprete, vestiti sportivamente anzi troppo, occhiali scuri a rendere ancor più impenetrabile lo sguardo, mocassini fosforescenti. Li hanno sistemati alle spalle del presidente del Genoa, Enrico Preziosi, lo joker noto non solo perché padrone della squadra rossoblù, ma perché azionista “forte” (non si sa più quanto) della Giochi Preziosi e per questo soprannominato “Il Joker”.

Per fare posto ai tre mister x con gli occhi a mandorla Preziosi ha chiesto ad alcuni dei suoi fedeli supporter, tra i quali il noto “comunicatore”, titolare della Barabinoi&Partners, Luca Barabino, di arretrare di una fila la sua postazione, rompendo una catena scaramantica che di fatto non funzionava più: infatti il Genoa sotto gli occhi dei misteriosi cinesi, giovanissimi e ovviamente impenetrabili, ha battuto la Roma nell’ultima partita del campionato con un secco 1-0, dopo nove partite di astinenza dalla vittoria. Viva la Cina, allora?

Chissà. Più del finale di campionato e il saluto vittorioso ai tifosi finalmente pacificati, il segno del match è stato quello della improvvisa e inedita presenza cinese, ospite di Preziosi, che lavora molto nel paese asiatico, vi produce molti dei suoi giocattoli e va avanti e indietro per seguire i suoi affari ed ha contatti intensi con un mondo imprenditoriale cinese che guarda sempre di più verso l’Italia.

La novità, dopo tanti sussurri, è che ora i cinesi starebbero osservando anche il calcio, business italiano in grandissima sofferenza.
Ma perchè il Genoa, la squadra più antica d”Italia, la storia delo calcio italiano, ma in una città un po’ marginale, un pubblico fedelissimo ma ridotto, un bacino scarso e un marchio quasi inesistente nel mondo.

Altro che l’Inter oramai dell’indonesiano Thoir, il Milan pluri decorato, un po’ appetito dagli arabi, la Roma amerikana e via andare! La ragione dei cinesi a Genova con gli occhiali a specchio è una sola: Preziosi, che li ha invitati, ospitati e schierati, non dichiarando nulla di più che, letteralmente,: “Se son rose fioriranno”.
L’identikit dei tre giovanissimi è molto vago: sarebbero i rampolli di un grande gruppo finanziario impegnato in molti settori dell’industria cinese, in particolare l’acciaio, con un fatturato superiore ai 3 miliardi di euro.

La gita sarebbe stata organizzata, ovviamente dal Joker per mostrare il suoi gioiello calcistico, lo stadio e la città ai tre che si sono dichiarati entusiasti della partita, dello stadio, del clima e ovviamente del risultato che hanno propiziato senza saperlo con la loro presenza-ombra.

Unica obiezione che i tre avrebbero avanzato riguarda il fatto che il campo è circondato da recinzione e fossati e, quindi, il pubblico è separato per bene dal prato. Forse non sanno, i ragazzi cinesi, cosa è successo recentemente sulle griglie degli stadi italiani, a partire proprio da Genova dove si arrampicarono minacciando ogni violenza i serbi cattivi che fecero sospendere nel novembre del 2011 Italia Serbia e poi gli ultras locali che fecero spogliare della sacra maglia i giocatori rossoblu due anni fa, durante la partita con il Siena, nella quale il Genoa soccombeva vergognosamente per quattro a zero.

E sicuramente non erano al corrente dei fatti recenti di Roma-Napoli all’Olimpico e non erano in grado di leggere lo striscione di domenica sempre a Marassi nel quale si chiedeva la liberazione di Speziali, il ragazzo detenuto per la morte del poliziotto Raciti, caduto negli scontri tra tifosi e forze dell’ordine intorno allo stadio di Catania.

Le ombre cinesi, tornate in patria, riferiranno della loro impressione e allora si capirà se è stata solo una gita genovese, una parata organizzata dal furbissimo Preziosi o se c’è qualcosa di più. Se il tentativo di trovare un socio forte, che il presidente del Genoa in modo conclamato spinge da anni e negli ultimi tempi molto più inistentemente ha una possibilità in più dei tentativi falliti recentemente.

Due stagioni fa, calato il sipario su un campionato salvato per un pelo dalla retrocessione, Preziosi ingaggiò Pietro Lo Monaco, vecchia volpe del calcio italiamo, allora supermanager del Catania, che doveva diventare un socio di minoranza e il suo factotum. L’esperienza di Lo Monaco durò cinquanta giorni. All’inizio del campionato si era già separato, consensualmente, dal presidente Preziosi.

Un anno fa calato il sipario su un campionato salvato per due peli dalla retrocessione, con l’annuncio di Preziosi pronto a disimpegnarsi era comparso in società, nel ruolo di vice presidente e futuro azionista di maggioranza, Antonio Rosati, proprietario del Varese calcio, un giovane rampante che per un anno ha fatto a Genova solo tappezzeria. Ora sta cercando di comprarsi il Bari.

E oggi sono comparse le ombre cinesi in una situazione molto migliore sportivamente per il Genoa, salvato per tempo dal ritorno del suo allenatore di riferimento sicuro, Giampiero Gasperini, ma in grandi difficoltà economiche, con abissali esposizioni bancarie e un futuro di ristrettezze e di politiche necessariamente molto oculate, come lo stesso presidente e il suo amministratore delegato, l’operoso e silenzioso Alessandro Zarbano, sostengono chiaramente.

Il pubblico genoano, notoriamente definito non una tifoseria, ma una vera etnia, pari in Europa solo ai seguaci del Borussia Dortmund e a quelli del Manchester United per solidità del proprio dna, ha osservato i cinesi da lontano e con quell’atteggiamento tipico del ruvido understatment atavico del popolo zeneise e rossoblù.

Una volta, quando in porto arrivavano i bastimenti cinesi e nei caruggi comparivano i marinai venuti da quei mari così lontani, la corrosiva ironia genovese li definiva così in stretto dialetto: “Mia un po’ quei Ciu En Lai……”. Tradotto in italiano: ma guarda un po’ che arrivano quei Ciu En Lai, con l’allusione a uno dei grandi leader del movimento comunista cinese della fase post Mao.

I cinesi allora erano, dunque, l’espressione di un mondo lontano, impenetrabile, arroccato in una ideologia anche molto affascinante del libretto rosso che avrebbe attecchito anche profondamente nei movimenti di estrema sinistra dell’Italia post sessantotto, fino al punto che si additavano i più radicali di quei gruppi con la battuta: “Quello è un cinese”.

Oggi i cinesi compaiono nella veste di possibili padroni del Genoa Criket Foot Ball Club, fondato dagli inglesi e dai bon vivant della opulenta società di fine Ottocento. Così è cambiato il mondo e i genovesi caustici e calcolatori di monete, banche, tassi di sconto, possono anche ricordare che il grande scopritore della Cina, il veneziano Marco Polo fu prigioniero della Superba in un luogo vicino all’odierna sede del palazzo del porto, dove scrisse o meglio dettò a Rustichello da Pisa un libro memorabile, intitolato “Il Milione”. Di altri milioni, forse, ma molto forse, ora si parla in cinese a Zena.