Genova capitale del covid, ma Toti si prende tutti i poteri

di Franco Manzitti
Pubblicato il 22 Ottobre 2020 - 18:12 OLTRE 6 MESI FA
Genova capitale del covid, ma Toti (nella foto) si prende tutti i poteri

Genova capitale del covid, ma Toti si prende tutti i poteri

Il coprifuoco cala come una coperta nera alle 21 sui “caruggi” di Genova, i vicoli che sono il cuore colorato e pieno di profumi e odori della ex Superba.

Cala come una coperta su questa parte di Genova e sulla zona sud di Sampierdarena, una volta chiamata la “Manchester d’Italia”. Tra le ex strade di quella potenza marittimo-industriale e i nuovi terminal portuali, proprio sotto la Lanterna. E cala ancora proprio sotto il Grande Ponte nuovo di San Giorgio, nel quartiere della Certosa. L’ombelico di ogni disgrazia, il crollo del Morandi, la grande crisi della città spezzata, dove morivano negozi, aziende, bar, ristoranti e oggi ruggisce il covid 19.

L’ordinanza del sindaco Marco Bucci, che entra in vigore nella sera piena di pioggia e nuvole nere del 23 ottobre, è la misura più forte contro la corsa esponenziale dell’infezione. Che colpisce soprattutto questi tre luoghi simbolo della vecchia città. Già ripiegata nelle sue ultime difficoltà, tra crolli, alluvioni,frane, autostrade semi chiuse.

Ma ce ne sono altre, come la didattica a distanza, alternata al 50 per cento nelle scuole superiori. Dai mitici licei “Cristoforo Colombo”, nella zona cerniera tra la scenografica Circonvallazione a Monte e la città vecchia. All’”Andrea Doria”, nella piazza ombelicale della Vittoria. Al “Giuseppe Mazzini” di Sampierdarena. A tutte le altre scuole disseminate per il territorio genovese.

E poi c’è la misura varata dal governatore Giovanni Toti, che “vieta assembramenti” in ogni luogo della Liguria, con un provvedimento tanto generico quanto indefinibile.

Della Liguria si parla poco in questo autunno così duro. È balzata in prima pagina solo perché si scopre che il rapporto tra “positivi” e tamponi fatti è il più alto d’Italia. E così Genova capitale entra in classifica dietro Milano, Napoli, Roma. Come città metropolitana messa in ginocchio.

Ma ci sono altri numeri e altre angosce che da giorni piegano l’arcobaleno ligure e sopratutto la ex Superba.

Il 21 ottobre, il nuovo numero dei positivi era in Liguria di 907, quando nell’Italia intera se ne misuravano 10 mila. E di questi quasi 1000 nuovi infetti oltre 700 erano a Genova, dove i tre cluster del coprifuoco, i “caruggi”, Sampierdarena e Certosa sotto il ponte, sono in fibrillazione da giorni e giorni.

Sempre in quel fatidico 21 ottobre i ricoveri negli ospedali principali della città sono stati di botto 200 e i Pronto Soccorso assediati da colonne di autoambulanze, con i triage per scoprire se i malati erano possibili Covid addirittura fatti a bordo degli automezzi perché nelle sale mediche la fila era di ore.

La Liguria ha una popolazione di un milione e 300 mila abitanti, Genova di 600 mila: niente a che vedere con i numeri della Lombardia, del Lazio, del Veneto, della Puglia, della Campania. Eppure l’infezione qui galoppa con percentuali molto più alte, sopratutto a Genova, che è la città più “contagiata” di ogni altra in proporzione ai suoi abitanti.

Ma il dato non emerge. Rimane sotto quella coperta nera del coprifuoco, che si stende di notte per stoppare le movide e gli spostamenti nelle zone definite pericolose e individuate dalla Unità di crisi.

Baciato dal successo nelle ultime elezioni regionali del 21 settembre, dove la sua lista “Cambiamo” ha sbancato con il 22 per cento dei voti, stracciando anche il grande alleato della Lega, il presidente bis, Giovanni Toti, ha appena annunciato la formazione della nuova giunta regionale, con un motu proprio che ha tagliato la testa a un mese di litigi e discussioni, tra tutti i suoi sgomitanti alleati del centro destra, che ha riconquistato la Liguria: “Fratelli d’Italia”, la “Lega” e “Forza Italia”, sbattuta fuori dal Governo. “Una sberla a Berlusconi” _ hanno definito questa esclusione i leaderini locali di “Forza Italia”, sconvolti per il fatto che il presidente aveva snobbato le insistenti telefonate del Cavaliere, suo padre putativo politico.

Forza Italia “fuori”, un caso nazionale che incrina le nuove ipotesi di costruzione per un centro nazionale moderato che Toti sta cercando di costruire in Italia con Mara Carfagna e altri drappelli di ex “azzurri”.

Non solo la sberla a Berlusconi, ma in una situazione così totalmente emergenziale, il presidente trionfante si è tenuto anche le deleghe della Sanità e del Bilancio, accentrando su se stesso una specie di potere universale e emergenziale, che ha provocato i fulmini della Lega.

L’onorevole Edoardo Rixi, fedelissimo di Salvini, ha sparato a zero su questo accentramento, malgrado i suoi uomini siedano negli altri fondamentali assessorati di questa giunta e presiedano il Consiglio regionale.

Toti va avanti come un caterpillar. In marzo era stato il primo a chiudere le scuole, anticipando di due settimane il governo nazionale e poi si era sempre schierato in una posizione molto critica rispetto al governo Conte, fino a criticare un mese fa la decisione di imporre la mascherina anche all’aperto.

Ora, dopo l’ultimo Dpcm soft di Conte e in attesa del prossimo, la posizione del governatore ligure si è molto ammorbidita e la sua linea “aperturista” fila a fianco di quella del premier. Per ora.

In realtà le difese costruite dalla Regione contro la seconda ondata sembrano fragili. Non a caso l’assessore alla Sanità nella prima giunta Toti, la leghista di lunga militanza Sonia Viale, non è riuscita neppure a farsi rieleggere in consiglio regionale e oggi è sparita nel nulla.

Ha fatto da spalla a Toti per mesi nelle conferenze stampa quotidiane sul Covid, mettendoci la faccia, ma ora la sua clamorosa bocciatura la dice lunga.

Il leader scientifico, che ha sempre “coperto” Toti nell’Unità di crisi è stato il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica delle Malattie Infettive, il medico che ha portato in Italia il Remdesivir, farmaco discusso ma con cui hanno guarito Berlusconi e Trump, protagonista di una linea “ottimistica” sull’andamento della pandemia e che si è spesso scontrato in dure polemiche con i virologi e gli altri scienziati più preoccupati.

Ora i numeri genovesi e liguri spazzano via perfino queste diatribe. Bassetti spiega che la speranza ora, prima del vaccino, sono gli “anticorpi monoclonali”, la terapia “forte” che può cambiare la lotta al coronavirus.

Toti elenca tutte le mosse delle Asl per il tracciamento, le aperture di nuovi “punti” per i tamponi, un po’ in tutta la città e difende la sua “via mediana” tra la lotta al virus e la difesa dell’economia che vacilla sotto i colpi delle chiusure, con negozi che asfissiano, turismo in crisi, il porto stesso, polmone dell’economia non solo ligure, che minaccia stop.

Le sirene delle ambulanze straziano il silenzio della città di giorno e di notte, come accadeva in marzo e aprile. Chissà se la coperta nera del coprifuoco, i divieti, le limitazioni, le alternanze scolastiche copriranno la diffusione del virus, che ha riportato inopinatamente Genova tra le città metropolitane leader, con un primato del quale la Superba avrebbe volentieri fatto a meno.