Genova verso i 300 mila abitanti, senza industrie, invasa dai descamisados

di Franco Manzitti
Pubblicato il 18 Luglio 2017 - 06:08 OLTRE 6 MESI FA
Genova verso i 300 mila abitanti, senza industrie, invasa dai descamisados

Genova verso i 300 mila abitanti, senza industrie, invasa dai descamisados

Il primo segnale è un po’ macabro, ma poi si capisce bene perchè: la pagina più importante di cronaca del giornale più diffuso, “Il Secolo XIX”, stampa da mesi e mesi la pubblicità per l’acquisto di loculi nel monumentale cimitero di Staglieno, quello che un tempo era una grande attrattiva turistica. E la società delle pompe funebri è una delle più attive nelle inserzioni pubblicitarie televisive: brevi spot, molto “indiretti” e annunci soft, ma insistenti.

Cosa succede a Genova e in Liguria di tanto allarmante da muovere il business del “caro estinto” con tanta solerte attenzione sui mezzi di comunicazione? Semplicemente che questa è la regione più anziana d’ Italia e d’Europa e che Genova, la capitale, viene considerata dall’Unione Europea un vero “test” di invecchiamento, mentre l’autorevole “New York Times” manda i suoi inviati non solo a scoprire il gusto del pesto e della sobria cucina genovese, fatta di farinate e di ripieni di verdure, ma la definisce anche “una città per soli vecchi”, magari dal palato buono, ma sempre anziani, eccome.

E i numeri , tutti i numeri, rinsaldano questi primati, che allertano i business macabri, ma anche i ricercatori della terza ed ora della quarta età. La Liguria è l’ottava regione italiana per Pil pro capite, qundi va considerata ricca con una cifra intorno ai 300 mila euro pro capite, ben superiore alla media dell’intero Nord Ovest. Secondo Bankitalia i liguri stanno sopra di 100 mila euro alla media nordista. Ma è anche la più vecchia e fa gola agli studiosi di mezzo mondo, come Blitzquotidiano aveva già raccontato, perchè qui lo studio di questo invecchiamento è più facile e concentrato: basta pensare che Genova, con i suoi attuali 856 mila abitanti, è pur sempre la sesta città italiana e che Savona con i suoi 280 mila è, secondo Eurostat, la provincia con l’età media degli abitanti più alta al mondo: il 28,1 per cento ha più di 65 anni. E’ una media che sta salendo vertiginosamente e che proiettata sulla intera Liguria fa salire il famoso tasso di invecchiamento, rapporto tra gli over 65 e gli under 14 anni, al 238 per cento.

Non ci sono in Europa esempi di potente invecchiamento simili, se non, come scrive in una pagina intera “Il Foglio”, definendo la Liguria “Infelix”, a Hoyerswerda, città della ex Germania Orientale, dove la popolazione si è dimezzata e sono rimasti i vecchi. Ma Hoyerswerda è in un angolo senza futuro nel cuore dell’Europa. Genova e la Liguria sono nel cuore del Nord-Ovest, affacciate sul Meditterraneo, con un porto, quello di Genova, strategicamente fondamentale per le rotte da Suez, con fondali invidiabili per gli attracchi delle supernavi, nuove rotte rilanciate, come la via della seta in arrivo dalla Cina, con un altro porto in costruzione, come quello della stravecchia Savona, che una recente riforma di legge ha unificato a quello di Genova, formando una potenza infrastrutturale che potrebbe far concorrenza ai porti del Nord Europa, se solo i collegamenti con l’entroterra, la Padania, la Svizzera e via in su, verso il Nord Europa, fossero veloci e finalmente realizzati, non solo chiaccherati….

E poi, di questi tempi, questa “Liguria infelix” sta diventando la meta di nuove potenti ondate di turismo, dirottate qua dalla paura planetaria del terrorismo islamico, che “chiude” le vie per le altre mete concorrenziali. Genova si riempie di turisti e le riviere esplodono oramai da mesi. Si strangolano le autostrade, costruite negli anni Settanta, si riempiono le spiaggie in assalti veri e propri dalle periferie delle grandi città del Nord, al punto che si parla già di numeri chiusi e di arenili blindati.

Insomma, il business dell’accoglienza dovrebbe superare quello del caro estinto, eppure questo non avviene, anche se i nuovi governanti di destra, che stanno conquistando la Liguria e le sue città più importanti come appunto Genova, Savona, Spezia, si sono inventati perfino di stendere red carpet, tappeti rossi veri e propri, per collegare le perle turistiche come Rapallo, Santa Margherita e Portofino, invitando i turisti . E i turisti abboccano, non solo i russi e gli arabi dei grandi yacht megagalattici che riempiono la baia da sogno di Portofino e sbarcano magnati dal portafoglio gonfio di dollari e euro e, pur di conquistarsi un tavolo sulla mitica piazzetta, sono pronti a elargire mance di decine di miglia di euro per potersi sedere in uno dei pochi restaurant con vista Paradiso. E magari questi superturisti si sentono pure dire di no da osti portofinesi, adusi a ogni cliente e già capaci di far aspettare in piedi il posto a gente come il duo Berlusconi-Craxi di qualche lustro fa .

Ci sono, a invadere questa Liguria infelix, i ricchi Paperon de Paperoni della nuova economia del Bric rilanciato, ma anche i desperados delle periferie di Milano, Torino e del Nord che per 6 dollari “all inclusiv” si fanno trasportare da torpedoni stracarichi in partenza all’alba verso le spiaggie del Ponente ligure, dove i vigili locali li affrontano con cancellate e lucchetti, pur di fermare quella che è un’invasione.

Se vai a vedere la spiaggia libera (si fa per dire) tra Laigueglia e Alassio, provincia, appunto, di Savona, ti sembra di sbarcare in un altro pianeta: più di mille bagnanti prevalentemente immigrati sudamericani, equadoregni, ma anche boliviani, peruviani, accatastati in pochi metri di sabbia, in un mix andino di razze che cercano niente di più di una giornata al mare per sfuggire al cemento rovente della città, diventata la loro patria, aspettando a 35 gradi lo ius soli.

Eccole, allora tutte le contraddizioni di questa terra presunta “infelix”, che diventa per posizione geografica e percorsi commerciali appetibilissima, ma che è al suo interno “secca”. “rinsecchita”, “invecchiata” con una tasso di natalità in caduta libera oramai dagli anni Settanta, i giovani e oramai anche i quarantenni, cinquantenni in fuga a caccia di lavoro, piena di badanti (le cifre ufficiali parlano a Genova di almeno 40 mila ), appunto pensionati e single, altro dato dell’avvoltolamento famigliare.

Se ti avventuri per i grandi viali dei nobili quartieri residenziali genovesi, ma non solo lì, perchè l’osservazione si allarga oramai a tutta la città anche nelle vallate della old economy trapassata in altre forme di produzione- grande distribuzione, da Ikea a Roi Merlin a Mercatone Unico, a Unieuro, il pubblico più frequente è composto da anziani spinti su carozzelle da badanti di tante razze diverse o accompagnati al braccio o per mano, che percorrono in quel modo le strade della loro vita oramai sul viale di un tramonto forse inimmaginabile.

E quel contrasto non solo di età, ma anche di razze, sullo sfondo di scenari anche diversi, fa una certa impressione: la bionda e giunonica ragazza russa che conduce quel signore di nobili e consunte fattezze, conosciuto come uno dei commercianti più affermati della città, nella più centrale piazza cittadina o l’ex operaio specializzato, ex sindacalista, un tempo di voce tonante e piglio inattaccabile, sospinto in carozzella nel bel mezzo del quartiere operaio per eccellenza, la fu Stalingrado d’Italia, da una ragazza dalla pelle non nera, nerissima e anche dall’abbigliamento pieno di colori, contro il grigio dei Cantieri navali, che si stagliano in fondo alla piazza, contrasto quasi di urto fisico tra quel che era e quel che è: l’era industriale del fordismo cavalcante, dei fiumi di tute blù contro l’era di oggi, detta della “peste bianca”, cioè della malattia demografica apparentemente inarrestabile, traboccante nel tempio del vecchio operaismo che non c’è più.

Perchè non è solo questione di tassi di vecchiaia, di potenza di invecchiamento, di caduta anagrafica verticale, 540 mila over 60 su una popolazione di un milione e mezzo, ma è po’ come se tutto si spegnesse lentamente, ma inesorabilmente, non solo gli anni degli ex protagonisti.

Quando Genova e la Liguria, allora potente lato del triangolo industriale, hanno incominciato a invecchiare, quando queste esplosive contraddizioni hanno incominciato a costruirsi qui, sulla riva dolce del Mediterraneo un tempo più trafficato? Beh, uno che se ne era accorto forse già per tempo era stato Giovanni Paolo II, papa Woityla con i suoi anatemi degli anni Ottanta sull’avarizia e sulla sterilità della popolazione. D’altra parte uno che Genova la conosceva bene, il cardinale-principe Giuseppe Siri, aveva già messo il dito nella piaga, denunciando l’”edonismo” dei costuni, inclini al materialismo. Genova invecchiava già da tempo e si inaridiva: era la città con più televisori, più beni di consumo, dedita massicciamente agli acquisti per la cura del proprio corpo (invecchiato o invecchiabile) e si avviava su quel viale delle carrozzelle, dei badanti e dei bastoni o stampelle per camminare più sicuri, che quasi elenchi uno dopo l’altro, in quei quartieri dello sbilanciamento demografico a picco.

Non è solo l’anagrafe “umana”, la demografia statistica, il boom degli aborti record in Italia, delle pillole Ru, che ingolosiscono gli osservatori mondiali dell’invecchiamento e della frenata demografica. Ci sono quei giornalisti che vengono a capire e ti chiedono lumi e, infine, strabuzzano gli occhi con un “wonderfull” o un altisonante “superbe”, a seconda della nazionalità in avanscoperta, se è il “Guardian” inglese o se è “Le Monde” transalpino, che li ha mandati a investigare, alla notizia che nelle ultime elezioni comunali gli elettori ultracentenari erano 440.

Niente figli e niente capitalismo. Crolla il numero delle nuove imprese aperte da under 35 anni. Come scrive ancora “Il Foglio”, nella documentatissima inchiesta di Giulio Meotti, erano state quasi mille nel 2015 e in un anno sono scese a 801.

Sulle 5200 aziende iscritte in Italia alle Camere di Commercio, la Liguria ne registra solo 85, dice a “Repubblica” Carlo Castellano, presidente di Dixet, un grande manager, ex Iri, drammaticamente gambizzato dalle Br nel 1979, che da anni sta lottando per lanciare a Genova il villaggio di Erzelli, una centrale hig tech sulla collina sopra Sestri Ponente, proprio il luogo dove abbiamo visto sfilare la carrozzella del vecchio sindacalista.

Ma anche qui la lotta è dura, perchè questa specie di motore, che potrebbe partire mettendo insieme ( e in parte ha già messo) sulla collina le industrie dell’ hig tech, Eriksson, Siemens, la Liguria Digitale, azienda informatica fino a ieri diretta dal nuovo sindaco di Genova, Marco Bucci, eletto a destra con gran scompiglio, sta ancora in bilico tra due insediamenti chiave: quello di un ospedale moderno e privato per il quale si è candidata la potente Humanitas di Milano e la nuova Facoltà di Ingegneria di un nascente e sognato Politecnico genovese. Solo che gli ingegneri stanno dibattendo da dieci anni se salire o no sulla collina del futuro giovane o restarsene nell’elegante quartiere di Albaro, uno di quei gerontocomi residenziali, dove abitano e studiano, in una fantasmagorica villa seicentesca con parco annesso. E in questo trasloco atteso da un decennio stanno appese molte delle domande genovesi.

Eccole qui di nuove le maxicontraddizioni zeneisi: l’acquattamento nelle pieghe ricche e tranquille del tempo che fu o il salto in sù, nel quartiere nuovo e scintillante dove tentare di costruire il futuro?

La “peste bianca” avanza come una vera epidemia, perchè mina la società dalle sue fondamenta profonde, non solo si concepisce e si nasce sempre meno, ma ci si sposa anche sempre meno, le famiglie si riducono ed è per questo che dominano i single e il futuro è di nonni a ripetizione che gravano e graveranno su pochi nipoti. La “peste bianca”, che gli esperti vengono a studiare quasi in vitro, spediti dalle Università dell’Arkansas e del Michigan, distrugge le scuole e gli asili, sfronda il numero degli alunni classe per classe. Le scuole cattoliche hanno chiuso quasi tutte, dai Gesuiti dalla Arecco, la fucina della classe dirigente anni Sessanta-Settanta, ai barnabiti del Vittorino da Feltri, dove studiava il jet set, alla Asuncion delle suore francesi della bella società, ai Maristi del quartiere di Albaro. E lungo l’arcobaleno ligure è anche difficile nascere, perchè hanno chiuso molti reparti di ostetricia, da Imperia, a Sarzana.

Torna a galla, così, la storica profezia di un personaggio che Genova ha dimenticato un po’ in fretta, don Gianni Baget Bozzo, braccio destro di Siri come sacerdote, suggeritore politico del primo Berlusconi come politico, cui la tonaca non aveva vietato di diventare eurodeputato del Psi. Baget Bozzo in anni insospettabilì vaticinò: “Genova diventerà una città di trecentomila abitanti, senza industrie, senza futuro, dove si vivrà benissimo per la qualità della vita e arriveranno tanti turisti.”

Don Gianni non aveva previsto, però, che l’invasione sarebbe stata tanto trasversale: dagli sceicchi e dai magnati ucraini pieni di petrodollari ai descamisados sudamericani che si tuffano nel mar Ligure al prezzo modico di sei euro. Ma questa, signori, è la globalizzazione.