I cattolici alla vigilia del concistoro: donne prete e preti sposati? la Chiesa di Francesco lontana dai partiti

I cattolici alla vigilia del concistoro: donne prete e preti sposati? la Chiesa di Francesco lontana dai partiti: una analisi della evoluzione di fedeli

di Franco Manzitti
Pubblicato il 28 Agosto 2022 - 08:43 OLTRE 6 MESI FA
Chiesa di Germania vicina allo scisma? i temi caldo sono: addio al celibato dei preti, sì alle donne prete, benedizione delle coppie gay. “Obbediamo a Dio non a Roma”

Chiesa di Germania vicina allo scisma? i temi caldo sono: addio al celibato dei preti, sì alle donne prete, benedizione delle coppie gay. “Obbediamo a Dio non a Roma”

Ma dove vanno i cattolici in questa folle campagna elettorale italiana e più in generale dove vanno i cattolici?

Negli anni di Papa Francesco, sono contesi non solo in Italia, ma un po’ in tutto il mondo occidentale. Dalla America di Trump che cercava di saldarsi con l’evangelicalismo suprematista, provocando l’odio ecumenico. All’Europa dove il cattolicesimo orientale è servito a tenere insieme maggioranze che hanno disegnato non democrazie aperte, ma regimi.

Come in Ungheria, come in Polonia. Come aveva cercato e cerca di fare in Italia Salvini Matteo, con i suoi vangeli sventolati, con i rosari impugnati come spade. E ora con lo slogan “Credo”, che diventa la sua bandiera per rincorrere Giorgia Meloni nella supremazia della Destra, data per vincente tra poco meno di un mese.

Allora dove vanno in questo mondo, dove il ruolo della Chiesa Cattolica fu romana? Che poi romana lo è sempre meno, mentre si prepara il Concistoro più rivoluzionario di sempre, è come su un altro pianeta?

Decifrare il ruolo della Chiesa e dei cattolici nel match, già praticamente deciso tra Destra, Sinistra e il presunto terzo Polo, diventa così molto difficile

Certo si può partire da qualche esempio un po’ incoraggiante e un po’ scoraggiante. Nelle ultime elezioni comunali italiane, a Verona ha vinto Damiano Tommasi, conquistando una città che era sempre stata in pugno alla Destra. E quella vittoria a sorpresa ha un lievito cattolico chiaro, anche se per nulla dichiarato.

Basta osservare come il Tommasi, ex calciatore, ex sindacalista dei calciatori si sia mosso nel solco di una solidarietà cattolica. Fortissima attraverso le associazioni del terzo Settore, del volontariato. Senza mai dichiararsi militante cattolico, anzi tenendo forte la distanza dalla Chiesa ufficiale. Scansando ogni meccanismo di comunicazione che potesse sfruttare parrocchie, preti, associazioni, mobilitazioni ecclesiastiche.

Ha usato, quel candidato vincente, un meccanismo nuovo di comunicazione, tenendosi anche molto a distanza dai palchi dove arrivavano, per esempio, i leader del Pd a dichiarare di spalleggiarlo. Non si è mai fatto fotografare vicino a loro, non ha mai usato nulla di quei partiti, di quegli apparati.

E ha vinto nettamente, con un lavoro silenzioso e penetrante nelle pieghe della società, che dovrebbe essere il terreno fertile dei progressisti, di quella che una volta era la Sinistra. Dove ora quel mondo ha perso totalmente le coordinate.

Tommasi non ha usato la vecchia propaganda cui facevano ricorso i candidati a caccia di voti, tra incenso, sacrestie e altari. Anche perché quelli che ci hanno provato e che ora ci proveranno faranno un colossale buco nell’acqua. Come lo faranno anche le Destre, che cercheranno di sventolare la bandiera dei valori, con la retorica classica famiglia-società-vita, su cui si è costruito un castello ideologico che non esiste.

Una nuova strada per i cattolici

C’è una nuova strada, dunque, ma pochi oltre al veronese Damiano Tommasi la sanno trovare. La parola magica “inclusione” non porta consensi, anche il più disinformato degli ecclesiastici con fregole di indirizzare la politica l’ha capito. La formula inclusione-accoglienza funzionava decenni fa, con gente come Andreatta, Onida e più recentemente con personaggi come David Sassoli. Ora non funziona più, anche perché i testimonial non hanno quello spessore.

E poi c’è il Papa Francesco che non sembra avere una grande stima per i vescovi italiani possibili ispiratori di scelte politiche.

Magari li sceglie, ma poi si pente e li fa fuori. Si veda quello che accade nella Cei, dove ora il capo è quel Matteo Zuppi, cardinale non per caso, anche se italiano, scelto dal papa, e amico di Sassoli e ispiratore di Tommasi.

Zuppi è la dimostrazione che il principio dell’eccezione che fa la regola non muore mai. Lui, prete italiano, nato a Roma, vescovo a Bologna, insignito della berretta cardinalizia malgrado queste targhe, ha la fiducia e la stima del Papa. E lui va al meeting di Rimini a spiegare che la Chiesa se ne sta ben fuori dalle contese elettorali.

Ha altro cui pensare la Chiesa cattolica fu romana. Altro che manovre vaticane, intese con i partiti come quelle “storiche “ del cardinale Camillo Ruini, vescovo di Roma, presidente della Cei all’epoca berlusconiana. La cui sottana color porpora, sventolava così bene nei corridoi politici. Della Destra ovviamente.

La Chiesa di Francesco e di Zuppi e dei suoi fedeli è su altre strade, più lontane nel mondo e più vicine alla sofferenza degli ultimi. Dove i partiti neppure sanno come parlare e muoversi. Francesco nega il cardinalato ai vescovi che stanno nelle diocesi più difficili o più storiche. La Milano, di Delpini, nel centenario del cardinale Martini. La Venezia del patriarca che non ha più la berretta, né le insegne porpora. Né la Genova sempre consacrata ai principi della Chiesa, come Giuseppe Siri, poi Dionigi Tettamanzi. Poi Tarcisio Bertone, diventato pure segretario di Stato. Poi Angelo Bagnasco, predecessore di Zuppi per dieci anni alla Cei.

Francesco nomina cardinali i più lontani nel mondo e li schiera alla fine di agosto in un Concistoro epocale, nel quale si disegnerà una storia diversa della Chiesa. A partire dalla nuova legge canonica, che stabilisce quello che fino a Benedetto XVI era intoccabile: la rinuncia del papa.

In quali condizioni, con quali tempi?

La Chiesa ha altri problemi che le elezioni politiche e i candidati da indicare dopo una genuflessione e, magari, una super elemosina.

Oggi vanno in chiesa in Italia non più di 6 milioni di fedeli per la messa domenicale. Sempre meno. Cosa vuol dire in termini elettorali? Che quello che si crede rappresentativo del cattolicesimo è una piccola scintilla, un barlume che viene moltiplicato dai social e dalla vanità. Non pesa, non conta perché non trasmette nulla della complessità cattolica che oggi le gerarchie cattoliche, il vescovo, il parroco, il prete di frontiera non possono certo rappresentare.

Per questo Zuppi vola alto a Rimini, davanti ai giovani di Comunione e Liberazione che chiedono sponde, magari per spingere la Meloni. Per questo il papa non crea cardinali quelli che se lo aspettano nelle cattedrali piene di tombe di porporati dalle insegne storiche.

Certo è difficile seguire i cattolici in un contesto come questo. Dalla Germania i vescovi modernisti hanno di fatto già consumato uno scisma, preparando il Sinodo che il papa ha voluto. Hanno chiuso al celibato dei preti e lanciato il ruolo femminile nella gerarchia ecclesiastica. E Roma farà quel che vuole.

Il papa non ha mai accolto quelle modernizzazioni

La liturgia subisce attacchi come quello del giovane sacerdote (poi pentito) che celebra la messa su un materassino trasformato in altare in mezzo alle onde. Il Concistoro dimostrerà che la Chiesa ha tempi lunghi per le sue decisioni ed ancora di più un lavoro in profondità nella società umana.

Allora ha ragione Zuppi, che vola alto, indica nelle periferie, nella povertà che cresce, i terreni dell’azione dei cattolici. “Leggete l’enciclica Fratelli tutti“ ha intimato Zuppi “dove si indica al cristiano la via dell’amicizia sociale verso ogni uomo e alla politica viene chiesto di avere come anima una carità sociale.”

Altro che i partiti, le elezioni, l’astensione, i rosari di Salvini, il suo “Credo” e dall’altra parte dell’ Atlantico le estremizzazioni della evangelizzazione.