Doppia sfida dei Malacalza: contro Tronchetti Provera e per il Genoa

di Franco Manzitti
Pubblicato il 3 Settembre 2012 - 07:35 OLTRE 6 MESI FA

Due partite in una, anche se gli avversari sono molto diversi, quasi opposti e anche se i match sono assolutamente imparagonabili vedono protagonisti Vittorio Malacalza e il suo gruppo, che improvvisamente  escono dall’ understatement classico che impiomba Genova e i genovesi anche se loro vengono da un’altra genia, con le profonde origini piacentine e la patria a Bobbio, sul riservato Appennino ligure emiliano. E si trovano in mezzo al doppio tornado della autentica battaglia finanziaria contro Marco Tronchetti Provera dentro la Camfin e GPI, di cui sono soci forti e oggi oppositori e, dall’altra, della presunta trattativa per comprare da Enrico Preziosi il Genoa, offerto con tanto di prezzo modico di 40 milioni, dal patron che vorrebbe (condizionale d’obbligo) disfarsi della società rossoblù ma intanto furoreggia con fuochi artificiali nel finale del calcio mercato.

Malacalza abita a Genova in una splendida villa nel quartiere riservato di Albaro con dependance tanto eleganti che ci visse il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, all’epoca del suo famoso “contro mano” in autostrada, episodio tanto devastante da far rivelare, nelle sue ricadute, anche i particolari più privati della sua vita, compresa la residenza in comodato presso un amico che affittava, appunto, casa Malacalza.

Malacalza non è genovese, ma di Bobbio, subito oltre la displuviale dell’Appennino, anche se si è molto omologato allo stile cittadino, salvo la sua capacità di “fare intrapresa”, come sostiene recitando il proprio convinto “mantra” imprenditoriale nelle poche apparizioni pubbliche, predicando una filosofia che a Genova è morta è sepolta sotto le macerie dell’Industria di Stato, del suo indotto, sotto le ambizioni prevalentemente palazzinare o mattonare di una borghesia che sembra chiusa in un fortino.

Nell’estate della grande crisi le notizie che urlano di più non sono la “fuga” di Ansaldo Energia dalla galassia di Finmeccanica, pronta a venderla alla Siemens, il no dell’Università al trasferimento di Ingegneria nel nuovo quartiere hig tech di Erzelli, dove vanno Eriksson e la stessa Siemens, il patatrac del settore sanitario con la chiusura del centro avanzatissimo di Biotecnologie nel cuore del decadente Ospedale di san Martino, un tempo noto per i suoi diecimila letti, il più grande d’Europa, oggi ridotto ai minimi termini tra tagli, fusioni e “fughe” di pazienti e medici di una eccellenza che non c’è più.

Le notizie che scuotono la città sono il crollo verticale del prezzo delle case, più vertiginoso che nel resto d’Italia, oltre il 20 per cento a metro quadro, nello sprofondo dei caruggi, ridiventati puzzolenti e pericolosi, come denunciano anche illustri abitanti trendy, quali la Jena Luca Bizzarri, notissima star tv (“Non sopporto più la puzza di piscio davanti a casa e il degrado dei vicoli dove abito….”), ma anche nei quartieri alti.

La città, un tempo anche urbanisticamente Superba, scopre che i costruttori non hanno capito dove crollava il mercato e hanno tirato su, per esempio nel quartiere cerniera tra porto e città di San Benigno, torri che resteranno vuote e la cui destinazione residenziale viene in fretta e furia convertita da stravolti funzionari comunali in uffici e servizi. Inutilmente, perchè anche uffici e servizi restano vuoti miseramente.

In questo ground zero delle prospettive di sviluppo, il gruppo Malacalza si erge dalla cintura in su per iniziativa e forza, come dicono e ripetono loro, nella capacità di fare impresa. Ma sono costretti a farlo lontano da Genova.

La disfida con Tronchetti Provera, durissima per gli alleati che l’uomo Pirelli può schierare in difesa della sua compagine azionaria (da Moratti a Acutis) giocata non solo in Camfin, ma anche, ovviamente in Gpi, la cassaforte di riferimento dove Tronchetti ha il 57 per cento attraverso Mtp Sapa e Malacalza il 20 per cento, Moratti il 6,5 e Pirelli, il 5 e in Prelios, l’immobiliare del secondo strappo genovese (poi ricucito in seconda battuta), sembra una battaglia di giganti se la osservi da Genova, dove si assiste solo a tumulti dei ciompi o a arretramenti nelle retrovie di un sistema economico-istituzionale che non è riuscito a trovare, nel campo di macerie del terreno post industriale dismesso, la miseria di 20 mila metri quadrati che Malacalza chiedeva per costruire uno stabilimento affacciato sulle banchine.

L’operazione serviva al Gruppo per montare e spedire via mare i superconduttori di una delle sue aziende di punta. Occupazione garantita ad almeno 150 unità, senza calcolare l’indotto e il vantaggio di far lavorare l’imprenditore più pimpante. L’affare, invece, lo ha fatto il comune di La Spezia, con il suo sindaco Federici del Pd, capace di sveltire la pratica in 20 giorni.

Ma la battaglia Camfin è anche una disfida nella quale c’è tutto il carattere di Vittorio Malacalza e dei suoi due figli Mattia e Davide, eredi già più che lanciati, tra Genova-Milano e Ginevra, nelle imprese di famiglia.

Battaglia dura molto di più di quella contro il gruppo armatoriale Messina nell’operazione Ferrania, dalla quale Malacalza è uscito, dopo avere progettato di costruire una acciaieria nell’entroterra di Savona, molto di più delle discussioni con altri forti gruppi come i Rimorchiatori Riuniti di Genova, partner in una flotta di navi e nell’operazione-illusione di dieci anni fa per entrare in Ansaldo Energia, battaglia forse del livello mediatico almeno pari di quella per il salvataggio del San Raffaele di don Verzè, dalla quale i genovesi-piacentini sono usciti dopo una forte esposizione.

Mentre tutta la comunità degli affari meneghina osserva con molta curiosità la battaglia in Camfin e calcola l’ipotesi remota che Malacalza voglia lanciare un’Opa, che sarebbe come andare a sbattere contro un muro, vista la santa alleanza che Tronchetti ha subito blindato intorno al suo pacchetto azionario, a Genova guardano il match con un occhio solo. Sarebbe dare troppa importanza all’imprenditore di fatto più forte in città, al più liquido, insieme con la famiglia Garrone, non a caso quella più in sintonia con Malacalza. Le due famiglie partecipano economicamente anche alla cooperativa che stampa il quotidiano storico “Corriere Mercantile” e il settimanale “Gazzetta del Lunedì”.

Sarebbe riconoscere una leadership nel mondo imprenditoriale che la stessa Confindustria Genova ha negato, quattro anni fa, quando ha preferito mettere alla sua presidenza il giovane Giovanni Calvini, import export di frutta secca, imparentato con i Costa, piuttosto che l’ allora voglioso Vittorio Malacalza, schierato dallo stesso Garrone, ma fermato da quella che era indicata come la lobby del mare in Confindustria.

A dire di no a Malacalza presidente era stata una linea di fuoco che raggruppava i terminalisti, potenti padroni delle banchine private, i riparatori navali e perfino gli iscritti all’Associazione di Finmeccanica, allora fortissima con Fincantieri, Ansaldo Energia, oggi un po’ meno influente e in defilamento genovese.

Pendere troppo dalle labbra di Malacalza sarebbe stato tradire la terribile tendenza locale dell’invidia strisciante, verso chi ha successo fuori le mura, come se l’Appennino fosse la muraglia invalicabile che appare anche alla luce della incapacità di “bucarla” fisicamente con il Terzo Valico, opera infrastrutturale già progettata, già finanziata per quasi due miliardi di euro, fondamentale per lo sviluppo del porto e che si infrange sui prati in salita della Valpolcevera e nelle valli basso piemontesi per l’opposizione stile Nimby e Banana (gli acronimi: Not In My Back Yard e  Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything……) oramai cavalcata dai No Tav e da decine di comitati che si autorigenerano sull’asse Genova-Milano.

Non sia mai detto: avere tanto successo e proprio a Milano dove lo stile e gli approcci sono così diversi da quelli della Repubblica marinara!

A Genova Malacalza fa più notizia per l’altra contesa, se così si può chiamarla, perchè il suo nome è stato accostato a quello del Genoa che all’inizio dell’estate il suo presidente, Enrico Preziosi, deluso dai risultati tecnici e “piegato” dalla vicenda delle magliette da gioco che la squadra in campo contro il Siena aveva dovuto consegnare ai tifosi imbufaliti da una prestazione indecente (0-4 in una partita decisiva per salvarsi), aveva messo in vendita.

L’indiscrezione che i rossoblù fossero stati offerti per la modica cifra di 40 milioni di euro al gruppo Malacalza ha eccitato molto e ha reso quella voce più concreta.

Malacalza ha risposto con un “no comment”, facile da formulare nei giorni della battaglia Camfin, ma non del tutto convinto.
Il gruppo potrebbe essere veramente interessato al Genoa se l’operazione di passaggio con Preziosi implicasse anche la costruzione a Genova di un nuovo stadio tutto genoano. Qualcosa di simile al Juventus Stadium di Torino. Allora sì che il profumo del business della possibile intrapresa potrebbe solleticare i Malacalza.

Le indiscrezioni di una città depressa, nella quale il problema di uno stadio nuovo galleggia da anni ed è stato spesso sollecitato dall’altra sponda sportiva , quella sampdoriana della famiglia Garrone, rivelano anche che la nuova struttura potrebbe essere a misura di 25 mila spettatori ed essere costruita in zona Foce, accanto alla Fiera del Mare, una area un po’ perduta che non è mai stata sfruttata. Controindicazioni? Soprattutto il fatto che i genoani sono fedelissimi al vecchio stadio di Marassi, dove giocano ambedue le squadre genovesi e nel quale semmai è la Sampdoria che viene considerata un po’ un’intrusa. Altra controindicazione la farraginosità del sistema decisionale burocratico-amministrativo che i Malacalza hanno già sperimentato nella vicenda dello stabilimento, costretti a traslocare a La Spezia.

Ma poi sarà vero che il funambolico Enrico Preziosi vuole veramente vendere il Genoa, al cui mercato si è così appassionato da diventarne ancora una volta uno dei più vivaci protagonisti con il botto finale del passaggio in rossoblù dell’ex bomber di Roma, Milan e Juventus, Marco Boriello?

E sarà poi vero che Malacalza è un vero genoano, tanto appassionato da comprarselo? I genoani non dimenticano le foto dell’ imprenditore che assisteva a fianco della famiglia Garrone ad alcune partite degli odiati cugini della Samp.

Oggi comunque la sua passione è tutta concentrata nell’operazione Camfin. I salotti buoni milanesi aspettano lo scontro finale che avverrà con la riunione del cda di Gpi nella prossima settimana. L’ha convocata Marco Tronchetti Provera e lì si giocherà a carte scoperte.