Mare di febbraio, nuotare a 12 gradi. Franco Manzitti descrive l’emozione: “Ti senti Superman”

di Franco Manzitti
Pubblicato il 2 Febbraio 2019 - 17:30 OLTRE 6 MESI FA
Mare di febbraio, nuotare a 12 gradi. Franco Manzitti descrive l'emozione

Mare di febbraio, nuotare a 12 gradi. Franco Manzitti descrive l’emozione: “Ti senti Superman”

Blitz ripubblica questo articolo di Franco Manzitti, scritto sei anni fa più un mese. Con un elemento in più, la foto di Franco Manzitti, che taglia con le sue bracciate un mare azzurro ma non proprio calmissimo e certamente gelido. Almeno per la maggior parte di noi. 

GENOVA – Con un brivido di piacere, non certo di freddo, il bagnante d’inverno misura fino dal primo mattino le condizioni del mare e del tempo. C’è il sole, chiaro e luminoso, certo il sole d’inverno, magari spolverato da una tramontana forte che spazza via ogni nuvola, stratificazione o velatura. La temperatura dell’aria può anche essere bassa, mitigata come avviene nelle città e nei paesi bagnati dal mare, ma sempre bassa, magari intorno ai tre, quattro, cinque gradi.

Che importa? La condizione essenziale è che brilli il sole, che il bagnante, che mai si chiamerebbe così e che mai parteciperebbe a un cimento di quelli che finiscono in tv con quelle orde di anziani e piccoli elettrizzati da un rapido tuffo collettivo, possa avvicinarsi al mare in condizione di protezione dal vento, là dove, al riparo, la temperatura sale di molto, anche fino ai quindici, venti gradi, là dove puoi stare impunemente in costume da bagno. I comuni mortali ti sbirciano dall’alto, dalla passeggiata a mare, stracoperti con i loro piumini o piumoni, stracarichi di guanti, sciarpe e cappelli.

Sfortunati quelli che non sanno quali benefici effetti di micro clima può provocare il sole, più il mare, più il riparo degli scogli o di una paratia di cabina ben orientata sul sole e sul vento.

Pochi lo sanno che il mare d’inverno diventa una libidine quasi segreta, ma neppure troppo, anche al centro di città come Genova, anche nel cuore dell’inverno più crudo, ma illuminato dal sole.

Lo sanno in pochi che si può entrare in acqua anche quando il termometro sta su quei livelli bassi e l’aria intorno si muove con il soffio della tramontana o, se in Liguria la prendi un po’ in faccia con il grecale o di traverso con il maestrale, che sulle coste genovesi rimbalza lontano.

E così si formano le piccole tribù degli “invernali”, denominati brutalmente in questo modo con un pizzico di distanza dai comuni frequentatori di spiagge, piscine e bagni “ al caldo” dell’estate o delle stagioni più miti.

Gli “invernali” diventano appunto una tribù, una specie di riserva indiana, di numero ridotto, ma in progressivo aumento, quasi una tendenza, che parla il suo linguaggio e interpreta il mare, il cielo, il sole, il vento con i suoi criteri, tutti finalizzati allo scopo-chiave: quello di tuffarsi in mare, di sfidare il freddo dell’aria e quello dell’acqua, le temperature basse che diventano non solo una scommessa, ma una prova che attesta uno stato di benessere profondo, quasi una dipendenza, come quella che il movimento del nuoto, dell’immersione scatena muovendo le endorfine del cervello.

Se provi, se incominci, se continui a farlo, “l’invernale”, allora non ne puoi più fare a meno, non rinunceresti più e pur di correre a tuffarti, pur di consumare la tua sfida, dribbli qualsiasi impegno, posticipi qualsiasi incontro, rivoluzioni agende di lavoro.

L’appuntamento con il mare a quell’ora e in quelle condizioni favorevoli diventa una priorità, di salute, di testa, di tempo. Se c’è il sole, se il mare non è burrascoso, perché rinunciare?

Questo è lo stato d’animo, la spinta vitale, quello che trasforma il pigro nuotatore estivo, il bagnante riluttante della bella stagione, in un vero “invernale”, una rivoluzione a 360 gradi dell’approccio al mare, un nuovo rapporto tra il tuo corpo, l’acqua del mare, il sole diverso della stagione invernale, quello che ti incanti a guardare tra una bracciata e l’altra, molto più basso nel cielo, meno “forte” ma essenziale per il tuffo, la nuotata, una specie di altro mondo rispetto al sole estivo, il solleone piantato in alto a perpendicolo.

Il sole sul mare d’inverno ti guarda con un’altra angolazione, non è distante, sembra che ti accompagni, mentre ti nuovi nell’acqua, quando risbuchi dalle onde, quando acceleri il ritmo o quando freni, lasciandoti cullare dal respiro ampio del mare che non si ferma mai d’estate come d’inverno e che ti ha catturato, forse per sempre.

Ma al di là dell’incanto ci vogliono le condizioni oggettive e soggettive per diventare un orso marino invernale, un nuotatore da freddo, ci vuole una vera e propria procedura d’ingresso in acqua e un codice di comportamento per entrare, uscire, per scaldarsi prima e, sopratutto, dopo.

La temperatura dell’acqua marina nella media dei nostri inverni può arrivare a un minimo di 10 e mezzo, undici gradi alle nostre latitudine e nel nostro Mediterraneo che un mare caldo. Ci arriva, in genere tra dicembre e gennaio con una discesa lenta, ma costante, determinata dalle condizioni climatiche generali, dalla pioggia, dalla neve, dalle tempeste, dalle correnti. E’ scesa, quella temperatura marina, dai ventisei, ventisette dell’estate piena, quando molti bagnanti mostrano difficoltà a buttarsi in acqua, fino a quell’abisso vicino ai dieci gradi, costantemente o con sbalzi improvvisi.

Ovviamente la tribù controlla quella temperatura giorno per giorno e se la comunica come un dato essenziale, certo non determinante a entrare in acqua, perché questo non è il problema. In acqua si entra sempre, ovviamente se hai il cuore di farlo e se hai fatto una doverosa visita medica che ti ha considerato idoneo.

Il tuo fisico, il tuo sistema cardio-circolatorio può sopportare lo sbalzo tra la tua temperatura corporea che è sui 36 gradi e quella dell’acqua che scende fino a undici, dieci?

Te lo dice la tua testa, ma prima deve avertelo assicurato un medico e quando lo fai le tue condizioni generali devono essere buone anche se esistono gli “invernali” esasperati che pretendono di curarsi il raffreddore incipiente con un tuffo. “ O ti passa o si aggrava” _ ti dicono i più cinici tra di loro, sfidando non solo il freddo dell’acqua, ma l’ipotesi di un raffreddamento più potente e più pericoloso. Non ci vuole un fisico bestiale ma semplicemente normale, anche se nelle tribù della riserva indiana tu trovi facilmente un ex campione di pallanuoto o una campionessa di atletica leggera, una centometrista da record italiano.

Le ore migliori per il tuffo sono ovviamente quelle centrali della giornata, quando il sole è più alto, anche se lo vedrai sempre basso sull’orizzonte rispetto ai tempi estivi e i suoi raggi arriveranno, da novembre fino a febbraio, almeno molto più “trasversali”.

Esiste una regola ferrea per chi fa parte di questa tribù: ci si tuffa rigorosamente a corpo nudo, come d’estate, indossando solo il costume. Chi trasgredisce e usa la muta protettiva per coprire una parte o l’intero corpo non fa parte della tribù. Se volessimo fare un paragone estremo si potrebbe dire che quello è il doping dell’invernale!

L’unica tolleranza è quella di una cuffia per la testa, di quelle che si usano abitualmente in piscina. La funzione della cuffia è importante, perchè protegge i centri recettori del freddo, che sono ovviamente in testa, sulle tempie in particolare, dove l’acqua gelida del mare d’inverno può martellare più insistentemente.

Come si entra in acqua e come si esce, sopratutto sotto il profilo psicologico? L’entrata, il tuffo non ha regole precostituite, ma è consigliabile che sia rapido senza indecisioni, che ovviamente non attanagliano chi ha deciso di buttarsi in mare con quelle temperature. L’ingresso nelle onde è un po’ come immergersi in una apnea e non solo per chi si tuffa proprio sotto la superficie e nuota prima sott’acqua. I primi secondi dello sbalzo hanno comunque il loro effetto sulla respirazione che diventa molto più “corta”. E’ ovvio: il corpo e il suo sistema si devono adattare al nuovo clima molto più rigido, i nostri regolatori interni cambiano la modulazione del battito cardiaco e sintonizzano tutto il sistema di circolazione con il nuovo ambiente.

Ma è questione di secondi o, per i meno esperti o per quelli alle prime armi, di qualche minuto. Dopo, il ritmo del cuore e della respirazione ritornano normali, in assetto e si può nuotare tranquillamente.

L’”invernale “ esperto sa che da quel momento in poi è lui stesso a decidere quanto e come muoversi nell’acqua e sopratutto per quanto tempo. Esiste come un termometro interno che segnala un possibile disagio e quindi la necessità di uscire dall’acqua, ma abitualmente la tribù dei nuotatori a bassa temperatura sa che il limite viene dettato più da un ragionamento che dal senso del freddo.

Raggiunto l’equilibrio, la sensazione di benessere, con il corpo disteso nelle bracciate, magari in un mare limpido, come in certe giornate di tramontana pulita, con la visione del fondo, dei pesci che nuotano a sciami colorati, alternata, grazie alla bracciata e quindi alla boccata di respirazione, con il panorama esterno, magari da una parte il sole raso all’orizzonte e dall’altro la costa, la spiaggia, gli scogli, perfino il panorama urbano se si nuota in città, è totalmente appagante.

L’uscita dal mare d’inverno è forse la sensazione più forte, la più soddisfacente, perchè è in quel momento che la scarica di adrenalina raggiunge il suo massimo, si prova un senso di potenza: il freddo assolutamente domato, il sole sulla pelle bagnata, un rinvigorimento globale di tutto il fisico.

Dopo ci vorrà una doccia calda, molto calda ma non perchè si prova freddo, ma per equilibrare tutto l’organismo e il sole, anche quello sbilenco dell’inverno, ristabilirà completamente il grande sbalzo del tuffo.

La tribù degli “invernali” sta crescendo nelle città di mare e sulle coste e tuffarsi nell’acqua marina gelata diventa una tendenza, non solo un vezzo, una smargiassata, ma la ricerca di un benessere privato e l’utilizzo di una risorsa che non tutti sanno di avere a disposizione.

Per la cronaca: in queste ultime vacanze natalizie 2012-2013 la temperature del mare, e in particolare di quello ligure, ha oscillato tra i tredici e i dodici gradi mentre quella esterna ha sbalzato molto di più, tra i quattro e i quindici. Condizioni ideali per gli “invernali”.