Papa che non ci fu, il mistero del card. Giuseppe Siri: aveva già il nome, Gregorio XVII, preferì restare a Genova

di Franco Manzitti
Pubblicato il 31 Ottobre 2021 - 09:20 OLTRE 6 MESI FA
Papa che non ci fu, il mistero del card. Giuseppe Siri: aveva già il nome, Gregorio XVII, preferì restare a Genova

Papa che non ci fu, il mistero del card. Giuseppe Siri: aveva già il nome, Gregorio XVII, preferì restare a Genova

Papa io? no, mai. Fu la volontà del card Giuseppe Siri, lo Spirito Santo, o una congiura negli angoli bui della cappella Sistina a fermarlo? Pressioni dai cardinali dei Paesi dell’Est in piena Guerra Fredd? O trame ancora più occulte alla luce delle voci che ancora oggi sembrano trovare credito?

Si è detto che gli avevano anche trovato il nome, Gregorio XVII. Ma dire che fu per superstizione sarebbe blasfemo.

Ora c’è un libro che spiega molto, se non tutto, di quelle due occasioni mancate dal due volte quasi papa Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova per 43 anni.

Fu una figura quasi mitica della Chiesa tradizionalista, ma aperta al sociale, delfino di Pio XII, non voleva salire al Sacro Soglio, diventare “Padre Santo”, in uno dei due conclavi nei quali entrò papa e uscì ancora cardinale, quello del 1958 e quello del 1978.

Lo svela in un libro con molte sorprese e tanti inediti un suo fedelissimo discepolo laico, il professor Lorenzo De Angelis, notissimo professionista, esperto in diritto commerciale ed anche docente Universitario alla Luiss, a Genova e a Ca’ Foscari.

De Angelis ha seguito Siri dalla più tenera età fino alla morte del prelato nel 1989, prima come studente del liceo Andrea Doria, poi grazie al suo impegno nell’ Ucid, l’organizzazione degli imprenditori cattolici. Gli è stato a fianco, quindi, per un quarantennio buono, vivendo quasi in diretta l’intensissima vita di questo grande della Chiesa, fatto cardinale in giovanissima età, presidente della Cei, protagonista di quattro conclavi e non solo.

Un libro sul papa mancato 32 anni dopo la morte del cardinale

Il libro, pubblicato un po’ a sorpresa ben trentadue anni dopo la morte di Siri, avvenuta quando il cardinale era in pensione da due anni, a cura dell’editore genovese De Ferrari, contiene molte novità e svela aspetti sconosciuti della personalità di questo personaggio che salì alla ribalta già da giovanissimo come vicario del cardinale Boetto, durante la guerra. E svolse un ruolo chiave nella Liberazione e nella salvaguardia di Genova. Che i tedeschi in fuga volevano colpire pesantemente nelle sue strutture chiave, tra le quali il porto.

Sicuramente l’inedito più importante, raccontato da De Angelis, che aveva incominciato a frequentare Siri nel 1964, appunto da studente del Liceo Doria, riguarda i due conclavi nei quali la figura di Siri si era stagliata prepotentemente come quella del candidato numero uno al Supremo Soglio.

Nel 1958, alla morte di papa Pacelli, Pio XII, che aveva per Siri una grande considerazione, l’arcivescovo di Genova, consacrato a soli 46 anni, aveva appena 52 anni, ma la tendenza a indicarlo come probabile successore del “suo”papa era fortissima, soprattutto da parte dei cardinali americani.

Aveva già il nome da Papa

De Angelis ricorda le voci di quel tempo e allude alla notizia di una elezione praticamente avvenuta, che aveva comportato anche la scelta del nome che Siri si sarebbe attribuito come Gregorio XVII.

Ma la decisione di accettare l’investitura sarebbe poi stata ritirata per l’intervento forte di una parte dei cardinali radunati nel conclave, soprattutto quelli dell’Est europeo, che avrebbero segnalato il rischio di una scelta che avrebbe inasprito la repressione anti cattolica nei paesi OltreCortina.

Siri era, infatti, considerato un difensore della tradizione, rappresentava una visione molto più occidentale del mondo allora diviso dalla Guerra Fredda.

Nell’intrigante racconto di De Angelis, Siri non disse mai nulla di quello che era avvenuto in quel Conclave, attenendosi al segreto inviolabile e a prova di sacrilegio. Ma qualche anno dopo gli fece capire qualcosa, raccontando che il giorno in cui avrebbe incontrato “Quello Lassù” si sarebbe dovuto far perdonare un torto che aveva commesso.

Quale? L’ipotesi sussurrata dal libro è che fosse proprio quella ritirata di Gregorio XVII. Anche se l’autore precisa che conoscendo bene Siri è da escludere una accettazione e una successiva rinuncia.

Non era nello stile dal cardinale

Più probabile che avesse subito rifiutato e che quel nome, Gregorio XVII, fosse semplicemente una illazione, riferita a precedenti discorsi tra cardinali.

Come si sa da quel Conclave uscì poi papa Giovanni XXIII, destinato a restare nella memoria come uno dei Pontefici più amati e più significativi. Con il quale i rapporti di Siri furono ottimi, malgrado la vulgata contraria.

Il secondo conclave nel quale Siri fu “quasi papa” è quello del 1978, sul quale molto si è dibattuto anche per lo choc della repentina morte di papa Luciani, a solo un mese dalla nomina.

De Angelis ricorda che allora il nome di Siri tornò prepotentemente alla ribalta. Nel racconto del libro ci sono le visite dei cardinali Sergio Pignedoli, in nome dei porporati italiani. E quella di Mario Casariedo Y Acevedo, spagnolo di nascita e primate in Guatemala, in nome dei cardinali latino americani, consueto visitatore della Liguria.

Partì da Genova e tutti pensavano che sarebbe rimasto in Vaticano

Ambedue auspicavano che Siri accettasse e con loro c’erano anche molti porporati europei. De Angelis ricorda ancora che di fronte a tante sollecitazioni e alla voce così insistente, lui si recò a trovare il cardinale in partenza per Roma, dove incominciava il Conclave. E lo salutò raccomandandogli di non dimenticarsi dei genovesi, una volta insediato in Vaticano.

La conversazione era avvenuta nella sacrestia della cattedrale di san Lorenzo. Siri sorrise e rispose tranquillo che sarebbe tornato a Genova, vestito con i suoi abiti e non di bianco “un colore che non mi si addice e mi fa sembrare smorto”.

E aggiunse, più serio, che pregava perché il Signore allontanasse da lui la prova durissima della “solitudine del Papa”. “E poi a tutto questo pensa lo Spirito Santo……” sorrise ancora Siri, oramai in partenza.

Il mistero di una intervista

Ma – scrive De Angelis – allo Spirito Santo bisogna dare un aiutino. E questo, secondo il libro, arrivò con la famosa intervista alla “Gazzetta del Popolo”, che Siri concesse poco prima di entrare in Conclave.

Intervista clamorosa, che, secondo tutte le ricostruzioni, fu la causa della non elezione per le parole forti che conteneva sul primato assoluto del Papa. Messo in contrapposizione con la teoria conciliare della collegialità dell’Episcopato, che attribuiva il governo della Chiesa al collegio dei vescovi.

Le reazioni furono durissime. E allora perché Siri concesse quell’intervista, il giorno prima che le porte della Cappella Sistina si chiudessero, in modo che tutti i cardinali la leggessero? Secondo De Angelis, che rivendica ancora di avere così ben conosciuto il cardinale, quella intervista fu fatta uscire “ad arte”. E non per un errore o un “tradimento “ del giornalista sul giorno della pubblicazione.

Il motivo, sempre nella interpretazione personale del discepolo così fedele nel tempo, è che Siri pensava più alla Chiesa che a se stesso. E aveva voluto esporre in modo anche clamoroso la sua visione del ruolo del papa, molto simile a quello interpretato dal suo “padrino”, papa Pacelli.

Lo scontro fra due cardinali italiani portò alla elezione del Papa polacco

Si sa che poi quel conclave vide nell’urna lo scontro tra Siri e il cardinale Giovanni Benelli, esponente progressista. Di fronte allo stallo e alle fumate nere, alla fine il Conclave consacrò Woytila. E la vicenda di Siri, quasi papa, tradito dall’intervista anticipata, sfumò nei libri di storia e nelle ricostruzioni fantasiose. Che mai ebbero un solo commento da parte dell’interessato. Il quale dimostrò poi per Giovanni Paolo II un rispetto profondo e ben ricambiato. Tanto è vero che il papa polacco chiese – altra rivelazione del libro- a Siri di restare a Roma come Segretario di Stato o come prefetto di una importante Congregazione.

Siri rifiutò perché voleva restare a Genova. A contatto con il suo popolo.

Le indiscrezioni sui due conclavi del papa mancato non sono le sole “chicche” del racconto di De Angelis. Largo spazio del libro è dedicato ai viaggi all’estero che Siri compì nella sua carriera. Con l’autore del libro quasi sempre al suo fianco, in un cerchio ristretto di fedelissimi.

Viaggi audaci per il tempo, frequenti in Urss e comunque Oltre Cortina. Dove la missione del cardinale genovese era di visitare le enclave cattoliche rimaste nel grande arcipelago sovietico e comunista.

I viaggi all’Est del card. Sri

Viaggi anche scomodi, nei quali anche Siri, il papa mancato, doveva sottoporsi alle perquisizioni e ai controlli e nei quali osò celebrare cerimonie importanti tutto vestito da cardinale. In mezzo a ristrette folle di fedeli commossi e impauriti, nelle chiese rimaste aperte a Mosca e a San Pietroburgo, allora Leningrado.

E poi i ruoli delicati affidatigli dal Papa. Come quello di mediare con monsignor Marcel Lebfevre il cardinale scismatico tradizionalista. Che ordinava i suoi vescovi a Econe contro il volere di Roma.

Insomma il libro a sorpresa svela un po’ più da vicino il carattere del cardinale, più aperto della sua immagine “storica”, fissata in un formalismo rigoroso. E tratteggia una figura soprattutto molto legata alla sua città.