Un ultimo scandalo travolge Sanremo, note spese taroccate e pneumatici spariti nel crepuscolo dell’era Scajola

di Franco Manzitti
Pubblicato il 1 Settembre 2010 - 00:19| Aggiornato il 14 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

Il casinò di Sanremo, simbolo di divertimento che può portare alla rovina. E di corruzione

Roba da miseria. “Rubavano” la Vespa magari modello 50, la Vespetta del Comune, comprata per umili servizi pubblici di minitrasporto, per farci andare i figli alla spiaggia. Mettevano in nota spese, sempre del Comune, il pieno di gasolio del furgone o del camper o dell’auto di famiglia, fino a caricare sulla schiena delle finanze pubbliche 10 mila euro. Cambiavano i mobili di casa, caricandoli sulle spese di ufficio alla voce “trasloco”. Comunale.

Robetta, se paragonato agli scandali classici di Sanremo, città dei Fiori, del Casinò, del Festival della canzonetta, dove di grandi inchieste giudiziarie scoperchianti il malaffare di questa piccola Las Vegas italiana se ne intendono, eccome.

Roba un po’ meno modesta, se il parco automezzi di questo rutilante Comune rivierasco ligure, 30 mila abitanti e la maledizione perpetua del fiume di denaro da roulettes e slot machine, era composto di 320 automezzi dei quali novanta risultano “scomparsi”. Se li sono imboscati i dipendenti comunali, i funzionari, i dirigenti, per ora senza volto, di una amministrazione civica i cui uffici sono in un grande palazzo, stile Belle èpoque, sulla collina bassa di Sanremo, tra palmizi e vegetazione rigogliosa, a duecento metri da un palazzo di Giustizia che sta sparando alzo zero sul Comune, con un’inchiesta a raffica che hanno già battezzato “Sprecopoli”, inventando l’ennesimo neologismo, che mancava nella lussureggiante (come i giardini sanremesi) vegetazione della cronaca giudiziaria italiana.

Il bello è che questo scandalo, che sta esplodendo come un fuoco artificiale a Sanremo nella pentola comunale, è stato provocato proprio dalle denunce dell’attuale sindaco, Mauro Zoccarato, un trentenne del Pdl, scajolano di ferro, eletto quattordici mesi fa e già decantato per la sua fama di cow boy della politica perchè gira per la città come uno sceriffo, la pistola fumante in mano delle denunce e delle sfide, la barbetta incolta e la lingua sciolta.

Ma chi sono i veri responsabili di Sprecopoli, un andazzo che aveva trasformato il Comune di Sanremo in una greppia gigantesca, nella quale mangiavano tutti e chissà da quanti anni, da quante amministrazioni, da quante leadership politiche della città del feudo Scajola, ma prima ancora di una Dc bianca che più bianca non si poteva.

Prima del cow boy del Pdl c’era una amministrazione di centro sinistra, presieduta da un imprenditore doc Claudio Borea, uno dei più noti produttori di materiale da bagno in Italia, soprannominato mister Bean per la somiglianza di tratto e di eloquio con il celebre comico inglese.

Borea aveva scalzato a sorpresa una amministrazione di centro destra, affondata in un altro scandalo, quello sì non roba da miserabili, perchè aveva travolto la gestione del Festival di Sanremo e portato alla ribalta gli intrallazzi che stavano dietro l’Accademia della Canzone, la “fucina” delle cosiddette voci nuove, pronte e scelte per salire sul “mitico” palco del teatro Ariston.

Erano “caduti” il sindaco berlusconiano, Giovenale Bottini, un medico termale e l’assessore Roberto Bissolotti, giovane avvocato molto sveglio e capace di strappare alla Rai convenzioni molto favorevoli a Sanremo. Accuse ritmiche nella storia giudiziaria di Sanremo e nelle sue evoluzioni politiche, anche sotto il grande ombrello protettivo di Claudio Scajola, il capo oggi caduto in disgrazia e ormai rifugiato nella sua villa sulla collina di Oneglia ad assistere ai fuochi d’artificio degli scandali che stanno esplodendo come petardi in tutta la provincia, da quando il “Re” deve occuparsi di difendere se stesso.

Lo scandalo del megaporto di Imperia, costruito da una liason imprenditoriale imperiese-romana, intrecciata con una love story, con la comparsa sulla scena del noto palazzinaro romano Caltagirone Bellavista…. La love story è tra il settantenne costruttore e la bella trentacinquenne Beatrice Cozzi Parodi, vedova di un onorevole Udc perito in un incidente stradale lasciandole un patrimonio di aziende e imprese edili e pure la carica di presidente della Camera di Commercio.

Su questo scandalo indaga la Procura di Imperia per costi che sarebbero cinque volte quelli previsti e sui quali sta muovendosi anche la Corte dei Conti, sezione ligure per disastri ambientali provocati dalla mega costruzione, che finiranno con il gravare pesantemente sui bilanci delle pubbliche amministrazioni locali, obbligate a riparare ai danni dei moli, delle calate violentemente piazzati sulla dolce linea di costa tra Oneglia e Porto Maurizio.

Lo scandalo della giunta comunale di Bordighera, altra perla della estrema costa ligure, dove tre assessori si sono dimessi per sospette connivenze con gli esponenti della n’drangheta locale, i boss nipotini degli antichi immigrati venuti in Liguria a coltivare fiori nelle serre, mentre ora i loro eredi coltivano i “pizzi” da far pagare a commercianti e impresari e strizzano l’occhiolino alla classe dirigente politica della nuova era.

Foto e documenti, che comprovano i legami, stanno scuotendo tutto il milieu politico e minacciano carriere emergenti come quella del deputato sanremese Roberto Minasso, ex An, oggi quarantenne Pdl, eletto proprio a Sanremo e amico dello sceriffo-sindaco Zoccarato.