Toti si tinge arancione, a Genova la sua formula in crisi con Salvini e il Pd in liquefazione

di Franco Manzitti
Pubblicato il 13 Luglio 2018 - 11:47 OLTRE 6 MESI FA
Toti si tinge arancione, la sua formula in crisi con Salvini e il Pd in liquefazione

Toti si tinge arancione, la sua formula in crisi con Salvini e il Pd in liquefazione. Nella foto Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, nel corso dell’annuale raduno della Lega a Pontida (Bergamo), 1 luglio 2018. ANSA/PAOLO MAGNI

Toti si tinge arancione, a Genova la sua formula in crisi con Salvini e il Pd in liquefazione. La politica oggi è sostanzialmente campagna elettorale. Non c’è più nessuno che “elabora” politica, dopo la caduta delle ideologie e la riduzione dei valori. Si fa propaganda, si lanciano mosse che sfruttino la capacità mediatica, di trasmissione di eventi. Si moltiplicano gli annunci, si decuplicano i progetti sul territorio. Si lanciano sfide sempre più frontali e esplicite. E’ sempre più raro che si ascolti e confronti. Molto più facile “attaccare”. Cosi fa chi governa. Chi è all’opposizione o tace o piagnucola o si mette la maglietta rossa.

In questo quadro, che vale oramai ovunque, in Liguria è già ampiamente cominciata la campagna elettorale per le prossime elezioni regionali del 2019. Mancano due anni, ma è come se le elezioni fossero già domani, considerando che fra un anno la bagarre sarà già nel pieno.

Non abbiamo mai vissuto un’attesa simile e non solo perchè il Paese è governato da due forze, la Lega e i 5Stelle, che in via Fieschi sono rispettivamente al Governo e all’opposizione. Si fa per dire opposizione, perchè i pentastellati, che hanno appena cambiato la loro leadership ligure, sostituendo Alice Salvatore, non sembrano molto agguerriti contro la giunta Toti.

L’anomalia principale, alla quale si somma la “morbidezza 5Stelle”, è l’ assenza di una reale opposizione tecnica e politica alla giunta Toti. Sembra paradossale, ma il Pd non ha ancora elaborato del tutto il lutto di tre anni fa della sconfitta di Raffaella Paita, perchè in questo lungo periodo non ha mai compiuto una vera analisi di quello storico patatrac, culminato in divisioni, scissioni, diaspore con le uscite eclatanti di Sergio Cofferati e di Luca Pastorino.

Diversi destini si sono consumati per gli “autori” di quella sconfitta: il presidente uscente Claudio Burlando, strenuo sostenitore allora della soluzione Paita, sparito dalla scena politica nella quale non compare più se non come silenzioso e totalmente appartato suggeritore di qualche mossa nel campo minato dei fu democratici. Sostenne anche lui, sciaguratamente, la candidatura Crivello alle ultime elezioni Comunali. Un fantasma.

L’altra “autrice” della catastrofica svolta Pd, Raffella Paita, sta in ben altra luce: si è vista premiare per la sconfitta e per una iniziale opposizione senza traccia in Regione, con una candidatura bloccata alla Camera dei Deputati in un collegio sicuro. E ora se la gode da onorevole di opposizione, anche attivo e impegnato, contemplando da lontano le macerie del potere Pd polverizzato in Liguria, a Genova, nella sua Spezia, a Savona.

In tre anni il Pd ligure ha avuto un commissario inutile, il simpatico toscano, David Ermini, che non ci capì un’acca, (e come poteva?), diversi segretari provinciali e regionali, quel che bastava per prendere sberle sonore a Savona, Spezia, Genova e , da ultimo, Imperia. E ora questo Pd, che farà la sua Festa dell’Unità a Pontedecimo, profonda periferia della Valpolcevera, perchè non è bello mostrare le proprie vergogne in pieno centro, schiacciato tra il renzismo residuale e i rigurgiti di nuove singhiozzanti soluzioni, traguarda quelle elezioni del 2019 domandandosi, prima di tutto, se esisterà ancora in quella data o se l’estinzione si sarà consumata completamente.

A parte la strada per Pontedecimo non se ne vedono altre imboccate da una dirigenza di cui è difficile intuire qualche palpito di vita. Proprio Burlando, nei suoi periodi “aurei”, sosteneva che le fasi di opposizione sono i tempi migliori per prepararsi bene una politica efficace. Oggi suona ridicolo sostenere “per prepararsi a governare di nuovo”. Ma a fare uno straccio di opposizione efficace, visibile, in Comune, in Regione, nella città metropolitana, questo ce lo si potrebbe aspettare.

L’attività del partito che ha governato più a lungo la città, la Regione, il nostro territorio, è prevalentemente un lacrimevole e lamentoso coro di piccole ripicche, di mini osservazioni, di post che viaggiano sui social, firmati da ex onorevoli come Mario Tullo o ex presidenti di Fondazioni regionali e mancati candidati sindaci, come Luca Borzani, che o sono nostalgici o inutilmente livorosi. Non sbucano idee nuove, né tanto meno personaggi diversi, che potrebbero scuotere l’albero secco della Sinistra che fu. Non potrebbe essere diversamente, anche se da un territorio così a lungo governato, indirizzato, arato, coltivato, anche un po’ scempiato per eccesso di potere, ci si poteva aspettare qualche germoglio, qualche virgulto. Invece nada.

La vecchia generazione, quella del dominio assoluto, si è totalmente ritirata a ricostruire la sua storia, i 100 anni di Natta, la pistola di Togliatti, le Lanterne Rosse che furono, i soldi che mancano alla Fondazione Ds, erede di quel gigantesco apparato…… La generazione scalzata da ultima, appunto piagnucola, lacrima e sbatte i colpi finali come il tonno nella tonnara.

Dove siete finiti segretari o capigruppo di una stagione rapida e fallimentare, Victor Rasetto, Giovanni Lunardon, Simone Farello, Massimiliano Morettini, Simone Mazzucca? Perchè ti sei fatto fregare così Lorenzo Basso, ex deputato, considerato il migliore della nidiata, ricandidato per perdere? Eravate la mejo gioventù!

Quelli che esercitano ancora da dirigenti o dai banchi delle sparute opposizioni, come i segretari provinciali e regionali, Alberto Pandolfo e Renzo Vattuone, contano gli anni che restano alle amministrazioni e ai loro mandati come si sgrana il rosario in attesa del funerale. Gli ex ministri Pinotti e Orlando, orfani di cotanto potere, si curano le ferite in Parlamento, neppure sfiorando un territorio che non li ha eletti, essendosi ambedue guadagnati l’ alto scranno fuori Regione.

Tutto facile allora per gli altri? Per il centro destra che ha fatto i suoi en plein, mettendo bandierine ovunque in Liguria, salvo farsela infilare dolorosamente, l’ultima bandierina, quella di Imperia, piantata dal redivivo Claudio Scajola, direttamente sulla porta del Municipio?

Non è così facile perchè la pozione magica di Toti, tutti uniti si vince, potrebbe perdere i suoi effetti grazie alle oggettive divisione della squadra vincente. Una Lega stravincente, onnivora, strapotente può sbilanciare l’asse cartesiano del governatore. Il quale si affretta a dipingere di arancione la sua formazione per evitare che l’azzurro di Forza Italia si stinga definitivamente anche in Liguria.

Dove trovano casa i moderati liguri, i liberal berlusconiani che discendono da gente come Alfredo Biondi e anche un po’ da Sandro Biasotti, dalle dinastie Cassinelli e Gamalero, quelli ai quali il Nazareno non dispiaceva e ai quali il caudillismo di Salvini, che ha casa a Recco-Mulinetti, fa prudere il naso? Dove si rifugia la ex grassa borghesia zeneise, che sperava silenziosamente nell’asse Renzi-Berlusconi?

Ecco che anche a Ponente la pozione magica potrebbe annacquarsi, se è vero che Claudio Scajola, il redivivo e Marco Melgrati, ,vice coordinatore regionale di Fi, ma vincente a Alassio contro Fi, creano una costola di centro destra irridentista. Non credo che Scajola, che sa di politica, si butti a sfidare il potere totiano. Penso che si applicherà a governare bene Imperia e magari a conquistare Sanremo, per creare una bella ènclave ponentina, magari sognando la vecchia Alpazur delle macroregioni transfrontaliere, dando così una botta ai nazionalismi e ai populismi. Ma non credo che l’ex Napoleone di Forza Italia vada oltre. Basta che non gli dipingano di arancione il molo di Oneglia e il Parasio.