Berlusconi e il Popolo delle Libertà: verso lo sfascio?

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 7 Novembre 2009 - 10:46| Aggiornato il 30 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA
Gennaro Malgieri

Gennaro Malgieri

Fino a quando il Pdl potrà resistere ai venti di guerra interna che lo stanno squassando? Incontro dirigenti, deputati, senatori, simpatizzanti che non sanno spiegarsi ciò che sta accadendo. I segni di decomposizione che si erano manifestati subito dopo la sua formale costituzione, alla fine dello scorso marzo, si sono paurosamente approfonditi. Ogni giorno si apre con una polemica e si chiude con una finta ricomposizione. I giornali ci sguazzano. Soprattutto quelli che dovrebbero fiancheggiare il centrodestra fanno di tutto per mettere zizzania. Berlusconi è solo. Ma sono soli anche gli altri. Protagonisti e comprimari se le danno di santa ragione.

Il presidente del Consiglio, malamente consigliato, non sa se alzare il tiro, far volare le colombe o non fare nulla difendendosi come può nei processi che lo assediano. L’immobilismo, comunque, non lo aiuta. Potrebbe aiutarlo Casini qualora accettasse il corteggiamento e si legasse nuovamente al Cavaliere? E’ improbabile. Sarebbe la Lega, che, come si sa, ha la golden share sul governo, a rompere gli indugi e mandare tutto per aria. E se Fini e Casini trovassero l’antica sintonia, cambierebbe qualcosa? In prospettiva, forse, ma adesso? Il presidente della Camera non può contare su un grande seguito, come sa bene, ed il suo destino è strettamente legato a quello del partito che imprudentemente ha contribuito a fondare nei modi che sappiamo. Il leader dell’Udc non può perdersi nelle lotte fratricide di una coalizione che lo ha rifiutato e preferisce starsene in disparte, o meglio attuando la politica dei due forni, la sola praticabile dal suo partito in questo momento in attesa di tempi migliori.

L’impasse del centrodestra è tutto nell’indisponibilità dei soggetti che dovrebbero governarlo a guardare in faccia la realtà e a mettere da parte i diversi e contrapposti egoismi per tentare di far fronte comune contro un’armata invisibile che avanza al fine di mettere Berlusconi alle corde e dichiarare finita la sua storia.

Chi lo avrebbe detto soltanto un anno fa? Le cose si sono messe male fin da subito, da quando il Cavaliere illudendosi di sottrarsi ai processi che lo riguardano si è affidato ad una norma bislacca, scritta per di più male, interpretata da una Corte costituzionale, che non gli è né amica né nemica, come “illegittima”; ha messo in piedi un partito che non è un partito, ingoiando Alleanza nazionale che non ha fatto nulla per non farsi ingoiare, credendo così di poter disporre di una larga maggioranza di fronte alla quale anche la Lega si sarebbe dovuta piegare; ha immaginato di rabbonire il Carroccio dandogli le briciole del potere, ma non ha fatto i conti con l’ingordigia di un partito locale che ritiene di avere nelle sue mani tutta l’Italia Settentrionale; ha fatto sperare i “sudisti” in una politica meridionalistica o, almeno, in una politica meno sbilanciata verso gli interessi nordisti e si è trovato alle prese con un partito del Sud che ce l’ha praticamente con tutti; riteneva Tremonti, sotto la cui tutela ha sostanzialmente messo il governo, più affidabile di tutti gli altri suoi ministri ed invece lo ha “scoperto” insidioso e petulante, spalleggiato dalla Lega ed invincibile al punto che se dovesse andarsene trascinerebbe nella sua rovina tutto l’esecutivo, tanto è il potere che ha nelle mani. A tacer del resto, rimane il piccolo particolare che il giornale di famiglia del presidente del Consiglio non passa giorno che non si eserciti contro Fini e Napolitano, le uniche due sponde che il Cavaliere avrebbe dovuto coltivare con dedizione e pazienza certosina poiché potevano essere i soli a garantirgli una “vicinanza” che lo avrebbe fatto sentire meno solo.

Adesso nel Pdl, nel governo, nella maggioranza si ha paura. Non tanto del botto finale, imprevedibile nei modi e nei tempi, quanto della possibile botta elettorale di primavera, sempre che ci si arrivi processi permettendo. Le candidature per le presidenze delle regioni, infatti, sono in alto mare. Nelle segrete stanze ci si mena come fabbri nell’avanzare pretese o difendere ciò che si ritiene acquisito. E Berlusconi è basito di fronte a tanto indecoroso ed impolitico spettacolo. Ma dovrebbe ogni tanto ricordare che chi si esibisce in tal modo è stato scelto da lui perciò anche la sua meraviglia, il suo disgusto sono un po’ fuori posto.

Nessuno sa più cosa augurarsi. L’inverno sarà rigidissimo. E la primavera non promette niente di buono. Se ne avesse la forza ed una classe politica affidabile, Berlusconi rilancerebbe una Grande Riforma, magari immaginando un’Assemblea costituente posto che di riforme condivise in Parlamento non se ne può neanche parlare. E chiamerebbe il popolo ad esprimersi. Tornerebbe protagonista. Ma sono troppi i se ed i ma che si frappongono alla suggestiva ipotesi. Al momento stare sotto la tenda aspettando che la grandinata passi sembra che sia la sola cosa da fare. Con il rischio, naturalmente, che quando si affaccerà potrebbe non trovare più neanche quel simulacro di partito inventato in un ventoso pomeriggio autunnale milanese. E forse non disporrà neppure di un predellino su cui salire per dire una cosa qualsiasi, né di destra, né di sinistra e neppure berlusconiana.