Berlusconi, Ruby, la morale e la politica

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 22 Gennaio 2011 - 23:27 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi è in difficoltà nel Palazzo, non tra la gente che pure è a disagio, sconcertata o imbarazzata nel suo stesso elettorato. Ma non mostra certamente quell’atteggiamento che le opposizioni si attendevano, vale a dire di vera e propria indignazione per quanto è venuto fuori da una discutibile inchiesta giudiziaria che, ad occhio e croce, non meritava quel dispiego di forze e di risorse utilizzate al fine di scoprire se il premier aveva fatto sesso o meno con una minorenne.

La sinistra ed il Terzo polo hanno pensato di bene di buttarla sul piano morale, posto che dal versante giudiziario caveranno poco o nulla da potere sfruttare in termini politici. Ed hanno commesso un gravissimo errore immaginando che il malessere di alcune fasce della popolazione, quelle più informate per capirci, si tramutasse in qualcosa di molto prossimo ad una vera e propria rivolta. Per quel che ne sanno o hanno compreso, agli italiani non importa poi molto della privatissima vita di Berlusconi, delle sue periodiche attrazioni fatali per questa o quella fanciulla, per le debolezze che soddisfa in verità senza dare pubblico scandalo.

Lo scandalo, semmai, sta nella ossessiva proposizione delle intercettazioni, peraltro noiose ed incomprensibili, che occupano paginate intere di giornali, dalle quali mai viene fuori la prova regina in grado d emettere un giudizio unanime ed inappellabile sullo stile d vita di Berlusconi, anarchico per sua stessa ammissione.

E’ pertanto inutile che che le opposizioni moraleggino su questioni che non appassionano più di tanto. Certo, se ne parla in famiglia e tra gli amici a tavola, nei caffè e negli uffici, ma già davanti alle scuole, tra ragazzi, l’argomento non suscita neppure quell’ilarità che ci si attenderebbe.

I più autorevoli sondaggisti, del resto, concordemente ammettono che dall’esplosione del “caso Ruby” tanto il Pdl che Berlusconi non hanno perso neppure un punto. E nello stesso elettorato cattolico, mentre si biasima lo stile di vita del presidente del Consiglio, non si registrano conseguenti smottamenti. La ragione è piuttosto semplice. Chi si riconosce nel centrodestra e, a contatto con la realtà venuta fuori dall’inchiesta ha mostrato disagio e perplessità, non riconosce altro leader al di fuori di Berlusconi capace di reggere le sorti del Paese. In altri termini, non vede una credibile e possibile alternativa al Cavaliere.

Questa è la debolezza delle opposizioni, e della sinistra in particolare. Se avessero saputo costruire un programma attrattivo, privo di fumisterie, se non avessero inseguito tutti i velleitarismi che si sono manifestati negli ultimi tre anni, se avessero dispiegato un potenziale costruttivo politico in grado di contrastare il biasimato berlusconismo, se non si fossero incaponiti nel non riconoscere legittimità politica al centrodestra ed al suo leader, giusta la denuncia formulata nell’ultima direzione nazionale del Pd da un giovane ed intelligente deputato, Alessandro Maran, probabilmente oggi non dovrebbero inseguire le tonache ecclesiastiche per ottenere appoggi consistenti alla battaglia di moralizzazione ingaggiata e che, ad onor del vero, non sembra stia dando risultati neppure appena soddisfacenti.

Insomma, non si caccia un presidente del Consiglio sulla base di contraddittori capi di imputazioni, peraltro tutti da verificare e di una competenza funzionale e territoriale quanto meno discutibile e neppure si può pretendere da Berlusconi il risolutivo passo indietro posto che le sue ragioni non lo consentirebbero e, dunque, in assenza di altre la cacciata è destinata a restare nel limbo dei puri desideri la “rivolta” immaginata dalla sinistra.

Il Parlamento per ben due volte in tre mesi ha confermato la fiducia a Berlusconi: riprovarci sarebbe ridicolo. Rimane il corpo elettorale, ma chi lo chiamerà alle urne se la situazione dovesse rimanere quella che è?

Dunque, le opposizioni si mettano l’animo in pace: la defenestrazione del Premier non è all’ordine del giorno, a meno che il combinato disposto Ruby-magistratura non fornisca il pretesto costituzionale, giuridico e politico per ottenere lo scopo. Nel frattempo si lasci stare la morale. Non c’entra niente con la politica, come la storia insegna ed un grande maestro del Novecento, Carl Schmitt, ci ha ripetutamente ricordato.