Berlusconi smascherato: morir per Mediaset e per lui? tutti, Pdl e Italia

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 8 Dicembre 2012 - 20:01 OLTRE 6 MESI FA

Dopo l’astensione alla Camera sui costi della politica e sul decreto Sviluppo al Senato, il Pdl si accinge a gettare a mare la legge sul riordino delle province, tema questo che faceva parte del suo programma elettorale. Martedí 11 novembre, infatti, il gruppo del Pdl a Palazzo Madama presenterà una pregiudiziale di costituzionalità che di fatto, avendo i numeri sufficienti, farà saltare il provvedimento appena varato dal governo.

Una vera e propria dichiarazione di guerra. A chi? A nessuno, se non al buon senso. Ed è questo il paradosso intorno al quale si sta avvitando il Pdl facendosi del male. Un male estremo. Il suo atteggiamento, infatti, non è contro Monti in quanto premier poiché il suo destino è già segnato, né esprime una contrarietà alla legge stessa dal momento che ha contribuito a vararla dando il suo benestare al Consiglio dei Ministri. E allora? Allora c’è che per avviare la campagna elettorale Berlusconi ritiene di dover fare la faccia feroce a tutti i costi e, dunque, si atteggia ad oppositore della venticinquesima ora dopo aver avallato, appoggiato, sostenuto e votato tutti i provvedimenti del governo che, a suo dire, hanno precipitato l’Italia nella recessione più nera.

Si deve restare sorpresi dall’atteggiamento di Berlusconi? Neppure per sogno. Il bene comune per lui coincide strettamente con il suo bene privato, personale e imprenditoriale, Mediaset in primis. Diversamente non è neppure un “bene”. Sicché se soltanto il 9 ottobre scorso reputava Monti un eccellente primo ministro al quale affidare l’Italia anche dopo le elezioni – e ricordando, ovviamente, che lo aveva “inventato” lui quando lo nominò commissario europeo – a due mesi di distanza, disinvoltamente, può sostenere il contrario senza darsi pena di apparire incoerente.

Lo stesso dicasi per ciò che concerne il trattamento riservato ad Alfano, declassato da “delfino” a semplice “portavoce” (è di fatto ciò che sta facendo). E poi non era lui, Berlusconi, che voleva a tutti i costi il rinnovamento del partito, del centrodestra, della classe dirigente del Pdl, dei gruppi parlamentari? Ecco: niente di tutto questo s’è visto, né si vedrà.

A lui interessa soltanto il potere. Da gestire a modo suo. Anche facendo saltare il tavolo e poco male se talvolta ci rimette il Paese. Naturalmente se lo può permettere perché glielo permettono. Del resto basta un messaggino telefonico di quattro paroline per disporre che i “suoi” parlamentari votino in un modo piuttosto che in un altro, senza neppure il disturbo di dovergli spiegare il cambiamento di posizione.

Berlusconi sa che il suo tempo è scaduto e si aggrappa disperatamente alla zattera che il destino gli ha mandato: per contare ancora qualcosa nella prossima legislatura ha la necessità di un piccolo gruppo parlamentare che naturalmente risponda a lui in tutto e per tutto. Lo scopo può raggiungerlo soltanto se i deputati ed i senatori li nomina lui stesso. È per questo che il Porcellum o qualcosa di peggio gli va a meraviglia e, dunque, pur di non fare nessuna legge ha deciso di far saltare il banco.

Vizio antico di Berlusconi. Che non bada ai mezzi. Come nel 1998 quando fece fuori, all’improvviso, la Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema perché non si sentiva garantito abbastanza sulla giustizia che la cosiddetta “bozza Boato“, avallata da tutto il centrodestra, rimetteva in equilibrio e accontentava tutti. Ma Berlusconi non era dell’avviso e, senza neppure consultarsi con gli alleati, mise fine a quell’esperienza dalla quale stava per scaturire addirittura il semipresidenzialismo.

A Milanello, dove ormai si reca ogni sabato, prima di conferire con El Sharawi e con Allegri, ha confessato ai giornalisti che non aveva nessuna voglia di scendere in campo per a sesta volta, ma è stato costretto a farlo perché non ha trovato nessuno all’altezza. Facciamo finta di berci anche questa, tanto non serve a niente contraddirlo.

Forse non ce ne siamo accorti, ma francamente non abbiamo visto caroselli per le strade all’annuncio del ritorno di Berlusconi, né manifestazioni di giubilo davanti a Palazzo Grazioli. Qui, ci dicono, nelle ultime ore sono entrati numerosi postulanti, facce note e meno note, che nelle scorse settimane nutrivano ben altri propositi che quelli di esprimere la loro gratitudine al leader per l’ennesimo sacrificio che si accinge a compiere. Se non ricordo male progettavano scissioni, gruppi separati, nuovi partiti. Ma forse me lo sono sognato…

Il Cavalieri Berlusconi è tornato. Il centrodestra non c’è più. Il Pdl non so se sia mai davvero esistito. Ma questi ultimi due dettagli sono appunto dettagli, dunque non valgono niente.