Oltre le elezioni e Berlusconi: se vince la sinistra di Bersani, Di Pietro e Vendola, che scenario. Una opinione da destra

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 8 Agosto 2010 - 12:21| Aggiornato il 7 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Nichi Vendola

Se alle prossime elezioni, se i saranno, vincesse una sinistra come quella descritta da Giuseppe Giulietti su “Blitzquotidiano”, cosa accadrebbe dopo? Le elezioni non basta vincerle, magari mettendo insieme un’armata Brancaleone come già sperimentato da Prodi, poi bisogna governare. E se i veti incrociati impediscono la costruzione di un centrosinistra organico in grado di compete con il centrodestra, come è possibile soltanto immaginare che, dato e non concesso che esca vittorioso dalle urne, possa guidare il Paese privo di una bussola? E’ questo l’interrogativo intorno al quale dovrebbe esercitarsi la sinistra nel momento in cui sembra lanciare la sfida a Berlusconi. Dico “sembra” perché è una sfida finta.

In realtà Bersani e compagni hanno una fifa blu delle elezioni anticipate, vuoi che siano a novembre vuoi che si tengano a marzo. E per di più, vogliono che Berlusconi tolga il disturbo, ma pretendono pure di decidere la data delle consultazioni, ingannando il tempo con governi tecnici, istituzionali, di salute pubblica e via elencando, senza peraltro chiedersi se è corretto che chi ha vinto le elezioni debba andare all’opposizione per un colpo di Palazzo. Non ci pare che ciò accada in nessun’altra democrazia.

Gli antagonisti del centrodestra non sono pronti a chiedere voti agli elettori: questa è la verità. Non soltanto perché non hanno un leader capace di mettere assieme una squadra competitiva e che interpreti tutto il variegato mondo del quale dovrebbe essere espressione. Non tanto perché divisi su tutto e dunque inabili a sottoscrivere un programma concreto, comprensibile, attuabile, possibilmente non di trecento pagine come lo fece Prodi. Il motivo dell’insostenibile leggerezza del centrosinistra, che Giulietti, con la consueta onestà intellettuale, rappresenta nelle prime righe del suo articolo, è nell’odio profondo tra i possibili soci della coalizione e nelle diffidenze che albergano in ognuno dei partiti dell’opposizione.

Anche per questo il Paese è immobile. Non esiste un’alternativa in grado di compattare, per necessità, la maggioranza e renderla meno inquieta e litigiosa. In tutte le democrazie che si rispettano le minoranze hanno un ruolo decisivo nell’esercizio della proposta politica e del controllo sull’azione del governo. Si può dire che oggi dal Pd a Di Pietro, senza tener conto dell’evanescente “terzo polo” la cui natura è ancora tutta da decifrare, posto che resista alle intemperie che già si annunciano, l’opposizione mostri di avere le caratteristiche appena richiamate?

Credo non ci sia nessuno disposto ad ammetterlo. E allora, per quanto la maggioranza non goda ottima salute dopo lo “strappo” dei finiani che peraltro non sono usciti dal centrodestra ed hanno promesso di continuare a sostenere il governo (bisogna credergli fino a prova contraria), la sinistra non può cavarsela invocando l’aiuto di quinte colonne per buttare giù un premier eletto sostanzialmente (uso questo avverbio perché non dimentico che la nostra resta comunque una democrazia parlamentare) dal popolo, senza tuttavia avere le prerogative di chi è investito direttamente dal suffragio degli elettori. La sinistra, mi permetto di aggiungere, con tutto il rispetto che si deve a qualsiasi formazione politica, dovrebbe guardarsi all’interno, sapere con precisione su chi fare affidamento, elaborare un programma coerente, cercare un leader rappresentativo intorno al quale fare quadrato. Non può, insomma, inveire tutti i santi giorni contro il governo, sapendo che non cadrà per gli alti lai che si levano dalle sue file. Certo, la propaganda conta, ma ancora di più conta la politica. E di questa se ne vede poca a sinistra dove sembra che valgano più le apparenze e le speranze dei fatti concreti.

Berlusconi con le spalle al muro ha sempre dato il meglio di sé. Peccato che Bersani non se ne sia accorto e Vendola sì. Ma sul governatore della Puglia come possibile leader della sinistra in quanti sono d’accordo? Ecco: si ritorna alla casella iniziale, come in uno sterile e noioso gioco di società.