Governo Letta: da repubblica semi presidenziale, come acqua

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 28 Aprile 2013 - 07:40 OLTRE 6 MESI FA
emma bonino

Emma Bonino (Foto LaPresse)

Ma che Governo è? È ovvio: bisogna provarlo prima di dare un giudizio. Ma la sensazione immediata che si ricava scorrendo i nomi dei ministri è quella di un esecutivo incolore, inodore, insapore. Come l’acqua, insomma. E dati i tempi e le condizioni probabilmente non poteva essere che così.

Gli è venuto a Enrico Letta come il materiale che aveva a disposizione: un po’ giovanilista e un po’ attempato, parecchio inesperto e moderatamente ambizioso, addomesticabile ma anche grintoso grazie ad alcuni elementi che hanno dimostrato di avere attributi (più le donne che gli uomini), sostanzialmente impolitico nonostante la rivendicata “politicità”. Insomma non è il governo del Pdl (e men che meno di Berlusconi che è stato costretto a fare buon viso a cattivo gioco) né del Pd la cui rappresentanza è di una modestia imbarazzante.

Fabrizio Saccomanni all’ Economia e Annamaria Cancellieri alla Giustizia dovrebbero garantire buoni risultati: sul primo, ci si può scommettere, s’appunteranno le critiche del Pd; sulla seconda quelle del Pdl. E l’eterno gioco continuerà come prima.

Su Emma Bonino agli Esteri c’è poco da dire: una pezza su un buco, nel senso che non sapevano proprio chi metterci ed hanno scelto lei che, in punto di legittimità politica, è un’anomalia: non è “tecnica” in senso stretto, non rappresenta nessun partito in Parlamento, non fa parte di nessuna coalizione. È la Bonino e basta. Una radicale. Per un Paese che da decenni non ha una politica estera può anche andare bene: per fortuna i blocchi sono caduti da tempo e ci si può permettere qualsiasi cosa, tanto l’Italia non conta niente sul piano internazionale.

Sarà tuttavia interessante come si atteggerà nei confronti di Paesi come la Cina: i diritti umani valgono più del fatturato commerciale o no? François Hollande, che nei giorni scorsi si è recato a Pechino, è stato messo in croce per aver dimenticato le sofferenze del popolo cinese evitando di dire qualcosa di sgradevole alla dirigenza comunista e “Liberation” gli ha dedicato l’intera prima pagina accusandolo di “insensibilità”.

È difficile che la Bonino faccia peggio. Oltretutto non dovendo rispondere a nessuno, basta che si limiti a dichiarare che il Tibet attende (e attenderà in eterno) di essere liberato, che gli Uiguri devono essere riconosciuti e rispettati, che le persecuzioni contro il Falun gong ed i cristiani devono cessare. Lo dicono tutti. E qualunque ministro degli Esteri italiano è tenuto a ribadirlo: i contratti commerciali li firmano poi gli altri ministri ed i plenipotenziari delle aziende di Stato e di quelle private.

Tutto bene, dunque, nelle caselle-chiave. Problemi all’ Interno? Neppure per sogno. Non sarà un ministro di polizia Angelino Alfano, mite e sorridente come lo abbiamo conosciuto; si limiterà a gestire l’esistente con la diligenza che gli è propria. E come gli altri suoi colleghi non prenderà iniziative.

Già, questo piccolo dato sembra sia sfuggito agli osservatori: nessuno dei ministri è delegato ad assumere provvedimenti che in qualche modo possono apparire (figuriamoci “essere”) dirompenti, “divisivi” come si dice. È questo, in fondo, il carattere del governo Letta: non dispiacere a nessuno e nessuno accontentare, fino a quando non si sa. Quel poco di politica che pure deve esprimere la faranno il premier ed il capo dello Stato, come in tutti i sistemi semi-presidenziali. Lo ha capito Berlusconi (che non è proprio contento) e lo ha capito la dirigenza del Pd (moderatamente scontenta: il suo obiettivo adesso è non soccombere sotto il peso dei suoi errori, per occuparsi dell’esecutivo c’è tempo).

Il Parlamento che cosa farà? L’impressione è quella che rivedremo a Montecitorio e a Palazzo Madama il film appena finito: approverà decreti a rotta di collo. Con l’aggiunta, non marginale, che proverà a varare l’unica riforma che giustifica ancora la vita (precaria) di questa legislatura, vale a dire una seria legge elettorale dalla quale venga finalmente fuori una chiara maggioranza ed un’altrettanta chiara opposizione.

Se tale risultato dovesse essere conseguito nei prossimi mesi, il governo Letta passerebbe davvero alla storia (quella piccola, beninteso, di questa arruffata transizione italiana). Poi finalmente il voto. Ed il ritorno della politica della quale, mentre scrivo, chissà perché, sento tanta nostalgia.